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Leonardo e Machiavelli. Vite incrociate
Urbino, giugno 1502: il trentatreenne Niccolò Machiavelli è stato inviato dalla Cancelleria fiorentina presso il giovane Cesare Borgia, celebre ormai per la forza, l'insolenza, l'audacia con cui si avvia a diventare il signore dell'Italia centrale, e che potrebbero fare di lui il ""principe dei tempi nuovi"""". Ma una terza persona si aggira nei meandri di Palazzo Ducale: Leonardo da Vinci, cinquantadue anni e una fama sconfinata, alla ricerca di un nuovo mecenate. Forse non sapremo mai di che cosa parlarono i due """"geni"""" fiorentini, ma sappiamo che non era la prima volta che si incontravano, e che non sarebbe stata l'ultima. È da qui che parte la sfida raccolta da Patrick Boucheron: come raccontare, da storico, una vicenda attestata solo da frammenti sparsi e sconnessi? Come dare coerenza al racconto senza nascondere le contraddizioni e i vuoti lasciati dal passato? Quali sono i confini tra una ricostruzione fondata sulle prove e l'interpretazione che può darne lo storico? Una manciata di documenti, esili tracce, echi disseminati qua e là, che pure si possono far dialogare, porre a confronto, illuminando le zone d'ombra, dando voce ad una muta conversazione, mettendo insieme l'intima connivenza tra due mondi, tra due sogni, tra due ambizioni. Di quei tempi instabili e inquieti, scorrono così sotto i nostri occhi immagini di guerre e congiure, gli intrighi della politica e i giochi della diplomazia, sotto la lente acuta e febbrile della scrittura di Machiavelli..."" -
Scrittura come immagine. Morfologia e storia della maiuscola liturgica bizantina
La maiuscola liturgica è una scrittura greca utilizzata nella produzione libraria bizantina fra i secoli IX e XI per trascrivere i lezionari dei Vangeli. In questo libro si propone una ricostruzione del suo processo genetico, con l'individuazione dei modelli grafici (librari e non-librari, come le scritture esposte e monumentali presenti negli affreschi, nei mosaici, nelle icone e in diversi oggetti di uso liturgico) che sono alla base delle sue forme più caratteristiche, e si descrivono le sue diverse articolazioni. Particolare attenzione è dedicata alla ricostruzione del contesto storico-culturale del IX secolo - in modo specifico la fase finale della contesa iconoclasta -, che ha permesso l'elaborazione di una determinata ideologia della scrittura, con la promozione di scelte estetiche volte all'esaltazione e al potenziamento della funzione figurale ed iconica del segno grafico. -
Lo spazio del collezionismo nello Stato di Milano (secoli XVII-XVIII)
La storia del collezionismo artistico, antiquario e scientifico nello Stato di Milano d'età spagnola e austriaca viene esaminata nei saggi del presente volume sotto il profilo particolare del rapporto con lo spazio: ossia nell'ottica della reciproca determinazione fra collezioni e ambiente. È un rapporto complesso e mutevole, segnato dal lungo passaggio dalla ""camera di meraviglie"""" al museo differenziato; privo soprattutto di definizioni di genere e invece attento all'equilibrio complessivo delle parti con un luogo sovente finalizzato a trasmettere al visitatore un'impressione complessiva, dall'eccesso di lusso al senso panico. Un particolare ruolo è giocato dalle rappresentazioni della natura: zoologia e botanica conferiscono un tono ecumenico allo spazio e relativizzano i limiti fra descrittivismo tradizionale e nuova scienza. Le grandi famiglie coinvolte (Borromeo, Visconti, Lunati, Verri, Monti, Omodei) permettono una lettura in falsariga di quella serrata dialettica politica della quale furono protagoniste e che ha nell'arte e nello spazio strumenti di inveramento, di educazione e di propaganda insostituibili, tali da determinare i successi consortili e gli stessi equilibri complessivi. Contributi di Beatrice Bolandrini, Bruno E. L. Cerabolini, Laura Facchin, Anna Elena Galli, Adriano Martinoli, Vittoria Orlandi Balzari, Andrea Spiriti, Marco Tarini."" -
La scrittura e i libri di Giovanni Boccaccio
