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Allergia (1952-1962)
«Sia resa gloria all'editore Giometti & Antonello che rimanda in libreria Massimo Ferretti, rompendo decenni di oblio con questo meraviglioso volume» – Il Venerdìrn«Torna l'opera più significativa di un autore naturalmente fuori dagli schemi» – Il Giornalern«Un poeta da riscoprire» – Le parole e le cosern«La notorietà in vita di Massimo Ferretti (Chiaravalle 1935 - Roma 1974) è legata alla pubblicazione della sua unica raccolta poetica, Allergia, la cui versione definitiva vede la luce nel 1963 per l'editore Garzanti e arriva a vincere il Premio Viareggio ""Opera prima"""". Pubblicherà anche due romanzi, Rodrigo per Garzanti nel 1963 e Il gazzarra per Feltrinelli nel 1965, prima di abbandonare deluso la scena letteraria e rilevare l'attività commerciale del padre. Canzoniere crepuscolare e irrequieto di piccole vicende marginali di vita privata - dalle tragicomiche cronistorie familiari, sempre al limine tra parodia del poemetto storico e vocazione alla ballata, ai tableaux di ilare disperazione di una vita universitaria cui si sente fisiologicamente ostile, dall'isolamento marchigiano ai deserti delle relazioni culturali a Roma cui partecipa da estraneo - Bildungsroman auto-ironico e sentimentale """"di un adolescente che diventa uom"""" e infine scrittore, Allergia è la storia di una irriducibilità assoluta e irredimibile della vita poetica a qualsiasi norma umana o letteraria.» (Dalla Nota degli editori)"" -
Epistolario. Lettere a Nadja e agli altri (1907-1938)
«Leggere l'Epistolario. Lettere a Nadjia e agli altri di Osip Mandel'stam fa bene. E tormenta. Con microscopico cinismo, il regime sovietico soffoca il poeta; non lo sfida, colpisce ai lati, con spudorata crudeltà». - - Davide Brullo, il Giornalern«Mandel'stam racconta il suo inferno quotidiano ma anche la tenacia di un intellettuale che rifiutò di farsi addomesticare» - Robinson«Questi testi - con poche eccezioni - non erano stati pensati per la pubblicazione: è una scrittura ""parlata"""", intima, fatta di omissioni, sottintesi, che prosegue conversazioni lasciate a metà, riempie assenze durante lontananze forzate. Nella loro immediatezza, mentre scandiscono la marcia verso una fine che a un certo momento pare inesorabile, ci permettono di seguire da vicino gli umori di Mandel'stam, il suo difficile quotidiano, fatto di traduzioni e altri lavoretti, sempre in bilico per la sopravvivenza. E la tragicità di un quotidiano ben riconosciuta da Pasolini, quando scrive: """"Ciò che è tragico - più che la sua lotta accanita e prudente contro Stalin - è il suo cercare di accontentarsi, i suoi poveri movimenti di accomodamento, i suoi lavoretti editoriali, i suoi viaggi e le sue sistemazioni - che gli sembrano così felici - in qualche calmo appartamento di Mosca. [...] Annaspando nel limbo della vita - che era poi la non-vita di chi accettasse la dittatura di Stalin - Mandel'stam ha vissuto dunque una vita irreale, per cui non esisteva soluzione"""". Le lettere ci conducono sulle tracce di questa """"vita irreale"""", pagina dopo pagina, giorno dopo giorno, aprendo nuovi spiragli, integrando prospettive, svelando un lato nuovo del poeta, meno mitico e meno monolitico...» (Dall'Introduzione di Maria Gatti Racah)"" -
L' altra voce. Lettere 1955-1972
Le lettere qui incluse ricoprono l'intero arco della «vita poetica» di Alejandra Pizarnik. Nata a Buenos Aires il 29 aprile 1936, secondogenita di una famiglia di ebrei russi emigrata in Argentina, Pizarnik è oggi considerata una delle voci più significative e originali della letteratura sudamericana del Novecento. Studiò giornalismo e filosofia presso la Facoltà di Lettere di Buenos Aires, senza mai laurearsi ma instaurando sin da giovanissima una precoce rete di relazioni letterarie con i più influenti poeti argentini della sua epoca. Pubblicò il suo primo libro di poesia nel 1955, a 19 anni. Tra il 1960 e il 1964 si trasferì a Parigi, dove lavorò per alcune importanti riviste letterarie come traduttrice e