Sfoglia il Catalogo feltrinelli039
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 1981-2000 di 10000 Articoli:
-
Ascesa e rovina di Oscar Wilde. Atti osceni-L'importanza di chiamarsi Ernesto
Al Teatro Elfo Puccini di Milano, due testi dedicati a Oscar Wilde segnano la stagione 2017-18. Il progetto, ideato da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, stabilisce un principio di continuità tra un grande classico della letteratura e una moderna rilettura del 'mito' di Wilde. I temi dell'identità e della diversità, costruiscono un unico nucleo di riflessione in questa linea progettuale. ""Atti osceni"""" di Moisés Kaufman, regista e drammaturgo newyorkese, e """"The Importance of Being Earnest"""" del grande autore britannico. Si sa, da più in alto si cade e più rovinosa è la caduta. Come raccontano i registi: «Pensiamo sia importante accostare queste due opere per dare conto dell'arte wildiana della satira, della sua luminosa leggerezza in contrasto con l'ottusa grevità del linguaggio dei suoi accusatori, rendere tangibile questo divario. In questo cortocircuito, si manifesta la portata tragica della vertiginosa caduta di Oscar Wilde. La vicenda dolorosa del prigioniero di Reading è ancora oggi sciaguratamente attuale in una società che sembra a volte arretrare per trincerarsi nella paura, contro ogni 'diversità'. La voce forte e chiara dell'arte ha più che mai il compito di dissipare questa paura»."" -
Il cielo non è un fondale
I sogni, dice il filosofo George Didi-Huberman, ci lasciano soli. Nella solitudine dei nostri sogni gli altri, come attori su un palcoscenico, sono e non sono sé stessi. ""Il cielo non è un fondale"""" parte da un sogno che è a sua volta generato da una canzone. È lì, tra il buio e il corpo della musica che inizia il vero, paradossale lavoro del teatro: sognare gli altri assieme a loro, in uno spazio scenico vuoto che si ingrandisce e si restringe, come l'architettura, a un tempo contratta e smisurata, della nostra mente. Antonio racconta di aver sognato Daria nei panni di una barbona e, pur avendola riconosciuta, di essere passato oltre; quel gesto innesca una ritmica di incontri e di misconoscimenti, di cadute e di incidenti, di parole e di canzoni, scandita da due sentimenti contraddittori: la paura di essere noi stessi l'altro e il desiderio di metterci, per una volta, al suo posto. Ma come conciliare la compassione e un'obesità dell'io che non resiste alla tentazione di sostituire a ogni storia la propria? Alla fine scopriamo, comicamente e tragicamente, l'impossibilità di trasformare la vita quotidiana in una mera idealità. Anche perché «va a finire sempre che la domenica la gente litiga»."" -
Eduardo De Filippo o della comunicazione difficile
Come per i suoi coetanei (non solo) europei, Ionesco e Beckett, il problema centrale novecentesco è, per Eduardo, la comunicazione difficile, talvolta impossibile, fra uomo e uomo, individuo e società, io e mondo. All’origine forse, per tutti, Pirandello; eppure il nostro è un attore-autore, figlio d’arte (oltre che naturale) d’una tradizione partenopea che dal bilinguismo dialetto/lingua ha tratto vigore e resistenza, oscillando fra i due poli. Questo libro ripercorre le tappe d’una drammaturgia eduardiana che va oltre; per la sua radicalità attorica concretizza il problema tematizzandolo, e inaugura una contaminazione teatrale multilinguistica, tra affabulazioni e silenzi, con punte d’espressionismo librate sul confine ambiguo fra reale e fantastico. Raggiunge quindi una sua complessa originalità, proiettandosi nell’oggi. Completa il volume un’ampia Nota su edizioni e varianti e una Bibliografia essenziale ma aggiornata. -