Giovanni Boccaccio visse in un'epoca e in una società caratterizzate da un'ampia diffusione sociale della scrittura; di lui ci restano ben 34 autografi, tra cui un buon numero di codici integralmente di sua mano, in cui trascrisse sia opere proprie sia opere di autori antichi o a lui contemporanei. Il percorso di ricerca qui proposto ha come principale obiettivo l'esplorazione di tale complesso orizzonte grafico. Nella prima parte viene ripercorsa l'avventurosa stagione dei riconoscimenti degli autografi boccacceschi, iniziata nel secolo XIX e aperta ancora oggi a nuove scoperte. Quindi sono esaminate le diverse scritture adoperate dal Certaldese per la copia dei suoi manoscritti attraverso l'applicazione di un protocollo di analisi grafica che consente di ricostruirne le dinamiche evolutive. La seconda parte è dedicata al metodo di lavoro del Boccaccio copista, con particolare riferimento agli esemplari contenenti la ""Commedia"""" dantesca (trascritta per tre volte) e alla più antica diffusione del """"Decameron"""". Il confronto tra le caratteristiche materiali dei codici e i dati strettamente testuali mostra con chiarezza che egli scelse consapevolmente precise forme librarie, dando vita a vere e proprie edizioni d'autore, caratterizzate da soluzioni fortemente innovative e da strategie compositive raffinate e ricche di significato."" -
Un poeta alla corte dei papi. Bonaiuto da Casentino e Bonifacio VIII
Nel secolo XIII la curia pontificia accolse molti intellettuali, che composero poemi d'occasione su committenza di papi e cardinali: in questo fecondo ambiente culturale svetta Bonaiuto da Casentino, funzionario di curia che affiancò agli incarichi del proprio ufficio l'amore per le Muse. La sua produzione poetica, risalente alla fine del Duecento, comprende testi autobiografici ed elogi riservati a Bonifacio VIII e alla familia del pontefice (compresi gli epitaffi per alcuni parenti di papa Caetani). Poeta dalla fervida vocazione narrativa, Bonaiuto racconta nei suoi versi la pestilenza a Roma nella torrida estate del 1292, lo sgomento dei cardinali che ripararono a Rieti, il successivo ritorno nell'Urbe insanguinata da lotte dopo la morte di Niccolò IV. Dedica inoltre tre carmi festosi all'elezione e all'incoronazione di Bonifacio VIII. Affiorano gli aspetti più quotidiani della vita nella corte papale, in una sequenza per la purga e in un inno per un salasso praticati a Bonifacio VIII, indirizzati con una lettera al medico del pontefice: entrambi i componimenti sono corredati da notazione musicale. -
Signorie italiane e modelli monarchici. Secoli XIII-XIV
Una delle chiavi di lettura più fruttuose per analizzare l'avvento dei regimi signorili nelle città italiane è quella del contrasto fra il mandato popolare di cui molti domini inizialmente godevano e le ambizioni autocratiche di questi ultimi e delle loro famiglie, che li portarono spesso a travalicare gli originari limiti del loro potere in seno alle magistrature comunali. Spesso, per analizzare questo passaggio, si è fatto ricorso a categorie politiche contemporanee, senza considerare che i comuni italiani erano un'eccezione repubblicana in seno a un Occidente quasi uniformemente monarchico. La personalizzazione e la dinastizzazione dei domini signorili rappresentavano dunque una sorta di omologazione dell'Italia centro-settentrionale al più ampio quadro euromediterraneo. Attraverso l'analisi di una serie di esempi, questo volume vuole mettere in luce e approfondire proprio la perdurante influenza dei modelli e degli ideali monarchici nelle città italiane e l'uso che di questi modelli seppero fare i signori per consolidare e legittimare il loro governo. -
Tiranni e tirannide nel Trecento italiano
Nelle città comunali e signorili italiane riemerse drammaticamente nel corso del Trecento la questione della tirannide. La mutazione in senso autoritario dei poteri signorili stava allentandone i rapporti e il grado di consenso e di legittimazione con la comunità cittadina, disperdendo la capacità dei signori di interpretarne interessi e aspirazioni. La questione investì l'esercizio del potere anche nelle città guidate da governi comunali, soggetti anch'essi a degenerazioni in senso ""tirannico"""". Rapidamente si diffuse la percezione di un problema politico nuovo legato alle trasformazioni impetuose che, al di là delle configurazioni istituzionali, erano in atto nell'esercizio del governo cittadino. Le ricerche qui raccolte analizzano, in una varietà di approcci, l'ampio spettro delle percezioni e delle rappresentazioni che della tirannide furono elaborate nel corso del Trecento. Il volume costituisce un importante contributo al rinnovamento in atto negli studi sull'Italia delle città, emancipandolo dalle contrapposizioni tra un ipotetico mondo delle libertà politiche (il comune) e quello del dispotismo e della tirannide (la signoria), ed evidenziando semmai la complessa articolazione e la pluralità di soggetti che caratterizzavano lo spazio politico delle città italiane."" -