saggista. Pur lamentando difficoltà nel sostentamento, continua gli studi presso l'Università della Sorbona, ma soprattutto continua a scrivere e frequenta gli ambienti culturali parigini, stringendo nuove amicizie testimoniate in questo epistolario. Per un breve periodo visse anche a New York, città verso cui non riuscì mai a superare una radicale diffidenza. Al suo ritorno in Argentina, ormai nota poetessa, pubblicò le sue opere più importanti come ""Extracción de la piedra de locura"""" (1968) e """"El infierno musical"""" (1971). Il suo valore è stato riconosciuto con l'assegnazione delle borse di studio Guggenheim (1969) e Fullbright (1971). Gli ultimi anni della sua vita sono stati segnati da gravi crisi depressive che l'hanno portata a tentare il suicidio in diverse occasioni. Trascorse i suoi ultimi mesi in un centro psichiatrico di Buenos Aires. Il 25 settembre 1972, nel corso di un fine settimana di permesso che trascorse in casa, concluse la sua vita con un sovradosaggio di sodio seconale. Aveva 36 anni. Questo epistolario, nel ripercorrere tutte le tappe della vicenda biografica «alejandrina» è anche la storia di un'iniziazione all'altra voce della scrittura poetica."" -
Orbis pictus. Scritti sulla letteratura infantile
Gli scritti qui raccolti sono concentrati su un versante assai specifico dell'autore, che fu un vorace collezionista di libri antichi per l'infanzia e non solo - passione ereditata dal padre antiquario e dalla madre che disponeva di una ricca biblioteca di famiglia, e dalla moglie appassionata di libri per bambini. Oltre a penetrare come solo Benjamin sa fare l'intima natura del collezionista e del bibliofilo, questi scritti riflettono in maniera ancora oggi illuminante sul mondo della fiaba e dell'infanzia - e del suo rapporto con i libri. Chiude il volume un lista dettagliata dei volumi per bambini spesso rarissimi contenuti nella biblioteca di Benjamin. -
Il gioco della guerra
Questo è il racconto/resoconto di una partita al Kriegspiel, ovvero al Gioco della Guerra. I due autori non sono che i due avversari che l'hanno giocata. Per capire le regole e lo spirito del gioco, occorre consultare i materiali riportati in appendice. Per sperimentare una partita vera e propria, si può ottenere lo «scacchiere» del gioco rovesciando la sovraccoperta del libro. Con pedine. -
Il ladro. Novelle
Apparsa postuma nel 1913, un anno dopo la scomparsa del suo autore, ma ideata assieme all'editore Ernst Rowolth (socio di Kurt Wolff) sin dal 1911, questa raccolta di sette novelle si inserisce a pieno titolo nella bibliografia poetica di Georg Heym (Hirschberg 1887 - Berlino 1912), tra i principali esponenti, accanto a Georg Trakl e a Gottfried Benn, della poesia espressionista in lingua tedesca del primo Novecento. ""Il cinque ottobre"""", """"Il pazzo"""", """"La dissezione"""", """"Gionata"""", """"La nave"""", """"Un pomeriggio"""" e """"Il ladro"""" sono i sette tasselli che compongono questo polittico sacro e profano, alla Otto Dix, animato dalle impure vicende di santi e neofiti della dissoluzione storica. Come in una dissolvenza tra due epoche si mischiano e distorcono nei racconti di Heym timbri e immaginari incongrui, in una sorta di Requiem della civiltà europea in cui il voyage verso l'inconnu della cultura simbolista si fa naufragio verso isole di orrore, l'ebbrezza diventa «il tormento di aspettare l'ignoto» e il bateau ivre di Arthur Rimbaud si arena su battigie infette intarsiate di topi e cadaveri. Erede naturale di Georg Büchner, come un Woyzeck alle porte della grande guerra, Georg Heym attraversa le lande della cultura gotica e simbolista del XIX secolo, da Edgar Allan Poe ai poeti del decadentismo francese, battezzando con nette pennellate di gravida materia l'arte nuova del Novecento. Postfazione di Paolo Chiarini."" -
Il poeta e l'indicibile
