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L'arbitro parziale. Prose del giorno prima
La tecnica, la ricchezza e la povertà, le migrazioni, la democrazia, l’ipoteca teologica sulle nostre menti: fra storia, politica, pensiero e autobiografia, Paolo Febbraro varia l’angolazione del suo sguardo con un candore tagliente e doloroso, accusando le distorsioni ormai invisibili e abituali, i vicoli ciechi di un tempo illusoriamente lineare. Fra ampiezza di vedute e parzialità consapevole, Febbraro non cerca una prospettiva “superiore”, o una confortevole “oggettività”, quanto piuttosto una precisione che confina col paradosso. Temi laceranti, e persino desolanti, vengono affrontati con l’energia di chi conserva il bisogno, e non più il diritto, di essere discutibile. -
La scienza impareggiabile. Medicina, medici, malati
La pandemia ha scosso le fondamenta della sanità e amplificato una crisi che ormai non può più essere ignorata: l’intero impianto concettuale della medicina come scienza della natura non aderisce più ai bisogni estesi della società e all’esigenza ormai insopprimibile per il cittadino di avere un altro genere di relazione con il sapere scientifico. Se è stato storicamente e politicamente giusto riformare anni fa il sistema sanitario – sostiene Ivan Cavicchi –, è stato un grave errore non riconsiderare allo stesso tempo anche tutti i “moduli” interni della medicina ippocratica-positivista. Analizzando le fratture e le contraddizioni tra il complesso sistema di regole e principi della scienza medica e la realtà del malato, Cavicchi suggerisce così una proposta di rinnovamento: non saranno più i cittadini a doversi adeguare alle difficoltà della medicina, ma andrà chiesto alle università, alle società scientifiche e agli ordini professionali di adattare il vecchio impianto concettuale ai cambiamenti del nostro tempo. Solo a quel punto la medicina potrà definirsi una scienza impareggiabile: in virtù della sua natura estesa, eterogenea, multiforme, e diventando una “medicina della scelta”, potrà definire nuovi modi di operare dai quali ripartire per far recuperare ai cittadini la fiducia perduta. Prefazione di Filippo Anelli. -
Yehudah/Giuda. Il traditore fedele
Da quasi due millenni Giuda è l’emblema stesso del tradimento e della perfidia. Ai tratti negativi disseminati nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli si sono assommate nel corso dei secoli caratteristiche altrettanto infelici tramite i commenti e le rappresentazioni artistiche. In una chiave ermeneutica segnata da una crescente demonizzazione, Giuda è stato identificato come il rappresentante per eccellenza del popolo ebraico, il popolo “deicida”. D’altra parte nei testi più antichi – le Lettere apostoliche, le lettere di Shaul/Paolo, l’Apocalisse – non compare nessun riferimento all’apostolo che avrebbe svolto un ruolo così decisivo nella storia della Redenzione. A partire dalla constatazione che il verbo greco paradídomi non significa ‘tradire’ ma ‘consegnare’, gli autori propongono una nuova interpretazione della figura di Giuda e dei motivi che lo avrebbero indotto a consegnare Yeshua/Gesù alle autorità templari. -
Mitologia femminista
“Mitologia femminista” è una raccolta di racconti metamorfici tra il romanzesco, il dialogo filosofico e la teoria metafisica, un viaggio poetico che mette alla prova i miti della femminilità nel nostro tempo. Bottici rivela modi di essere donna che confliggono con gli ordini patriarcali ereditati, recuperando le forme di pensiero e di fare letteratura che sono state dei filosofi presocratici, delle “Metamorfosi” di Ovidio e degli scritti sperimentali femministi passati e presenti. Come ha osservato Jean-Michel Rabaté nella sua prefazione, «di fronte all’eccesso di immagini e di intrattenimenti di ogni genere, è chiaro che il nostro bisogno di buone storie non è mai stato così grande. Per “buone” intendo non solo divertenti, ma anche forti, avvincenti e ben pensate. Chiara Bottici ha rinnovato e rinfrescato illustri modelli della tradizione». Prefazione di Jean-Michel Rabaté. -
Il babbo ed io. Un’adolescenza a Roma durante la guerra
Roma. In uno dei peggiori momenti della storia italiana, e fino alla liberazione della città fra il 4 e il 5 giugno 1944, l’adolescente Beppino va a scuola, gioca a pallone, gira in bici ma si deve anche ingegnare nella ricerca di generi alimentari, a quei tempi introvabili, e sfuggire ai bombardamenti. A dargli tempra c’è lo stretto rapporto con il padre, uomo dalla personalità non comune e animato da vero spirito democratico. In azione è lo slancio vitale di un giovane che, trovandosi a vivere in circostanze sempre più dure, arriva a prendere la decisione di arruolarsi nella militanza clandestina. -
