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Raudo e i cuori nel caffè
Ennio è un cantautore con una sola canzone: Il cane dell’appartamento, un brano ispirato a Raudo, il suo poco attraente amico a quattro zampe. Lo ha adottato insieme a V., suo grande e unico amore, che però ora lo ha lasciato per rifarsi una vita e non una qualunque: è diventata un’attrice di cinema, con nuovi amici e, forse, un nuovo fidanzato. Per Ennio non c’è altro da fare che sforzarsi di dimenticarla ma il suo temperamento malinconico non aiuta, e Torino disseminata di ricordi ancora meno: i pezzi della sua relazione finita se li ritrova sparsi nei bar, nei cinema, nei teatri, sui marciapiedi e persino tra le maglie del tappeto del salotto. Perseguitato da scene struggenti del passato, rampognato da Sandrino, il suo vicino di casa ex scassinatore e improbabile mentore, corteggiato ma non abbastanza da Lea, graziosa ristoratrice vegana, Ennio vede un’unica via di salvezza: scrivere un’altra hit che lo renda famoso e lanciarsi in una carriera da trapper. Potrebbe essere il modo per riconquistare V. Oppure potrebbe essere la ricetta del disastro.rnA rendere indimenticabili Ennio, il suo difettoso cane Raudo e le loro mille disavventure non è solo il ritmo inarrestabile della narrazione o il fascino di una Torino ricca di atmosfera: è sentire, a ogni pagina, che la loro storia appartiene pienamente a chi la legge. Perché questa commedia romantica dolce-rnamara, divertente e vera ha il sapore delle nostre giornate più memorabili, degli amori che abbiamo attraversato e perduto, della speranza e della dolcezza di quelli che iniziano -
I fantasmi si vestono nudi
Non c’è nebbia, stanotte. Il portico di San Luca è un gioco di luci e di ombre sinuoso e percorso dall’eco di una processione: a quest’ora?rnStrano. Santo, diciassette anni, affronta a piedi la ripida salita che conduce alla basilica sul Colle della Guardia: muto, pensieroso, deluso da come sta andando la sua vita. Sogna di fare il ciclista ma, per ora, l’amico ed ex compagno partigiano di suo padre, Arci, gli ha rimediato un lavoro da apprendista tipografo. Che gli sta stretto ancora prima di cominciarlo e che – anche se ancora non lo sa – presto lo metterà pure nei guai con la giustizia. Ma proprio in questa notte dubbiosa e insoddisfatta, il destino ha in serbo per Santo una sorpresa: fermandosi per riprendere fiato, infatti, incontra Crisantemia, una ragazza bella, dolce, bionda... e nuda. E morta. Quando? Una decina di anni prima, nel 1945, mancavano appena poche ore alla Liberazione di Bologna. Dove? Lì, nell’orfanotrofio che si trova sulla curva non per niente detta «delle Orfanelle». Come? Lei non lo ricorda, ma è stata una morte violenta. rnSanto si ritrova così nelle insolite vesti di indagatore, con grande preoccupazione di sua madre vedova e del suo amico Biella. Il compagno Arci, invece, è disposto a dargli una mano, anche se non è tanto disposto a credere che si sia fidanzato con una ragazza defunta. -
Un cuore pensante. Diario di un'anima inquieta
Una bambina che avrebbe voluto avere un nome maschile, ma che infine arriva a riconciliarsi con il suo, Susanna. Una ragazzina che sbatteva le braccia nel tentativo di volare, ma che si sentiva anche legata alla terra, ai suoi ritmi, alle sue creature. Una donna che si è impegnata a fondo nello studio del mondo naturale, della realtà, ma che considera la spiritualità una sostanza irrinunciabile dell’essere umano. Questo movimento circolare di ribellione e accettazione, di indagine dell’esistente e tensione verso l’ineffabile, percorre tutta la vita raccontata tra aneddoti e riflessioni, con ironia, acume e dolcezza, in queste pagine. La vita è quella dell’autrice ma è anche quella di tutti noi, che ci sentiamo ogni giorno costretti a indossare una maschera, pieni di interrogativi e tormentati dalle amarezze, bisognosi di un conforto e di una guida che spesso cerchiamo nei luoghi sbagliati. Ma siamo anche capaci di grandi gesti di perdono e di pace, possiamo cogliere l’infinito in un panorama di montagna e siamo in grado di compiere il cammino impervio della verità.rn«Tra i sentimenti, il mio prediletto era la gentilezza» scrive Tamaro, e in un’epoca che di gentilezza sembra offrirne ben poca è più attuale che mai questa storia delicata e potente. -
L'impero americano. Storia della politica estera USA da Panama all'Ucrainia
Gli Stati Uniti sono (ancora) un impero? Il termine giusto per comprendere la loro politica estera è forse un altro: «eccezionalismo ». Esiste infatti una tradizione storica, politica e culturale che considera l’America il faro del mondo occidentale, quasi intitolata per natura a giocare un ruolo di guida e di primo piano rispetto al resto del mondo. È un’idea che prende forma già ne La democrazia in America di Alexis de Tocqueville a metà Ottocento e che evolve in modo alterno fino ad oggi. È una sorta di sentimento di superiorità morale e culturale, una giustificazione per continuare ad allargare la propria sfera d’influenza e a proteggere gli altri Paesi quasi fosse un dovere.rnEd è lo spirito che ha guidato le varie amministrazioni da George Washington a Joe Biden nelle loro azioni al di fuori dei confini nazionali, dall’affaire di Panama fino alla guerra in Ucraina (passando per due guerre mondiali). Uno spirito da indagare se si vuole capire fino in fondo perché, ancora oggi, in molte parti del mondo la parola America rappresenti, più che una Nazione, un’idea. -
Imperium. Il potere dell'antica Roma ai moderni modelli politici