«Scritti superbi, rari, perfetto. Un libro che d'indicibile ha solo la sua bellezza» - Marco Filoni, il Venerdì«Esistere nel senso più semplice – come se, contemporaneamente, tutto ci capitasse per la prima volta, ci sorprendesse come un miracolo, e nondimeno fossimo con tutto straordinariamente familiari; abbracciando nel sentimento noi stessi, il mondo e il destino – esistere in questo senso semplicissimo, questo forse cerchiamo, ma allo stesso tempo la via d’accesso al vivere genuino ci è preclusa, irretiti e isolati come siamo. Tutto ciò è cosa del poeta; egli lo fa, ma in forza dell’effetto poetico lo fa in modo che per mezzo di lui e con lui lo facciamo noi, e sebbene noi distinguiamo poesia e vita, e per nessuna delle nostre attività abbiamo bisogno del poeta, pure resta la domanda se, nel senso più proprio, senza di lui sapremmo vivere.»rnrnrn«Che cos’è – nella prospettiva che qui ci interessa – un gesto? Basta scorrere il saggio su Kleist che apre la presente raccolta per misurare la centralità e la complessità del tema del gesto nel pensiero di Kommerell, e la decisione con cui egli riconduce ogni volta l’intenzione ultima dell’opera in questa sfera. Il gesto non è un elemento assolutamente non-linguistico, ma qualcosa che sta col linguaggio nel rapporto più intimo e, innanzitutto, una forza operante nella lingua stessa, più antica e originaria dell’espressione concettuale: gesto linguistico (Sprachgebärde) definisce Kommerell quello strato del linguaggio che non si esaurisce nella comunicazione e lo coglie, per così dire, nei suoi momenti solitari. [...] Se questo è vero, se la parola è il gesto originario, allora ciò che è in questione nel gesto non è tanto un contenuto prelinguistico, quanto per così dire, l’altra faccia del linguaggio, il mutismo insito nello stesso esser parlante dell’uomo, il suo dimorare, senza parole, nella lingua. E, quanto più l’uomo ha linguaggio, tanto più forte è, perciò, in lui il peso dell’indicibile, finché nel poeta, che è, fra i parlanti, colui che ha più parole, “l’accennare e il far segni si stremano e ne nasce qualcosa di corrosivo: la furia per la parola.”» -
Veronica, i gaspi e monsignore
Con la pubblicazione del romanzo ""Veronica, i gaspi e Monsignore"""" completiamo la restituzione al lettore italiano dell'opera di Marcello Barlocco, che avevamo iniziato con la serie di racconti radunati nel volume """"Un negro voleva Iole"""". Uscito per la prima volta nel 1953, questo romanzo conferma l'originalità, anzi l'assoluta unicità dell'autore nel panorama letterario italiano. Qui il suo peculiare modo di narrare, che unisce in una miscela inaudita secchezza oggettiva, quasi un pragmatismo espressivo, a elementi visionari e allucinatori che spesso sfociano nel comico e nel grottesco, si concentra su elementi palesemente autobiografici. Tutti i personaggi, dal farmacista ritiratosi in un piccolo borgo rurale per cercare vanamente di domare i propri fantasmi interiori, all'avventuriera di ritorno dall'Australia che terremota l'immobile atmosfera del paese, dal veterinario angosciato dalle bestie allo psichiatra che rinuncia al proprio senno, vivono in una dimensione limbale, quasi astorica, dove la posta in gioco di ogni parola o azione rasenta spesso il confine dell'assurdo senza tuttavia mai varcarlo completamente. Anche qui Barlocco si rivela, come è stato scritto, «uno scrittore nel fango, un lanciatore di coltelli nella cristalleria dei letterati italici.»"" -
Bebuquin, o i dilettanti del miracolo. Testo tedesco a fronte
Giorgio Bebuquin è un giovane letterato in pieno naufragio esistenziale che di capitolo in capitolo svolge una labirintica avventura urbana, in dialogo a volte filosofico, altre volte onirico o grottesco con diversi personaggi della notte: ballerine circensi, avventori di bar, uomini, donne, ombre e persino Dio. Bebuquin è alla ricerca di un miracolo che trasfiguri la realtà automatica del mondo, i meccanismi della vita e del pensiero. In questa galleria di incontro surreali si sviluppa un vero e proprio «manifesto» che trasformerà inesorabilmente le sorti della letteratura, da rappresentazione della realtà a sfida contro di essa. -
Lettere. 1831-1837