Cobles e lays, danses et bon saber
Aquest volum recull els treballs presentats al seminari internacional del projecte The Last Song of the Troubadours. Linguistic Codification and Construction of a Literary Canon in the Crown of Aragon, XIV-XVth Centuries (European Research Council, FP 7 2009-2013-240170), celebrat a la Universitat de Barcelona el 24 de maig del 2013. La poesia del corpus pres en consideració, escrita a Catalunya entre els segles XIV i XV, es caracteritza per una varietat formal que es manifesta sense trencaments en els temes ni en l'estil, encara arrelats a la fin'amor dels trobadors i al gènere que n'és la màxima expressió, la cançó. Per això, adoptant la perspectiva de la posteritat, es pren com a títol un conegut vers d'Ausiàs March, ""cobles e lays, danses e bon saber / lo dret d'Amor no poden conquerer"""" (Ja tots mos cants me plau metre en oblit). Allò que March deixa enrere és la poesia entesa com un exercici lligat al gai saber: uns gèneres, una mètrica, una dicció que són portadors d'una manera estilitzada de parlar de l'amor, i una llengua poètica que, des de l'època dels trobadors, s'associa al codi cortès."" -
Itinerario per la terraferma veneziana. Ediz. critica
Nella seconda metà del Quattrocento la Repubblica di Venezia era uno degli stati più potenti ed estesi d'Italia: la sua Terraferma comprendeva città e distretti tra i più ricchi, vivaci e popolosi della pianura padana e delle Alpi. Questi territori sono descritti con freschezza nel testo qui riproposto: un diario di viaggio che un testimone d'eccezione, il diciottenne Marino Sanudo (in seguito fra i maggiori storici e cronisti del suo tempo), redasse in volgare nel 1483-1484, dopo aver accompagnato un gruppo di alti magistrati veneziani nel loro tour d'ispezione della Terraferma (inclusa l'Istria) per accogliere le richieste di appello dei sudditi. Si tratta di una testimonianza di particolare interesse non solo storico, ma anche culturale e linguistico: una manifestazione importante della ""civiltà"""" veneziana colta in uno dei momenti più significativi della sua storia. Il volume comprende una serie di saggi introduttivi e il testo critico dell'""""Itinerario"""" accompagnato da un commento di G. M. Varanini. Contributi di A. Buonopane, A. Ciaralli, M. Knapton, J. E. Law, G. M. Varanini."" -
Dopo i testimoni. Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione razziale
La riflessione sul tramonto di un'era, l'era del testimone della Shoah, ha conosciuto un notevole e per certi versi inatteso sviluppo, che ha posto fine a una stagione durata circa mezzo secolo. Il volume nasce dall'esigenza di ridefinire i limiti delle narrazioni della deportazione e persecuzione razziale in un quadro comparativo europeo, con uno sguardo sui modi della rappresentazione oltreoceano e in Israele. Abbiamo tentato di aprire qualche finestra sui modi attraverso i quali la narrazione della Shoah è cambiata o sta cambiando, mossi dal desiderio di procedere per comparazioni fra diverse metodologie, ma anche fra diversi contesti nazionali. Nel Dizionario dei luoghi comuni di Flaubert alla voce Ebraico corrisponde un lemma nel quale si riflette un pregiudizio ancora diffuso ai nostri giorni: ""È ebraico tutto quello che non si capisce"""". Auspichiamo che i contributi raccolti in questo volume aiutino a sconfiggere questo radicato luogo comune. Contributi di M. Baiardi, G. Bensoussan, W. Benz, A. Cavaglion, E. Collotti, E. De Cristofaro, M. Ferretti, M. Flores, A. Foa, L. Fontana, G. Gabrielli, M. Giuliani, R.S.C. Gordon, E. Mazzini, A. Minerbi, E. Perra, V. Pisanty, E. Ruffini, A. Salah, M. Sarfatti, C. U. Schminck-Gustavus, G. Schwarz, A. Zargani, I. Zatelli."" -