Storie di genere. Il punto sulle donne. Differenza e dialogo
Nove interventi che riflettono da angolazioni diverse sulla condizione delle donne tra passato e presente, tradizione e innovazione, logos e antilogos. Un coro di voci diverse, assonanti e dissonanti, che illuminano con squarci epifanici l’arduo percorso di riconquista dello spazio individuale e sociale “patito” dalle donne, percorso antichissimo e ancora ben lungi dall’essersi concluso. Una rappresentazione dialettica di fatti mitici, storici, letterari, di eventi, relazioni, modi pensandi et operandi che mostrano la lotta millenaria delle donne per affermare e vedere riconosciuta la propria agency. Con i contributi di Mario Negri, Maria Serena Sapegno, Maddalena Spagnolli, Maria Rosa Cutrufelli, Manuela Moretti, Francesca Medioli, Gonaria Floris, Susanna Zinato, Giuliana Adamo. -
La città delle ombre perdute
Mirasole è una cittadina italiana come tante, amministrata da un sindaco fanfarone, fondata sulla speculazione edilizia, popolata da abitanti pettegoli, ma in fondo di buon cuore. Sinché, per un fenomeno inspiegabile, qualcuno di questi mirasolesi non comincia a perdere la propria ombra. I «desombrati» non sembrano afflitti da altri sintomi, ma c’è un particolare inquietante: le ombre, tutt’altro che dissolte nel nulla, si mettono a circolare da sole per le vie della città, formando quasi una comunità parallela. La notizia è sensazionale, ritiene il sindaco, e bisogna trovare il modo di lucrarci; è tragica, si allarmano gli altri, perché sicuro presagio di sventura. E il governo? Be’, sembra che non gliene importi granché. Almeno fino al giorno in cui i desombrati smettono di recarsi al lavoro. -
Il corpo del popolo. Su Ernesto Laclau e Judith Butler
Che cos’è il popolo? A questa domanda fondamentale l’Autrice prova a rispondere mettendo a confronto le posizioni di due voci di spicco del pensiero filosofico e politico degli ultimi decenni: Ernesto Laclau e Judith Butler. Seppur in tensione tra due concezioni di popolo contrastanti, entrambi lo interpretano non come un’entità già data, bensì come un soggetto da costituire. Se, dunque, per Laclau il popolo è un «significante vuoto», concezione che però culmina in una rilegittimazione sofisticata del populismo, per Butler, invece, è una «alleanza dei corpi» che, incontrandosi, danno luogo ad «azioni incarnate». Ed è questa, secondo l’Autrice, la sola posizione capace di rigenerare la democrazia, mettendone radicalmente in questione le logiche sovraniste di inclusione/esclusione che l’accompagnano dalle sue origini. -
Il manager generativo. Guida per cambiare il mondo, o almeno sé stessi. Che tipo di manager sei? Con QR Code
In ogni manager coesistono due anime: un’anima produttiva e un’anima generativa. L’anima produttiva presidia il risultato e dà struttura e organizzazione al lavoro. L’anima generativa crea benessere, sviluppo, desiderio, libertà di essere nelle persone e nei gruppi. Il dialogo costante fra queste due anime dà vita a quattro grandi competenze: Liberare autonomia, Creare generatività, Diffondere il sogno e Custodire i legami. Ciascuna ha in sé un “saper fare”, ossia un insieme di azioni e strumenti da allenare e fare propri per dare respiro al manager generativo, e richiede una disponibilità a cambiare e reinventarsi nel proprio rapporto con gli altri. -
La crescita infelice
Il futuro dell’umanità non potrà prescindere da una decrescita. E se non sarà quella auspicata e pianificata dai suoi teorici, sarà quella imposta dalle catastrofi ecologiche e sociali. Fausto Gusmeroli illustra la teoria della decrescita a partire dall’infelicità della crescita, ossia dai limiti e dalle contraddizioni dell’attuale modello di sviluppo capitalista, piegato alle logiche della competizione e del mercato. La decrescita è una risposta all’attuale crisi sociale e ambientale; propone la fuoriuscita dall’ideologia economica e dal suo brodo di coltura antropocentrico, individualista e positivista, aprendo a una prospettiva centrata sull’ecocentrismo, la parsimonia e la solidarietà. Un progetto in costruzione, che riconosce però già molte esperienze concrete nei territori. -
Dipingere è come tenere un diario. Kandinskij, Klee, Afro