Isabel Green
Isabel è una grande star di Hollywood. Ha appena vinto il Premio Oscar come miglior attrice protagonista. È sul palco con in mano la statuetta, che sognava fin da quando era bambina. Dovrebbe essere al massimo della felicità, ma dentro di lei qualcosa non va. Mentre all’esterno cerca di dissimulare fingendo emozione e imbarazzo, al suo interno un turbine di pensieri la porta lontano, in una dimensione solitaria in cui le riflessioni sulla propria vita si mescolano al tentativo di far fronte alla situazione attuale. Un parossismo tragicomico che la porta a rompere ogni convenzione e a mettere in discussione i cardini della sua stessa esistenza. -
Matilde e il tram per San Vittore
A causa degli scioperi che durante la Seconda Guerra Mondiale paralizzarono i grandi stabilimenti a nord di Milano − i più grandi nell’Europa occupata dai nazisti − centinaia di lavoratori di Sesto San Giovanni e dei comuni limitrofi furono vittime di retate spietate, sottratti ai propri affetti e deportati nei lager nazisti. L’opera nasce dalle testimonianze raccolte in più di venti anni da Giuseppe Valota, presidente dell’ANED di Sesto San Giovanni e Monza, figlio di un deportato morto a Mauthausen. Un testo che vuole mettere in evidenza il ‘non eroismo’ di chi si oppose al nazifascismo pagando un caro prezzo. Lo fa attraverso le voci di quelle donne che si ritrovarono improvvisamente da sole, costrette a vivere e a gestire un quotidiano di fame e miseria, nel terrore della guerra e dei bombardamenti. Alla disperata ricerca dei loro uomini, inghiottiti nel nulla, si precipitavano nei luoghi di detenzione dei nazisti e dei fascisti, fra cui la sede della famigerata Legione Ettore Muti in via Rovello, un luogo di tortura che nel dopoguerra diventerà il Piccolo Teatro di Milano. Nel clima festoso del dopoguerra, per molte di quelle donne incominciò un periodo ancor più terribile, quello dell’attesa spasmodica. Anche per le donne che ebbero la fortuna di riabbracciare i propri cari, la vita non fu mai più quella di prima. -
La moglie
Anno 1942. In pochissimi mesi viene costruito in mezzo al deserto del New Mexico un laboratorio scientifico, e attorno a questo laboratorio abitazioni sempre più numerose per ospitare le famiglie degli scienziati che vi lavorano. Nasce così una cittadina senza nome, non segnata sulle mappe, alla quale non è possibile accedere senza speciali permessi e dalla quale non è possibile uscire. Non ci sono telefoni e tutto è presidiato e strettamente controllato dai militari dell’esercito americano. Quello a cui stanno lavorando gli scienziati nel laboratorio è talmente segreto che viene fatto loro divieto di parlarne persino con le proprie mogli. Il testo, intrecciando realtà e mito, si propone di dare voce a queste donne, che non hanno potuto scegliere il loro destino e che sono diventate a loro insaputa protagoniste di una delle vicende più drammatiche della Storia. Ma vuole anche metterci in guardia rispetto al pericolo del non voler conoscere e il non voler vedere e di fronte al rischio di voler prolungare a vita l’età della fanciullezza, in cui sono altri a decidere per noi e in cui anche non scegliere diventa una scelta. Liberamente ispirato a Laura Fermi, moglie del fisico Enrico. -
