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Storie e leggende del Ponte Vecchio
È lì da quasi sette secoli. Immobile e robusto, austero e affascinante, iconico e essenziale. Il Ponte Vecchio di Firenze è uno dei monumenti simbolo non solo di Firenze, ma dell'Italia intera. Sopra di esso, o nelle immediate vicinanze, è accaduto di tutto, una serie impressionante di avvenimenti che talvolta hanno cambiato il corso della storia. Questo libro è un tentativo di inventariare i principali fatti che sono avvenuti sul Ponte Vecchio - quasi si trattasse di un palcoscenico in cui, secolo dopo secolo, andavano in scena storie a soggetto - o che dal Ponte Vecchio si sono potuti ammirare, perché dalla metà del XIV secolo offre ai viandanti un privilegiato punto di osservazione. Un'histoire événementielle costituita da contese epocali, da soluzioni architettoniche che hanno regalato notorietà mondiale a Firenze, da eventi sacri e profani che l'hanno solcato, da spettacoli pirotecnici (ma anche da fasci di luci elettriche e poi al laser) che l'hanno illuminato, da regnanti e dittatori che l'hanno ammirato, dal traffico veicolare che prima l'ha intasato e da cui poi è stato liberato, da eventi sportivi che ne hanno cadenzato gli ultimi decenni, da storie e leggende. -
Guida al calcio storico fiorentino
Il calcio storico fiorentino è un gioco tipico della città di Firenze. Quattro squadre rappresentative dei quattro quartieri storici fiorentini si affrontano per onorare la città, per il proprio colore e per l'orgoglio di rievocare una storica partita, quella giocata il 17 febbraio 1530 durante l'assedio dell'Imperatore Carlo V contro la Repubblica Fiorentina. Il Torneo si svolge tra Bianchi di Santo Spirito, Rossi di Santa Maria Novella, Azzurri di Santa Croce e Verdi di San Giovanni e viene svolto principalmente nel mese di giugno con la disputa di due semifinali e una finale che viene giocata il 24 giugno giorno del patrono della città, San Giovanni. In questa guida si trovano le notizie di riferimento, le regole storiche del gioco del calcio fiorentino e le regole dell'attuale torneo. È un modo semplice e diretto per capire i fondamenti del gioco simbolo delle tradizioni popolari fiorentine e della città di Firenze. -
I Medici da Cosimo I a Ferdinando I «L'Apoteosi»
L'improvvisa morte di Alessandro con la conseguente fuga di Lorenzino, faceva sperare per un momento nella restaurazione della Repubblica. C'era un pericoloso vuoto di potere ed occorreva agire in fretta. I senatori Francesco Guicciardini, Filippo Strozzi, Baccio Valori e Niccolò Acciaiuoli, pensavano di aver trovato finalmente la persona giusta in Cosimo de' Medici, diciottenne figlio di Giovanni delle Bande Nere e di Maria Salviati, nipote di Lorenzo il Magnifico. Convinti dal suo atteggiamento umile e dimesso, nominavano Cosimo capo del governo con la clausola che tutto il potere sarebbe rimasto nelle mani del Consiglio. Con abile mossa il giovane riusciva ad indurre i senatori a promulgare un decreto con il quale il ramo di Lorenzino perdeva ogni diritto alla successione, macchiatosi di indegnità a causa dell'assassinio. Appena nominato, Cosimo gettava la maschera e assumeva l'autorità piena ed assoluta del potere, mostrando spirito di tiranno che intendeva governare in maniera ferrea, tanto che presto diveniva l'uomo più temuto di tutta Firenze. -
I Medici. Da Cosimo II a Gian Gastone «Il Declino»