Nato a Goddelau, vicino a Darmstadt, nel 1813 e morto a Zurigo di febbre tifoide nel 1837 all'età di soli 24 anni, Georg Büchner, con le sue poche opere - alcune delle quali, forse le maggiori, sono rimaste incompiute - è arrivato a imporsi in tutto il Novecento come una voce di potenza inaudita della letteratura universale e ancora oggi continua a sconcertare i lettori per la sua modernità. La morte di Danton, il Woyzeck, il Lenz conoscono un gran numero di messe in scena teatrali, cinematografiche e anche trasposizioni musicali. La sua formazione non fu da letterato classico ma da scienziato (in particolare nell'ambito della zoologia), ma la sua breve vita fu caratterizzata dalla partecipazione ai fermenti politici di quel periodo che divampavano in varie zone della Germania, cosa che lo costrinse alla fuga dall'Assia a Strasburgo - da cui poi si trasferì a Zurigo dove si laureò e tenne un corso di «dimostrazioni zootecniche» (che comportava il contatto con sostanze che furono forse la causa della malattia che lo condusse alla morte). La sua vita e i suoi scritti contengono dunque una forza embrionale capace di investire almeno i due secoli successivi. E queste lettere - il cui corpus è una selezione postuma in cui prevale l'accento sui temi politici e sulla caratterizzazione antropologica - sprigionano in ogni riga la forza di una personalità che in un tempo brevissimo è riuscita a impossessarsi di un grande futuro. -
Quando la casa brucia
Quale casa sta bruciando? Il paese dove vivi o l'Europa o il mondo intero? «Una raccolta lirica di pensieri da tenere sul comodino» - il GiornalernForse le case, le città sono già bruciate, non sappiamo da quanto tempo, in un unico immenso rogo, che abbiamo finto di non vedere. Di alcune restano solo dei pezzi di muro, una parete affrescata, un lembo del tetto, dei nomi, moltissimi nomi, già morsi dal fuoco. E, tuttavia, li ricopriamo così accuratamente con intonachi bianchi e parole mendaci, che sembrano intatti. Viviamo in case, in città arse da cima a fondo come se stessero ancora in piedi, la gente finge di abitarci ed esce per strada mascherata fra le rovine quasi fossero ancora i familiari rioni di un tempo. E ora la fiamma ha cambiato forma e natura, si è fatta digitale, invisibile e fredda, ma proprio per questo è ancora più vicina, ci sta addosso e circonda in ogni istante. -
Stelle tardive. Versi e prosa. Vol. 2: Album di immagini inedite e poesie disperse.
«Un poliedrico album che va dal 1928 agli ultimi versi scritti in assoluto, nel 1981» - RobinsonrnIl volume contiene una selezione di poesie disperse, mai uscite nei libri pubblicati in vita dal suo autore, in cui il poeta canta la durezza del tempo e delle stagioni, l'esperienza della guerra, la memoria della giovinezza e il tema dello specchio e dello sdoppiamento che darà poi il titolo al celebre film Lo specchio, che il figlio Andrej dedicherà proprio al padre e alla sua poesia. -
L' arte dell'ebbrezza
La storia dell'ebbrezza è la storia di una fascinazione che ha sempre oscillato tra l'esaltazione romantica e la condanna scandalizzata. Eppure sono numerosi coloro che, in tutti i tempi e in tutte le culture, hanno rifiutato tale dicotomia per interrogarsi sugli effetti reali dell'alcool e sui poteri insospettabili che nasconde. rn«Nel libro di de Sutter non c'è nessun elogio del soggetto ebbro, nessuna retorica del bere come esaltazione del soggetto sregolato. Se l'io è il soggetto sono le istanze poliziesche di controllo della vita, l'arte dell'ebbrezza è una sorta di raffinatissima arte marziale che spinge al superamento di queste istanze e mette il corpo in contatto con il principio della potenza vitale» - Simone Regazzoni, TuttolibriDalla Baghdad del IX secolo alla New York del XX secolo, dalla Francia medievale al Giappone dell'era Meiji, poeti, filosofi, scrittori, alchimisti e semplici bevitori hanno esplorato, in modo spesso vacillante e brillo, le conseguenze dell'ubriachezza nel campo dell'arte e in quello della scienza, in quello della politica e in quello della morale - fino a sondare il campo stesso dell'essere. Camminando in compagnia di Abû Nûwas, Nakae Chômin, Rabelais, Dorothy Parker, Zhang Xu e molti altri, Laurent de Sutter propone un viaggio conoscitivo attraverso le trasformazioni offerte dall'ebbrezza, alla ricerca di una nuova verità, che non si regga in piedi se non sbandando: una verità ubriaca, che metta in ridicolo il millenario regime poliziesco della sobrietà. -