Prospettiva Dostoevskij. Gli spettacoli della compagnia I demoni
«La capacità di innamorarsi del proprio destino, accettandone i colpi e vivendo al massimo tutte le esperienze che la vita gli riserva, senza mai giudicare nessuno: con questo spirito ha vissuto e ha scritto Fëdor Dostoevskij ed è questo il motivo principale che ci ha portato a sceglierlo come guida e fonte di ispirazione per la nostra poetica teatrale». Alberto Oliva e Mino Manni, nel 2011, fondano l’associazione culturale I Demoni con cui realizzano cinque spettacoli tratti dai testi di Dostoevskij, qui raccolti nei loro adattamenti originali: La confessione, Ivan e il diavolo, Il topo del sottosuolo, Il giocatore, fino a Delitto e castigo, prodotto dal Teatro Franco Parenti di Milano a coronamento del progetto. In questi testi incubi e visioni al confine con la follia si alternano a scene di crudo realismo fra i vicoli di Pietroburgo, con bettole e squallide stanzine da cui ci si spia, si piange e si ama, in un trionfo di vitalità e teatro. -
Homo empathicus
L’opera (prima rappresentazione 3 ottobre 2014, Gottinga) inscena una comunità di iper-empatici, esseri asessuati, animalisti, vegani, votati a un’esasperata political correctness e parlanti una nuova lingua, attraverso cui sono capaci di evitare qualsiasi discriminazione sociale, economica, estetica e di genere. Ma quando il reale, incarnato da due personaggi emblematici come Adamo ed Eva, irrompe sul palcoscenico si capisce che questa società apparentemente perfetta fallisce e si rivela, al pubblico, come uno dei mondi distopici descritti da Orwell o da Huxley. -
Prigionia di Alekos
Oggi occorre interrogarsi sul senso del teatro, sul ruolo sperduto del drammaturgo, sull’esercizio dello scrivere, mentre sembra indebolirsi l’idea di teatro come luogo della coscienza e della riflessione. Prigionia di Alekos tenta di dare una risposta ad alcune di queste domande attraversando il mito moderno di Alexandros Panagulis, l’uomo che sconfisse la dittatura dei colonnelli nella Grecia degli anni Settanta con la forza della poesia e della creatività. Il racconto di Alekos ci permette di indagare i valori profondi e fondativi dell’esistenza umana, di scoprire la poesia come forza vitale e come espressione primordiale di libertà e consapevolezza. In Prigionia di Alekos è l’immaginario di Panagulis a venir messo in scena. Il suo potente mondo interiore contrapposto a una realtà fatta di tortura e privazione. La sua volontà poetica e la sua vocazione narrativa e teatrale contro l’incubo e l’umiliazione. Accanto ad Alekos avranno spazio Dalì, uomo/scarafaggio e amico fidato, un Vecchio Cieco, un moderno e deluso Tiresia, e i carcerieri fino a Caronte per la catabasi dell’eroe. -
Viva l'Italia. Le morti di Fausto e Iaio
È la sera del 18 maggio 1978. Aldo Moro è stato rapito da due giorni. Ma in questa storia che racconta gli anni di piombo sotterranei, quelli della gente comune, non siamo a Roma. Siamo a Milano, sono le otto di sabato sera e Fausto e Iaio vengono uccisi a colpi di pistola da un commando composto da tre ragazzi venuti da Roma. Fausto e Iaio muoiono e Viva l’Italia racconta chi gli sopravvive. Angela, la madre di Iaio. Giorgio, uno dei tre killer. Salvo, il commissario della Digos che conduce le indagini. E Mauro, un giornalista che comincia a indagare sul caso parallelamente alla polizia. -
Teatro: Islanda-Nebbia-Al contrario!