Dal 1600 la famiglia Medici, avvolta nel lusso sfrenato della Corte, denunciava una lenta ed inarrestabile decadenza. Quando Cosimo II saliva al trono aveva solo diciannove anni e la sua salute era già compromessa da quella malattia che lo porterà alla tomba poco più che trentenne. Di carattere mite e socievole, sposava Maria Maddalena d'Austria, un matrimonio ben riuscito e prolifico con ben otto figli; pertanto dovendo accogliere la sua numerosa famiglia in una residenza più spaziosa, egli decideva di ampliare la reggia di Palazzo Pitti. Gli succedeva Ferdinando I - appena dodicenne - per cui erano nominate ""reggenti congiunte del Granducato"""" la madre Cristina di Lorena e la moglie di Cosimo, Maria Maddalena d'Austria, una scelta destinata ad avere profonde conseguenze per Firenze e l'intera Toscana. La Corte di Palazzo Pitti viveva in un lusso sfrenato che svuotava, giorno dopo giorno, le Casse dello Stato. La storia dei successivi regnanti registrava personaggi privi di personalità, incapaci di governare, come Cosimo III e Gian Gastone, con il quale, essendo egli senza figli, l'illustre famiglia si estingueva."" -
Giardini della meditazione e del paradiso
La macchina allegorica dei giardini orientali è sostanzialmente plasmata dalla profondità del pensiero filosofico e religioso, in una staticità propria dell'animo contemplativo. Nella composizione si coglie il profondo sentimento verso la natura nei suoi multiformi aspetti. Il paesaggio diventa parte integrante del giardino stesso sia come riferimento visivo sia come citazione colta all'interno dello stesso giardino. Ancora oggi nell'era in cui viviamo, i giardini orientali ci affascinano con i loro orizzonti informati da filosofie profonde. -
Il giardino di Versailles. Simboli e allegorie
Il parco, che si distende grandioso, con il suo complesso simbolismo è una sorta di testamento segreto dove i vari episodi architettonici e scultorei si pongono come punti salienti di un cammino sapienziale che il Re Sole ha nascosto, con grande maestria, tra i ritmi compositivi della grande allegoria barocca. è significativo il fatto che prima di iniziare i lavori di Versailles il re aveva annotato ""Il faut, mon fils, se mettre devant les yeux les vérités dont nous sommes persaudés""""."" -
Alchimia e segreti di Cosimo I in Palazzo Vecchio a Firenze
Dopo solo tre anni dalla sua elezione, Cosimo, il 25 maggio 1540, in occasione della festa dello Spirito Santo, lasciava l'avito Palazzo in via Larga e si trasferiva con la famiglia nel Palazzo della Signoria, simbolo del potere politico cittadino. Il Palazzo, che si ergeva in forme medioevali sulla omonima piazza, fu fin da subito oggetto di una serie di interventi edilizi al fine di renderlo consono sia alle nuove funzioni abitative che a quelle rappresentative in virtù del rinnovato prestigio della dinastia medicea. Un profondo pensiero simbolico è alla base del nuovo intervento. Giorgio Vasari, pittore e architetto, affiancato da una equipe di valenti artisti, incaricato del vasto programma decorativo, attinge alla mitologia per nascondere sotto le sapienti allegorie i principi della filosofia ermetica. -
Come un'orchestra jazz. Armonie e disarmonie in una comunità scolastica multietnica
Questo volume curato da Raffaella Trigona contiene una selezione di riflessioni emerse durante lo svolgimento di un progetto educativo, promosso da Onlus Robur Solidale, all'interno dell'Istituto Comprensivo di Verdellino-Zingonia. Zingonia e un toponimo legato all'immagine delle periferie degradate, ma allo stesso tempo è un luogo utopico, capace di identificare una comunità multietnica del futuro possibile. -
Le pandemie. Evoluzione storico-antropologica dalla peste di Atene alla spagnola
Il saggio ripercorre la storia delle più importanti pandemie che hanno colpito l'umanità e delle quali si possiede una minima documentazione attendibile. In una visione antropologica ed interdisciplinare, con ampio ricorso alla storia della medicina, alla psicologia, alla demografia, come pure alla biologia, alla statistica, al diritto, il lavoro si propone di contribuire alla costruzione di un efficace modello ideale, testato scientificamente, in grado di individuare le componenti essenziali, riconosciute e quindi riconoscibili dai ricercatori, che caratterizzano il fenomeno, non sempre esattamente compreso nella sua devastante portata, delle insorgenze pandemiche. -
Italia e Giappone a confronto: cultura, psicologia, arti. Ediz. italiana e inglese