Di generazione in generazione. Le italiane dall'Unità a oggi
Pensato come riflessione critica sul ruolo che le donne hanno avuto nel processo di costruzione dell'Italia unita come soggetti attivi e come proiezioni dell'immaginario collettivo, il volume è costruito secondo una sequenza di ""generazioni brevi"""", affrontate ciascuna attraverso un suo tratto caratterizzante, affiancando un quadro generale al profilo di una o più figure che ne hanno impersonato la specificità: Giannina Milli, Erminia Fuà Fusinato, Matilde Serao, Maria Montessori, Margherita Sarfatti, Nilde Iotti, Tina Anselmi, Carla Lonzi. Una articolazione per blocchi ventennali - le """"generazioni brevi"""" appunto - permette di rappresentare al meglio alcune scansioni di fondo della presenza delle donne in quanto soggetti ed emblemi del processo di nazionalizzazione: processo che, soprattutto sul fronte femminile, ha stentato a diventare di massa e che risulta fortemente segnato dalla tensione tra affermazione dei diritti (individuali e collettivi) e pratiche di controllo volte a modellare pensieri, progetti di vita, comportamenti delle donne e, con esse e attraverso di esse, di tutto il paese. Nell'ultima parte, attraverso un ventaglio di riflessioni, il volume dà voce alle contraddizioni in atto nel nuovo secolo, che valorizzano la soggettività delle giovani ma ne imbrigliano la proiezione sul futuro."" -
Italiani in Ghana. Storia e antropologia di una migrazione (1900-1946)
L'emigrazione degli italiani nell'Africa sub-sahariana fu un fenomeno che in Italia ebbe ben poca eco, mentre in Africa l'impatto fu significativo ed ebbe effetti persistenti. Questo volume, oltre ad avere un interesse nell'ambito degli studi sulla migrazione italiana nel mondo, consente di mettere in luce le contraddizioni e le ambiguità dell'esperienza coloniale. Le fratture interne alle comunità ""bianche"""" furono profonde, ma il razzismo e la discriminazione divennero il cemento di una solidarietà altrimenti estremamente volatile. Le costruzioni di genere furono parte attiva di questo complesso dispositivo di potere. I fenomeni migratori lasciano sempre un segno, più o meno duraturo, su entrambe le sponde del loro muoversi. In Italia i migranti riportarono le narrazioni dei loro successi e delle loro fatiche e i ricordi di un'Africa generosa ma ostile, affascinante ma pericolosa e in Africa lasciarono, oltre ai segni materiali del loro lavoro, alcuni figli, che qui trovano voce, per cui l'Italia è solo il nome di un paese europeo, un sogno da inseguire oppure quella percentuale di sangue che rende la loro pelle un po' più chiara."" -
L' Ungheria angioina
Mentre la popolazione europea era in grande fervore per il primo Giubileo indetto a Roma nel 1300, sul mare Adriatico tre navi provenienti dalla Puglia si dirigevano verso le rive della Dalmazia. A bordo un bambino di 11 anni con una ristretta scorta: Caroberto, nipote di Carlo II re di Sicilia, in viaggio verso l'Ungheria per concretizzare la pretesa al trono della famiglia e per prendere possesso del paese. Caroberto veniva incoronato re d'Ungheria col nome di Carlo I nel 1301: è da questa data che ha inizio il dominio quasi secolare della casata degli Angiò in Ungheria, ed è proprio grazie agli Angiò che in Italia durante il XIV secolo si sente parlare spesso degli Ungheresi. La memoria degli intensi e multiformi rapporti italo-ungheresi del XIV secolo non è tuttavia sempre ben conosciuta in Italia, e persino la letteratura scientifica relativa agli Angiò dedica poco spazio al ramo ungherese della dinastia o al suo dominio in Ungheria. Il presente volume intende dunque colmare questa evidente lacuna, offrendo al lettore le riflessioni degli studi più aggiornati in materia. I nove saggi del volume mirano a presentare le strutture istituzionali del Regno d'Ungheria durante la dominazione angioina. Le relazioni qui contenute toccano sia le istituzioni centrali di governo che quelle periferiche, le basi del potere reale così come quelle dei signori territoriali, ma anche i luoghi e i simboli più rappresentativi delle manifestazioni del potere. -
Il tesoro di un povero. Il memoriale di Francesco Bentaccordi, fiorentino in Provenza (1400 ca)