Da Giotto all’astrattismo: una panoramica del mondo dell’arte in chiave intima, esistenziale. Ogni opera, secondo Giuliano Della Pergola, segna il tracciato interiore dell’artista, quasi fosse il dispiegamento delle pagine segrete di un suo diario. La singolarità di questa “scrittura” diventa così cifra dell’intera umanità: quanto più intimo, tanto più il diario del genio si fa portavoce di un linguaggio universale capace di raggiungere ogni uomo. Pur occupando un posto d’eccezione, l’artista si situa al crocevia dell’esistente. Una critica serrata ai processi di mercificazione dell’arte, e al suo asservimento al regno dell’utile, si accompagna alla convinzione del potere performativo dell’evento artistico, creatore di verità e memorie personali. -
Il formatore digitale. Strumenti e metodi per l'aula a distanza
Nel 2020 accade una rivoluzione epocale nella formazione: non è più possibile incontrarsi in presenza. Così una rete di formatori, esperti e consulenti di direzione ad alta professionalità si riunisce per rispondere insieme alla richiesta di cambiamento profondo del proprio mestiere. Risultato di questa inattesa sfida è la costruzione di un patrimonio di tecniche e strumenti capaci di mantenere il potenziale trasformativo del training esperienziale anche nei contesti di apprendimento digitale. Un patrimonio fatto di voci, emozioni ed esperienze che rendono sostenibile il passaggio dalla presenza in aula all'esperienza on line e che gli Autori desiderano condividere con tutta la comunità dei formatori. -
Quando
Un'opera autobiografica in versi. -
La vita stessa è già tanto in questi giorni. Ultime lettere dall’esilio americano
Dal loro esilio in America del Sud Stefan Zweig e la seconda moglie Lotte intrattennero una fitta corrispondenza, in particolare con la famiglia di lei rimasta a Londra. Da queste lettere, pubblicate qui per la prima volta, emerge un volto inedito del grande scrittore austriaco nei suoi ultimi anni di vita: intime e familiari, pervase dal senso di disperazione per il futuro e di alienazione dalla realtà presente, dalla nostalgia per il “mondo di ieri” e dall’incapacità di riconoscersi in un mondo che sarebbe uscito profondamente mutato dall’immane conflitto mondiale, queste lettere gettano una nuova luce sugli anni sudamericani degli Zweig e sul loro ultimo, tragico atto. -
L'età del ferro (2021). Vol. 3
L'età del ferro non è una rivista di letteratura, né di ""critica"""" o di """"poetica"""". Non è una rivista di sociologia, antropologia, psicoanalisi o delle più varie humanities. È una rivista militante senza engagement. Forse è addirittura una rivista politica. La letteratura è una forma irriducibile e insostituibile di conoscenza. La letteratura non ha compiti di intrattenimento o di """"impegno"""" immediato, ha la profondità """"sociale"""" delle parole. La letteratura ha a che fare con altri ambiti della cultura, anche con quelli in apparenza più lontani e diversi. La letteratura non è democratica, è critica. Non abbiamo ideologie e comunque fedi, credenze o religioni – neppure la religione della razionalità. La differenza tra tecnologia hard e tecnologia soft – la differenza tra il Novecento e il Duemila – è solo apparente: l'espropriazione non cambia, ma, e non è poco, si sposta dal corpo alla mente, e così incide sulla qualità dell'antropos, decide della sua essenza. Esiste un problema di ecologia della cultura, ovvero di ecologia di quello che siamo. Noi leggiamo il mondo (quindi anche la polis) consapevoli che ciò che ci caratterizza come specie animale, e ci fa diversi da tutti gli altri esseri viventi, è la creatività della nostra mente. Questa è la nostra militanza: rimettere al centro la potenza gnoseologica dell'arte, della poesia. Questa è appunto una funzione politica: combattere per la salute della specie cui apparteniamo."" -
I fiori del male
Provato da una vita travagliata e disordinata, Charles Baudelaire tende a realizzare una poesia che dell'uomo, delle sue cadute e dei suoi disperati tentativi di rialzarsi, della sua sublimità e delle sue bassezze, della ininterrotta altalena tra ennui e idéal, tra disgusto di sé, noia esistenziale da un lato e aspirazioni ideali dall'altro, sia la cronaca e l'epos insieme, l'analisi inclemente e la celebrazione commossa e pietosa. Diviso tra il bisogno di elevarsi e il bisogno di assaporare i forti liquori del peccato; attratto di volta in volta, talora al tempo stesso, e respinto dagli estremi - l'amore che invoca l'odio e se ne nutre - Baudelaire era in preda a una crudele ambivalenza affettiva. Il punto di partenza dal quale muovono tanti atteggiamenti del Poeta è la sua coscienza di esiliato, di angelo caduto e quindi di estraneità al mondo in cui vive. Questa coscienza di diversità ed estraneità approda o alla cupa accidia, a una stanchezza che è insieme disgusto o a un atteggiamento di rivolta cui subentra la frustrazione. -