Diversi motivi spiegano il reciproco interesse fra Italia e Giappone. I saggi raccolti nel volume ne illustrano e discutono i più importanti, ponendosi da una serie di prospettive diverse eppure sempre - doverosamente - interdisciplinari: l'architettura, il design, la filosofia, il giornalismo, la letteratura, la musica, il pensiero politico, la pittura, la psicologia e ovviamente, la storia, con le sue vicende fatte di conflitti, drammi, influenze culturali, relazioni diplomatiche, scambi commerciali, trattati internazionali. Scritti in italiano e in inglese, i contributi ricostruiscono e documentano tutti questi aspetti, spaziando fra le epoche (dal medioevo a oggi) non meno che fra le discipline. Nei loro articoli, Raoul Bruni, Silvia Catitti, Edoardo Gerlini, Morihisa Ishiguro, Haruyuki Kojima, Michele Monserrati, Francesco Morena, Shunsuke Shirahata, Kin'ya Sugiyama, Manila Vannucci e Francesco Vossilla offrono suggestivi e validi strumenti per comprendere differenze, somiglianze e comuni interessi che da lungo tempo ormai caratterizzano i rapporti fra Italia e Giappone. -
La villa di Sammezzano. Un'Alhambra toscana
Gli scritti di Carlo Cresti, Massimo Sottani e Matteo Cosimo Cresti intendono mettere in opportuno rilievo la personalità e le ambizioni del marchese-architetto Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona, e il valore dell'architettura, degli ornamenti, e degli aspetti cromatici che compongono la villa di Sammezzano, ossia il risultato della unicità di un continuum di accenti formali, un insieme di eccezionale organicità, un frammento d'Oriente reinventato da un occidentale che non conobbe l'Oriente vero, ma seppe interpretarlo; un'Alhambra toscana che suscita meraviglia, che non soffre di timori concorrenziali in eventuali confronti con esotici revivals costruiti in Italia e in Europa. -
La città e l'architettura dell'«homo sapiens» 2.0
L'homo sapiens 2.0 si trova di fronte, per quanto riguarda l'architettura e la città ma non solo, a una serie di affermazioni convenzionali che, senza che ce ne accorgessimo, sono state assunte come una realtà praticamente intoccabile. È bene iniziare a rivederle, quelle certezze, e a cercare di immaginare un nuovo sistema di pensieri più adatto alla condizione dell'homo sapiens 2.0 e al suo continuo mutare. Per questo è necessario un primo screening che avvii una riflessione sul panorama delle idee correnti sull'architettura e sulla città, in modo da divenire consapevoli della loro ancora effettiva validità, oppure della loro progressiva obsolescenza che ci impedisce di vivere la realtà del nostro mondo, e anche di quello prossimo venturo. Vengono perciò analizzati alcuni stereotipi che ci assillano e che non ci soddisfano più, cercando di capire, di immaginare quali sono le possibili alternative o, quantomeno, le possibili correzioni. Il tutto cercando di ritornare ad una immaginazione che è stata fondamentale per lo sviluppo dell'homo sapiens fin dall'inizio della sua storia. -
Com'era bello i' fiorentino
"Sempre meno mi sembra attuale la storia dell'italiano che deriva dal fiorentino! Forse in origine. Il fiorentino è la mia lingua padre: l'ho imparato dal mi' babbo, pittore per vocazione e impiegato per necessità, che parlava (poco, e mai a vanvera) un fiorentino espressivo e asciutto, dal maestro Creati, maestro davvero, dal teatro della Cesarina Cecconi e dalle favole (novelle, le chiamava lei) dell'Isolina, contadina di Pelago scesa a servizio a Firenze a dodici anni, piccina di persona, ma grande di cuore e di buon senso. Tante parole ed espressioni che ho sentito da bambino, le mi' figliole 'un le capiscon più, e io mi son provato a raccoglierle e a spiegarle (le parole, non le figliole). Per me, per struggermi un po' di nostalgia; per loro (stavolta sì: le figliole). Per voi, se volete. A futura memoria d'una città che ha sempre saputo sorridere, di tutto e soprattutto di sé, pur prendendosi sempre dannatamente sul serio. D'una città difficile, arcigna e bellissima, che si può amare solo disinteressatamente e disperatamente.""""" -