Francesco Bentaccordi, un oscuro fiorentino già portiere di un cardinale, morì nel 1425 nell'ospedale dei poveri di Carpentras, dopo un soggiorno provenzale di trent'anni; aveva perso tutto ma conservava ancora, racchiuso nel codice qui edito, un tesoro prezioso. Questo ""libro-biblioteca"""" scritto in mercantesca comprende, oltre a una pratica di mercatura, un centinaio di ricette (di vita quotidiana, mediche, magiche, metallurgiche e artistiche), problemi matematici e tavole di conto, descrizioni monetarie, ricordanze private, un itinerario transalpino, disegni di animali esotici e fantastici e qualche testo devozionale e letterario, tra cui spiccano opere di Dante e Petrarca. La collaborazione di specialisti di questi vari """"saperi"""" ha consentito di commentare il testo nella sua molteplice dimensione, per gettare luce sul sincretismo della cultura medievale, in particolare nelle sue forme tecniche e popolari."" -
Carta e penna. Piccolo glossario di paleografia
Che cos'è un palinsesto? Quando si definisce maiuscola una scrittura? Lo studente e il lettore curioso troveranno qui risposte a questi ed altri quesiti tecnici. Il volume si propone infatti come raccolta ragionata di termini e locuzioni della paleografia latina e di alcune discipline connesse, in particolare la codicologia. Ogni voce è articolata in concise e chiare spiegazioni, talvolta con brevi digressioni sulla storia del lemma, e segnala - ove necessari - rimandi ad altre voci ed approfondimenti. Di facile consultazione, la raccolta nasce dall'esigenza di disporre di un agile strumento di supporto allo studio della paleografia latina. -
Riccardo Lombardi. La giovinezza politica (1919-1949)
Attivista del Partito popolare all'età di diciotto anni, antifascista della prima ora, dirigente azionista e poi del Psi, ingegnere di professione, Riccardo Lombardi è stato spesso presentato come un socialista inquieto e una coscienza critica della sinistra. Basandosi su una documentazione a stampa e d'archivio in buona parte inedita, il volume ricostruisce il primo trentennio, sinora poco studiato, del suo impegno politico, dall'esordio nelle leghe ""bianche"""" della natia Sicilia durante i moti contadini del primo dopoguerra all'ingresso nel Partito socialista e alla sua prima esperienza come direttore dell'""""Avanti!"""" all'indomani della sconfitta del Fronte popolare nelle elezioni del 1948. Il rifiuto della mistica della guerra, la precoce considerazione del fascismo come reazione antipopolare, la critica alle dottrine economiche liberiste, la Resistenza come rivoluzione democratica e l'ostilità alla politica di collaborazione tra sinistre e partiti moderati nel secondo dopoguerra: sono questi alcuni dei temi che si ritrovano nella sua biografia e che risultano fondamentali anche per comprenderne l'operato nei decenni successivi, quando Lombardi diventerà un punto di riferimento per molti giovani alla ricerca di una nuova concezione del socialismo. Presentazione dell'Associazione Labour """"Riccardo Lombardi""""."" -
Un mare stretto e amaro. L'Adriatico, la Puglia e l'Albania (secc. XV-XVII)
L'Adriatico in età moderna è stato spesso visto nella sua dimensione veneziana e nei rapporti che la Serenissima intratteneva con le città dalmate e con l'Impero ottomano. Mentre Venezia regolava con la sua diplomazia e le sue flotte le relazioni con la Sublime Porta in quello che considerava il suo Golfo, nell'Adriatico meridionale e nelle zone litoranee pugliesi era in corso tra XV e XVII secolo una guerra fatta di continui sbarchi di turchi e corsari, provenienti dall'Albania, che mettevano a sacco città, masserie, monasteri e santuari. Torri e castelli furono eretti per proteggere le città, il territorio fu militarizzato, la nobiltà feudale e quella urbana furono impegnate in operazioni di contenimento della minaccia turca. In tali frangenti l'Albania, soprattutto la parte rimasta cristiana, fu vista dalle autorità ispano-napoletane come un baluardo contro i turchi e la Chiesa si impegnò in azioni che miravano a rafforzare quelle popolazioni nella loro fede, nella convinzione che, prima o poi, esse si sarebbero ribellate ai loro dominatori. Questo non avvenne, ma nei primi decenni del Novecento l'Italia unita, riscopertasi potenza adriatica, rivendicò un suo ruolo politico in Albania e nel 1939 riuscì a insediarsi nel paese delle aquile. Allora ritenne di aver vendicato gli ""oltraggi"""" subiti dalle popolazioni rivierasche pugliesi negli anni ormai lontani che erano seguiti al sacco di Otranto (1480)."" -