Quaderni della Kolyma. Poesie (1937-1956). Testo russo a fronte
Varlam Salamov è stato e rimarrà, forse persino suo malgrado, l'inflessibile «cantore» delle purghe staliniane. Per Aleksandr Solzenycin, premio Nobel, egli fu una voce inconfondibile nel narrare il Gulag, testato sulla sua pelle nelle misure più estreme. Come Primo Levi, che fu lettore entusiasta di Salamov, egli narra un'esperienza che scandaglia l'uomo nel momento di più radicale nudità. Contrariamente all'opera narrativa dei Racconti della Kolyma, tradotta in tutto il mondo, l'opera in versi dell'autore è poco nota fuori dal suolo russo. Sono poesie mandate a memoria durante il confino, per poi essere scritte solo anni dopo. Sono poesie che sconcertano per il tono. La degradazione umana del campo è uno sfondo quasi impercettibile. Il male inflitto non funge da tema del canto. Nella sua estrema precisione enunciativa, senza orpelli, ebbe già in Boris Pasternak un sodale ed estimatore. Una poesia nata ed intrisa nelle regioni abissali del Nord sovietico, nel settentrione profondo, confine della provincia umana. Nella fauna e flora più recondite di queste pagine un dettaglio cardine regna: il ghiaccio. Salamov non è mai immemore che l'inferno è una pozza artica. Il poeta è in perenne ascolto di ogni movimento della tajga: in comunanza di spirito coi fiumi congelati, la notte, il silenzio, l'animale e il fiore, nelle stagioni di transito. -
La spina dorsale. Poesie (2009-2017)
« ...Danni è sempre stato un vero ladro dei grandi testi poetici, nel senso che li assimilava, li ruminava e li digeriva, con umiltà ma mai con spirito epigonale: mi piace pensarlo come una sorta di macina, di quelle antiche dei mulini ormai diroccati e scomparsi, capace di dare ancora quella meravigliosa crusca scura, ruvida e povera, ma consistente e per nulla addomesticata alle regole di ""purezza"""" che il mercato ci vende come """"naturali"""". E perché la poesia, per Danni, è essenziale come il cibo, povera come il pane nero, pericolosa come un impiastro d'erbe sconosciute, che non sai mai se faccia bene o male o, meglio, sai benissimo, per esperienza diretta, sulla pelle, e quindi tattile, che le due cose non possono essere mai separate». (Dalla Prefazione di Andrea Ponso)"" -
Lenz
Apparso postumo nel 1839 - il suo autore era scomparso due anni prima, appena ventiquattrenne - il ""Lenz"""" è con tutta probabilità il frammento di un testo più ampio rimasto incompiuto e l'unico racconto di uno scrittore forse più noto per la sua produzione teatrale: """"La morte di Danton"""", """"Leonce e Lena"""" e quel """"Woyzech"""" che ispirerà fra gli altri Alban Berg e gli Espressionisti. Anche qui, come negli altri suoi lavori, Büchner si basa su un fatto storico concreto, l'insorgenza della follia nel poeta del primo Romanticismo Jakob Michael Reinhold Lenz, amico e rivale di Goethe ed anima dello Sturm und Drang. Nel bicentenario dalla nascita dello scrittore e quale primo lavoro di una casa editrice nascente, la scelta del """"Lenz"""", considerato da alcuni come un possibile esordio della modernità letteraria, vuole essere un paradigma sul quale basare scelte editoriali per un futuro catalogo, eleggendo il frammento e l'incompiutezza - stile e storia dell'anti-opera - quali segni distintivi della letteratura a venire. Corredano la novella, qui presentata nella storica versione di Alberto Spaini assieme a inedite illustrazioni fatte per l'occasione, i discorsi pronunciati da Gottfried Benn e Martin Walser per il conferimento del più importante premio letterario tedesco, significativamente intitolato a Büchner."" -
I miei giorni con Giacometti