La musica e gli antichi egiziani
L'esistenza di un collegamento fra la nostra musica e quella dell'antico Egitto è già un valido motivo per conoscere quanto gli egizi sapevano dell'arte dei suoni e come la mettevano in pratica. Per meglio addentrarsi in questo campo, il saggio si apre ricordando i principi fisici della musica, entrando poi nello specifico. L'autore si è basato sui reperti archeologici, sulle immagini con le loro didascalie, sulla sperimentazione di modelli appositamente costruiti e ne ha evidenziato la tecnica di esecuzione, la resa sonora e il metodo usato per una corretta intonazione. Gli egizi individuarono gli intervalli fondamentali, costruirono empiricamente una scala musicale eptafonica, ossia una scala composta da una successione fissa di toni e semitoni, utilizzabile per comporre le più diverse melodie. La scarsa conoscenza della fonetica della lingua egizia, l'ignoranza della metrica e l'assenza di una notazione musicale non consentono di farsi un'idea esatta né dei ritmi né delle melodie usate per liturgie, canti e danze. Non sono mancate difficoltà sull'intonazione dei cordofoni, riscontrate anche negli analoghi strumenti greci, ma ciò diventa uno stimolo a proseguire nella ricerca. -
Il giardino inglese attraverso gli occhi di Jane Austen. Tra «wilderness» e «shrubbery»
Jane Austen è un'attenta osservatrice del mondo che la circonda. Scrivendo solo di ciò che conosce, non inventando nulla ma soltanto immaginando, fornisce difatti interessanti punti di vista su determinati aspetti della società a cui appartiene: se i personaggi appaiono come persone vere e concrete, la sua scrittura senza cadere nella mera descrizione, fornisce la percezione dei luoghi e degli ambienti in cui vivono. I sei romanzi dell'autrice ci aiutano pertanto a comprendere l'evoluzione dell'architettura del giardino inglese del suo periodo, in una cultura preindustriale sospesa tra le tradizioni dell'aristocrazia nobiliare e la moda del pittoresco promossa in particolare dalle famiglie benestanti di impostazione borghese o militare. Non si tratta solo di una scelta di taste, o tra formale e informale, tra mantenere o distruggere un viale di alberi vetusti, preferire una vista ad un'altra. Le sue eroine sbagliano, scambiano opinioni, riflettono, cambiano idea, si innamorano, ma soprattutto crescono nella loro ricerca quotidiana di sé tra il rinfrescante wilderness e il soleggiato shrubbery. -
Novelle
"I nipoti crescevano, erano già in grado di a?errare il senso delle parole con buona approssimazione. Ed io mi inserii inventando novelle e narrandole ai miei due nipotini, Federico e Francesco, che non si saziavano mai di ascoltare le mie letture. Prima fu una novellina che intitolai Le Tortore di Gentilino. Man mano che i bambini crescevano - mi sembrava troppo rapidamente, secondo i miei desideri - erano più esigenti: pretendevano di conoscere qualcosa di più sui personaggi che animavano le mie favole. Ebbi la sfrontatezza di seguirli in questo loro desiderio. Le avventure dei """"loro"""" personaggi, che nel frattempo erano diventati loro beniamini, sembravano degne di essere seguite con attenzione. Mi domandavo il perché di tanto interesse e mi convincevo che esso si trovava nel cuore dei bambini più che nell'abilità dell'autore, alle prime armi in questo di?cile mestiere. Fu così che """"sfornai"""" nove novelline. Nemmeno oggi so dire come ho fatto. A mente fredda oso dire che l'amore per i miei nipotini, mi costrinse a divenire il loro 'favoliere'""""." -
I Kafiri dell'Hindu Kush