Un confine nel Mediterraneo. L'Adriatico orientale tra Italia e Slavia (1300-1900)
L'Adriatico orientale è una delle zone più complesse del Mediterraneo. Il libro propone una lettura di questo litorale: confine tra modelli di civiltà, frontiera tra Stati e religioni, un soggetto/oggetto storico di per sé ancora non compreso. Più nello specifico, si interpreta qui la faglia divisoria, il confine tra Italia e Slavia, intese come dimensioni linguistiche e di identificazione, che per secoli si sono sedimentate, confrontate e infine contrapposte sulle rive orientali dell'Adriatico. I confini orientali d'Italia sfumano tra le civiltà urbane vincolate a Venezia e l'entroterra montuoso, si confondono nella stessa Slavia adriatica, in una reciprocità che complica l'idea dello spazio culturale e nazionale omogeneo, sia italiano sia slavo. Sullo sfondo di una riflessione storiografica transnazionale, e con lo sguardo non circoscritto alle periodizzazioni tradizionali, il libro ripercorre le convivenze e le divisioni tra popolazioni, decostruisce l'idea stessa di confine, andando oltre i canoni delle storiografie coinvolte e le separazioni culturali ancora vive in queste terre mediterranee. -
The fifth century in Rome. Art, liturgy, patronage
The objective of this book is to draw attention to fifth-century Rome – to those hundred years which even today need to be looked at from different perspectives. It is a key moment, a border between worlds, far too important not to receive further attention. The studies, presented here together, aim to respond to new demands: the art object remains at the centre, but with a new search for its context. This context would be unthinkable without the key concept of co-existence – between popular and elite culture, popes and emperors, pagans and Christians. As well as between liturgy – necessary to the Christian world – and patronage – the intellectual project which stems from a cultural concept. Moreover, co-existence is crucial between the mindset of the Roman elites (the tradition inscribed in the city’s DNA), and new demands arising from this rich moment in the history of Rome. The fifth-century, studied in this book, is the moment in which future and past meet, and Antique and Christian coincide. An artistic moment with only one identifying feature: its incredibly rich complexity. With articles by Sible de Blaauw, Olof Brandt, Zuzana Frantová and Dale Kinney -
«El buen marinero». Psicologia politica e ideologia monarchica al tempo di Ferdinando I d'Aragona re di Napoli
Nel corso della seconda metà del Quattrocento la monarchia aragonese di Napoli, soprattutto durante il regno di Ferrante, attua una serie di importanti riforme in campo amministrativo, giudiziario, fiscale e militare, che portano ad esiti innovativi sul piano politico-istituzionale, avviando un processo di superamento del modello monarchico-feudale. Attraverso l'analisi della prassi di governo e della comunicazione politica, per le quali il secondo aragonese di Napoli si avvalse della preziosa collaborazione di intellettuali e giuristi, si individuano qui gli elementi ideologici che ne sono il presupposto e nello stesso tempo il risultato. L'idea, in altri termini, è di ricongiungere, a partire dallo studio della ""meccanica"""" del potere, i concetti di teoria e pratica politica, per coglierne le reciproche influenze e superare così un approccio troppo spesso teso a riconoscere, nella prima, la rigida custode degli ideali della sovranità e, nella seconda, lo spazio in cui il potere del principe si esprime liberamente. I due campi si ricongiungeranno più tardi, nel secolo della Ragion di Stato, chiarendo l'ideologia che muove l'azione dei prìncipi, ma l'alto grado di consapevolezza giuridica ed etica delle prerogative sovrane, manifestato dai monarchi aragonesi nell'attuazione della loro azione, e l'uso delle più spregiudicate e raffinate strategie politiche consentono di cogliere i tratti genetici di quella sutura.""