La raccolta dei tre testi presenti in questo volume “Islanda”, “Nebbia” e “Al contrario!”, tradotti in italiano, sono solo tasselli della prolifica produzione di Lluïsa Cunillé, una delle voci più attive della drammaturgia catalana contemporanea. Opere profondamente politiche, dissacratorie, che mettono il dito nella ferita aperta di una crisi economica e morale che, in questi anni, ha investito la nostra società. I suoi personaggi, austeri, silenziosi, in bilico sull’anonimato, ci invitano a scandagliare i misteri delle relazioni umane e a riscoprirne la bellezza, il dolore, l’essenza poetica. -
Aldo morto
Un autore nato negli anni Settanta, che di quell’epoca non ha alcun ricordo, partendo dalla vicenda del tragico sequestro di Aldo Moro, si confronta con l’impatto che questo evento ha avuto nell’immaginario collettivo della società nostrana. L’attore, solo in scena, indaga le atmosfere di quei giorni, la sinistra di allora e i protagonisti di una stagione politica e sociale che ormai è storia. Non c’è retorica, in questo scavo profondo e impietoso, non ci sono nemmeno pietismi: c’è, più di tutto, un’esigenza di riascoltare le vibrazioni e gli echi di un’epoca mitizzata, attraversandola con musiche, estratti di dialoghi e considerazioni ironiche e profonde. Completano l’edizione un’introduzione di Marco Baliani e un’appendice critica di Matteo Brighenti. -
I, Shakespeare
Tutti conoscono Amleto, Giulio Cesare, Romeo e il monologo della rosa, la follia di Riccardo III. Ma chi si è accorto della balia di Giulietta, delle fatine che popolano il mondo incantato del Sogno, di cosa pensavano Mercuzio o Calibano? Innumerevoli sono gli spin-off, le riscritture e i ripensamenti che si irradiano dall’opera di William Shakespeare. Ma questo ciclo firmato da Tim Crouch si cimenta in un’impresa del tutto particolare: cioè nel tentativo di dare voce a chi, nell’opera del Bardo, finora non l’aveva mai avuta. Il volume raccoglie cinque micro o contro-storie per la scena che hanno come protagonisti personaggi considerati ""minori"""" della grande opera shakespeariana, destinate a rovesciare il punto di vista dominante. Testi noti al pubblico italiano grazie a Fabrizio Arcuri e Accademia degli Artefatti, che, per anni, hanno lavorato su questo autore e a questo ciclo di opere."" -
La grazia non pensa. Discorsi intorno al teatro
«Perché mai i teatranti non vogliono chiedersi cos’è il teatro? Perché si glissa, si snobba? Perché mai se ci si chiede cos’è il teatro, si viene trattati con sufficienza? Mi sono perso qualcosa? Forse lo si sa perfettamente da sempre e io sono l’unico a non saperlo?» Il libro raccoglie le riflessioni sul teatro di Claudio Morganti, uno degli artisti più importanti della scena contemporanea. I materiali sono divisi in tre sezioni: Convegni e raduni, Manifesti e Altri scritti. Completano il volume gli interventi sul lavoro di Morganti di Piergiorgio Giacchè, Donatella Orecchia, Enrico Piergiacomi, Mariapaola Pierini e Attilio Scarpellini. -
Teatro
“Come la maggior parte di quelli della mia generazione, anche io sono influenzato dalla cultura pop americana. Tuttavia, cerco sempre di preservare la mia lingua e la mia cultura, e a volte, nel corso di questa ricerca, affiora qualcosa di nuovo e sorprendente. Qualcosa di particolare che esiste solo in Russia”. (Mikhail Durnenkov). Nel volume sono presenti le seguenti opere teatrali: La guerra non è ancora cominciata; Il lago; È (più) facile smettere di fumare se sai come farlo; Cose. In questo volume emerge la forza e la ruvidezza del linguaggio di Durnenkov, attraverso quattro testi teatrali molto diversi fra loro. È (più) facile smettere di fumare se sai come farlo affronta la dura e psicotica quotidianità di una Russia retrograda e alienata, e si chiude con un finale tragico, grottesco e folle in cui si rispecchia una società allo sbando completo, sia sul piano sociale che su quello (anti) ideologico. La guerra non è ancora cominciata e Il lago sono due testi di finzione, in cui non viene specificato alcun tipo di contesto storico e geografico. Il primo è un’antologia di brevi novelle teatrali, il secondo è una strana fiaba contemporanea, con elementi di linguaggio cinematografico. Entrambi hanno in comune l’ironia sferzante, il paradosso, la critica impotente alla società. Cose, è un testo che non ha struttura, personaggi, e costituisce l’esito di un laboratorio di scrittura tenuto da Durnenkov, ed è considerato dall’autore un’appendice a La guerra non è ancora cominciata. Nei testi di Durnenkov incombe l’ombra di un’apocalisse imminente, che può essere affrontata solo con ironia e sprezzante cinismo. -