I Kafiri sono genti indoeuropee, del gruppo indoiranico, che abitano - sarebbe meglio dire abitavano, essendo ormai praticamente estinti - le vallate impervie e quasi inaccessibili dell'alto Hindu Kush (l'antico Paropàmiso dei Greci) a nord-est di Kabul. L'Hindu Kush è la catena montuosa quasi frangia occidentale delle catene del Pamir, del Karakoram e dell'Himalaya, che separa i bacini dell'Amu Darya (l'antico Oxus) da quelli del Kabul e dell'Helmand. Appartenenti linguisticamente al sottogruppo dei Dardi, praticavano una religione pagana e politeista, circondati completamente da popolazioni islamiche, alle quali si deve il loro nome: Kafir in arabo infatti significa miscredente, con tono dispregiativo. Erano suddivisi in due nazioni, i Kafiri rossi o Kafiri Kati e i Kafiri neri o Kafiri Kalash. Nel 1896 (alcuni riportano il 1894 o 1895) i Kafiri rossi furono attaccati, massacrati e resi schiavi dall'Emiro di Kabul, che convertì forzosamente i sopravvissuti. Il loro paese prese allora il nome di Nuristan o paese della Luce. Il libro del Robertson, che poco prima di questi fatti per circa un anno visse tra di loro (nel 1890-91), costituisce una testimonianza unica. -
Ferdinando Moggi (1684-1761). Architetto e gesuita fiorentino in Cina
La figura dell'artista e missionario gesuita Ferdinando Bonaventura Moggi (Li Boming, Firenze 1684-Pechino 1761) è parzialmente nota agli esperti di storia della Cina, della Compagnia di Gesù o della Chiesa in Estremo Oriente. Qualche specialista lo accosta al suo più famoso confratello Giuseppe Castiglione S.J. Assieme i due italiani hanno lavorato nella Pechino del Settecento sia progettando e decorando alcuni edifici sacri della Compagnia di Gesù sia prestando servizio alla corte degli imperatori Qing durante e subito dopo la famosa controversia dei Riti Cinesi. -
I sette peccati capitali. Percorso psicoantropologico
Questa ""Introduzione"""", alla quale seguiranno sette saggi, uno per ogni peccato capitale, raccolti in un'unica pubblicazione, si chiude con una domanda: il peccato è sempre un'offesa alla volontà divina? O, piuttosto, non è espressione della libertà dell'Uomo - del suo libero arbitrio - grazie alla quale, molto spesso violando i precetti della Divinità (talora rielaborati e reinterpretati dai suoi """"rappresentanti"""" terreni) sono state possibili straordinarie conquiste di progresso e di civiltà? Conquiste che, seppure spesso accompagnate da barbarie e nefandezze di ogni genere, hanno comunque consentito alla nostra specie di sottrarsi alla volontà imperscrutabile, e quasi sempre crudele, della natura. Proprio grazie a questa libertà, l'Eterno Artefice, scriveva molti secoli fa Giovanni Pico della Mirandola, aveva messo l'Uomo """"al centro del mondo"""", lasciandolo """"libero e sovrano"""" di plasmare la propria forma, conferendogli il potere di degenerare abbassandosi sino ai più brutali tra gli esseri inferiori, oppure di innalzarsi fino alle vette più elevate degli """"spiriti maggiori"""". E l'Uomo ha indubbiamente usato - e spesso abusato - di questa straordinaria prerogativa."" -
I simboli preistorici. Ediz. per la scuola
Segni scolpiti sulle rocce, manufatti e monumenti disseminati in tutti i continenti dimostrano che gli uomini della preistoria possedevano validi metodi di comunicazione e un sistema simbolico uniforme, osservavano regole sociali alquanto simili, professavano un unico credo. L'umanità apparteneva ad un solo popolo, quello della Madre Terra. Da una lunga ricerca comparativa dei segni preistorici risalta un messaggio di enorme importanza, così immagini universali che fanno ormai parte del bagaglio iconografico comune si rivelano con un nuovo inedito significato. La sagoma della mano impressa nelle caverne, la suggestiva figura del bird man dell'Isola di Pasqua, non hanno niente di misterioso ma ci narrano una storia attinente alla vita. Simboli come la svastica, il labirinto o la spirale si liberano di errate interpretazioni storiche e di magiche allusioni. Pratiche cruente come la caccia e la guerra assumono le sembianze di metafore propiziatorie. Emerge così una nuova considerazione dell'uomo antico che nel muto linguaggio dei segni ha trasmesso ai posteri una regola fondamentale di madre natura indispensabile per l'equilibrio e l'evoluzione della nostra vita.