Le buone novelle
Una silloge breve, dieci racconti ciascuno di poche pagine, una sorta di caleidoscopio in cui personaggi e vicende si susseguono rendendo varia e modulata la fruizione dei testi. Un viaggio attraverso situazioni diverse, talvolta paradossali, poetiche e assurde. Ingannevolmente semplici, caratterizzate da un tocco di lievità che ne ammorbidisce il lato agrodolce. Ecco allora l'imprevisto che scardina la routine di una banca, l'amarezza di un rigore mancato, il confronto amaro con chi vive una vita più dura della nostra, ai margini della società, il primo appuntamento a Ferragosto e il fascino intrigante di chi è semplicemente sé stesso, le tradizioni di famiglia, i cibi che ci ricordano eventi passati, i racconti padre-figlio e così via. -
Occhi di marrone
Terezín, città dell'illusione, accoglie, nella prima metà degli anni Quaranta del secolo breve, insieme a vecchi politici e pluridecorati militari, molti degli intellettuali dell'Europa occupata dal Terzo Reich che non potevano, per ovvie ragioni, scomparire tutti contemporaneamente agli occhi del mondo. Elemento comune: l'essere ebrei. In quest'ambiente, tra persone reali che aspettano un trasferimento a Est e avvenimenti documentati da testimonianze, si intrecciano le storie di vita di quattro personaggi verosimili: Tsvi, Dvora, suo padre e Zeev. L'inizio della storia fotografa Tsvi che cerca gli occhi di Dvora tra gli uomini e le donne che fanno parte di uno degli ultimi convogli che lasciano Terezín, prima della liberazione. Tsvi, a Terezín, non ha preso, due anni prima, il treno per Auschwitz, salvato da altri occhi. Dvora è giunta in quella che subito percepisce come falsa città ideale con il padre convinto invece di essere diventato proprietario di un appartamento in un'amena località di vacanza. Ragazza colta e dotata di una splendida voce, entra a far parte del coro che, sotto la guida autorevole del direttore Rafael Schächter, sta preparando il Requiem di Verdi, da rappresentare in occasione di una visita ufficiale di gerarchi. La loro storia di amicizia e di amore si intreccia inesorabilmente con la Storia. -
L' uomo in cammino
I versi si scapicollano fluidi, quasi volessero sfuggire allo struggimento sofferto del poeta, che ha tracciato su carta tutto ciò che non ha potuto gridare al mondo o non è riuscito a esprimere o a elaborare; in cerca di risposte, di giustizia, di libertà. Alla ricerca di se stesso. Lungo il cammino ci sono poche risposte e nessuna certezza. Se la poesia non può cambiare il mondo, l'uomo invece può fare la differenza cambiando se stesso, e, tutte le forme d'arte, compresa la poesia, possono facilitare l'individuo a porsi in ascolto, verso nuovi modi di pensare e di agire. -
Il ritorno. Confort woman
Su un palcoscenico scarno, aspro non-luogo rappresentazione del limite estremo della capacità di comprensione umana, avviene l'incontro di due personaggi dai connotati titanici. Un misterioso Custode vigila sulla soglia della dimensione insondabile in cui il passato storico si va a perdere, divenendo oblio: segreti paurosi sono celati appena al di là di un drappo. Su di lui, abbandonato in un compito inestinguibile e intollerabilmente impossibile da razionalizzare, aleggiano i tremendi fantasmi di verità troppo grandi per essere vedute. Egli trova la nota fondante dell'uomo lì dove crudeltà e libidine si fondono: suo vate è il Marchese de Sade. Il Custode si trova ad affrontare una Donna, che ha prestato la propria fibra di persona umana alla ricerca della verità sulla violenza che ha deturpato la storia del suo genere. La Donna esibisce su di sé e in sé la storicità di esso, le tracce dello strazio subito da tutte le donne di ogni epoca e luogo. Ciò che cerca non è vendicarsi, ma prestare soccorso a ciò che di più grave la violenza ha inferto, che non sono ferite psichiche o corporali, ma la perdita del primo segno fondamentale dell'umano: l'identità. La dimenticanza di essa è il perfetto suggello che il passato pone sul male. È un contatto di alienazioni, un dialogo di assoluti megalitici e drammatici quello che l'autore dispiega nelle pagine di ""Il ritorno. Confort woma""""n, opera complessa e spietata, che utilizza con proprietà l'impostazione teatrale che proietta il lettore lì, appena un passo fuori dal palco, ad appena un passo dalle proprie responsabilità.""