La scena boschereccia nel Rinascimento italiano
Nel 1983 questo libro proponeva per la prima volta una sintesi storiografica unitaria del vasto arcipelago pastorale cinquecentesco, riordinando in una prospettiva di storia materiale dello spettacolo (fra recitazione e musica, apparati, folklore e poetiche) la congerie di egloghe, contrasti, farse rusticali e componimenti lirici di vario genere che confluiscono, a metà secolo, nel cosiddetto terzo genere della favola pastorale; da allora molte ricerche hanno arricchito e approfondito la materia, ma le indicazioni ‘di servizio’ qui raccolte si offrono ancora a ulteriori approfondimenti. -
Va pensiero
Siamo in una quieta cittadina dell’Emilia Romagna, ai giorni nostri. È qui che «si posa» verdianamente il pensiero, e su un fatto di cronaca: un vigile urbano si fa licenziare pur di mantenere la propria integrità di fronte agli intrecci di mafia, politica e imprenditoria collusa, capaci di avvelenare il tessuto sociale della regione che ha visto nascere il socialismo e le cooperative. Nel pantano di questa Italia, un semplice cittadino fa risuonare, per contrasto, la speranza risorgimentale inscritta nella musica di Giuseppe Verdi. -
Io santo, tu beato
Prefazione di Paolo Rossi. -
Il teatro nella Firenze medicea
Quando nel 1537 Cosimo de’ Medici prende il potere a Firenze, il disegno politico della famiglia è già delineato e toccherà al giovane sovrano portarlo a maturazione. Cosimo speziale e il nipote Lorenzo (il Magnifico) avevano percepito l’importanza dello spettacolo nel programma di manipolazione del consenso necessario ad assicurare grandiosità e stabilità alla nascente signoria, ma necessità tattiche avevano loro consigliato di dissimularsi dietro un formale rispetto delle istituzioni democratiche. In veste di granduca e con le necessarie sanzioni, Cosimo I può imprimere il proprio marchio su ogni iniziativa. Lo spettacolo progredisce velocemente guadagnando a Firenze e alla dinastia prestigio internazionale; la corte diviene il centro unitario di ogni manifestazione pubblica e gli artisti vedono nell’associazione al potere l’unica forma possibile di attività. Separata dall’organizzazione ufficiale, ma ad essa legata da indissolubili complicità, anche la Commedia dell’Arte trova la sua sede regolare, nel teatro della Dogana, a pochi metri da quello degli Uffizi. -
Teatro d’origine. Avevo un bel pallone rosso-L’officina-Storia di una famiglia-Mad in Europe
Angela Dematté porta in scena una parte dell’Italia del nord spesso ignorata o dimenticata, racchiusa tra le montagne del Trentino. Il suo è un punto di vista particolare che però, attraversando la grande storia e i grandi movimenti degli affetti famigliari, si rende universale. Avevo un bel pallone rosso è la storia di Mara Cagol, fondatrice delle Br ma è anche analisi del rapporto tra un padre e una figlia. L’officina. Storia di una famiglia è un’epopea sulla concezione del lavoro nell’uomo occidentale dell’ultimo secolo, ma è anche la storia di Sonia e del suo essere figlia e autrice. Mad in Europe è una metafora della crisi europea, ma è anche il racconto dell’interiorità di una donna e del suo diventare madre. Fil rouge di questa raccolta è il rapporto drammatico con la lingua d’origine. Margherita usa il linguaggio ideologico per staccarsi dal padre, Sonia cerca di fuggire dalla tradizione attraverso le forme del post-moderno, Mad, infine, si carica del fardello di Sonia e Margherita: dalla mescolanza disordinata delle lingue europee precipita in un grammelot indistinto e bestiale, per riaffondare poi nel suo idioma delle origini. Nella sua vivisezione delle relazioni umane e famigliari, l’autrice non cessa di proporre la speranza di una ricomposizione: le parole rinascono nella possibilità di spalancarsi all’altro e di essere da lui cambiati.