Isaku Yanaihara (1918-1989) è stato un filosofo e critico d'arte giapponese (famoso in patria, fra l'altro, per aver importato le opere dell'esistenzialismo francese). Nel 1954 si trovava a Parigi con una borsa di studio, e lì iniziò a frequentare un folto numero di artisti, pensatori e scrittori, tra cui Alberto Giacometti, con il quale arriverà a stringere un forte e duraturo legame. Dal 1956 Yanaihara inizia a posare per il famoso artista; dal 1957 al 1961 essi si incontrano tutte le estati e durante tutto il tempo passato insieme Giacometti continua a lavorare, in maniera quasi maniacale, al ritratto dell'amico giapponese. Questo libro è il racconto di questa lunga frequentazione, da cui esce fuori uno dei ritratti più vividi e intensi che sia mai stato scritto sulla personalità, l'arte e il pensiero di Alberto Giacometti. -
Nudità
Nel saggio che sta al centro di questa raccolta di scritti inediti venuti alla luce solo pochi anni fa, Adolf Loos - universalmente celebrato come maestro di stile e di eleganza nei campi dell'architettura, della moda e del design - si concentra su un tema radicale: il significato della nudità nella sua epoca e in ogni epoca, nella sua cultura e in ogni cultura, trattando l'argomento con arguzia e ironia, ma anche con profondità. Fra gli altri scritti, che si dedicano a tutti i temi cari a Loos, dalla città all'abbigliamento, ce n'è anche uno che interesserà tutti gli appassionati di arte, una intensa disamina dell'arte del suo amico Gustav Klimt. -
Birds
"Birds"""" è un testo di ecologia culturale, una mappa di poesie che mette in risalto, attraverso la figura degli uccelli, le connessioni tra la biologia e il linguaggio simbolico che ci spingono ad uscire dall'antropocentrismo. Usando le sinapsi della metamorfosi che accomunano la letteratura alla vita cellulare, esplora un nuovo racconto universale dell'ambiente che intercetti un bisogno reale dell'epoca in cui viviamo, la sua esigenza di un nuovo equilibrio risanante. Insomma, è un libro «integrante», che a partire da un sommovimento del sistema di attribuzione della fauna naturale di Linneo, riformula l'impulso Lucreziano verso le aggregazioni multiple e le risonanze aeree che compongono l'universo. Così facendo, in un percorso che tocca cinque possibili aree ornitologiche ( «Segni», «Funzioni», «Cielo», «Origine», e «Il popolo migratore» ), ci porta alle soglie della complessità del vivente che ci agisce, nell'infinito vortice di materie e pensiero a cui facciamo capo." -
Parmenides remastered. Ediz. italiana
Il poema Sulla natura del filosofo greco Parmenide di Elea (v Secolo a.C.), giunto fino a noi solo in 19 frammenti, non solo è un testo di riferimento per l'intera cultura greca, ma coinvolge i fondamenti di tutta la filosofia occidentale, tanto che nel '90o ha dato spunto a innumerevoli considerazioni, in particolare da parte di quei filosofi che si sono confrontati con i temi primari dell'essere, la verità, l'apparenza, l'uno, il tutto, il molteplice ecc. Nanni Cagnone, a quanto dice, percepisce questo testo come «un ostacolo, un fondamentale assillo» con cui è inevitabile fare i conti ma da cui prendere, quando occorre, le distanze. Quella che Cagnone ci propone qui, è una traduzione in senso molto ampio, che riassume i vari sensi che ha avuto questo termine nella tradizione ma al contempo li amplia in una direzione probabilmente inedita. Si ha dunque il corpo a corpo con il testo originale, che poi si fa commentario stringente e spesso irriverente, per poi trasformarsi in verso autonomo. La gerarchia tipografica tra testo e commento si mescola, i frammenti vengono montati in un ordine estraneo alla consequenzialità filologica, ma suggestivo in chiarezza, e tutto si fa materia del pensiero. Conscio della distanza anche di visione che lo separa da questo filosofo delle origini, una volta compiuta quella che definisce nulla più che «una comprovata esperienza di un lettore», Cagnone si congeda da Parmenide come da un duello in cui si è compiuto qualcosa di decisivo riguardo a ciò che noi chiamiamo pensiero, linguaggio e verità.