Da una parte la virtus, il valore militare, dall’altra la fortuna, il caso: due elementi apparentemente incompatibili che pure, grazie alla potenza di Roma, si unirono andando a formare quell’impero che, tra il 60 e il 90 d.C, il greco Plutarco definì in uno scritto retorico «la più bella delle opere umane ». Certo, l’Impero romano fu una costruzione politica ed economica complessa quanto vasta: Virgilio e gli altri autori augustei non esageravano quando facevano coincidere il mondo conosciuto con il territorio controllato dal popolo romano e dal suo princeps — detto anche imperator in quanto comandante supremo — uno spazio percorso da popoli assai differenti tra loro e diversamente assoggettati. Questa esperienza politica, per lungo tempo vincente, avrebbe lasciato il segno al punto da venire richiamata, molti secoli dopo, in contesti del tutto avulsi dall’originale quali il colonialismo britannico, l’imperialismo americano, o anche l’impero coloniale italiano. Riproponendo in positivo o in negativo delle domande analoghe a quelle che si posero i romani, si è giunti a parlare di un nuovo Imperium. Ma quali sono i confini di questo impero, e soprattutto le sue limitazioni politiche? Quali le regole per acquisire la cittadinanza in un contesto caratterizzato dal meticciato, dalle plurime appartenenze religiose ed etniche? Quanto conta la forza e quanto il consenso, quanto infine il ruolo del condottiero? -
Sacro potere. Una sinfonia russa tra Chiesa e Stato
A Mosca, poco lontano dal Cremlino, la Cattedrale di Cristo Salvatore è la sede del patriarcato ortodosso: fu demolita per edificare un palazzo dei Soviet che non fu mai terminato, poi trasformata in una gigantesca piscina, infine ricostruita com’era. Nella cittadina di Kubinka, poco più a est, c’è invece la Chiesa delle forze armate, interamente composta con materiali di guerra: cingoli, mezzi militari, armi abbandonate dai nazisti in fuga. Edifici come questi ci parlano della stretta interdipendenza che da sempre esiste in Russia tra Stato e Chiesa e che da quando Kirill è diventato patriarca, nel 2009, si è intensificata secondo l’antico principio bizantino della sinfonia: entrambe le istituzioni operano per conto di Dio, in piena unità di intenti. Non c’è da stupirsi dunque che un afflato messianico percorra la storia russa, dalla figura paterna e autorevole dello zar alla palingenesi della rivoluzione d’Ottobre; da Stalin che, mentre chiama il popolo a raccolta per la guerra, riapre gli edifici di culto fino ai sogni imperiali di Vladimir Putin, tinti di onnipotenza. rnNon si può capire la Russia, con le motivazioni e le possibili escalation delle sue scelte politiche e militari, senza andare al fondo di questo intreccio affascinante e infiammabile di elementi politici e religiosi. -
Uno strano destino
Il 19 gennaio 2018 Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, viene nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo l’orrore di Auschwitz, il ritorno alla vita e gli oltre trent’anni di testimonianza nelle scuole, si apre per lei una nuova fase: quella dell’impegno istituzionale. «Per uno strano destino», dirà il 13 ottobre 2022, inaugurando a Palazzo Madama la nuova legislatura, «quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare, oggi si trova addirittura sul banco più prestigioso del Senato».rnSono tante, dopo la nomina, le attestazioni di stima e di affetto, ma arrivano anche minacce e messaggi d’odio. Serve la scorta. Liliana Segre però non si arrende e, a braccetto con i carabinieri, porta avanti la sua attività al servizio del Paese. Con analogo spirito civile, nel febbraio 2022, accetta di tenere una rubrica («La Stanza») sul settimanale «Oggi»: una possibilità di dialogo diretto con i lettori che va dalla sua storia personale ai temi della contemporaneità, come la guerra, la pandemia, le migrazioni, l’emergenza climatica.rnIn questo volume, introdotto da una Prefazione di Carlo Verdelli, ritroviamo le rubriche scritte per «Oggi» e i discorsi pubblici più importanti che insieme compongono anche un racconto in presa diretta dell’Italia. In apertura, inoltre, in una conversazione con Alessia Rastelli, la senatrice spiega come abbia vissuto questi ultimi anni e da dove nasca il suo impegno. Mentre la Postfazione del figlio Luciano Belli Paci offre uno scorcio intimo, privato, su come sia cambiata la vita della madre e sul privilegio di esserle accanto. -
In nome di Ipazia. Riflessioni sul destino femminile
L’astronoma Ipazia, vissuta ad Alessandria nel V secolo d.C., teorizzò in modo inaudito per l’epoca che la Terra non è il centro dell’universo ma un pianeta che gira intorno al Sole. E divenne ben presto vittima dei fanatici cristiani. «Oggi» scrive Dacia Maraini «a quasi duemila anni di distanza ci sono ancora donne che soffrono come lei per la semplice ragione che hanno pensato con la propria testa, che hanno voluto studiare, indagare e opporsi al totalitarismo.» Sono donne maltrattate, insultate, minacciate, che spesso hanno denunciato la violenza domestica, ma non sono state credute. Donne sole e abbandonate. Donne che lottano per i loro diritti in tutto il mondo, dal Medio Oriente all’Occidente. Anche dove ci sembra di poter dire che la civiltà ha raggiunto la sua età più matura. -
L'ultimo pinguino
1835. Su incarico del Museo naturale di Lille, il giovane zoologo Gus parte per il nord Europa per studiarne la fauna. Assiste al massacro di una colonia di grandi pinguini e ne salva uno, portandolo con sé alle Orcadi: chiuso nella sua gabbia, il pinguino deperisce e sembra sul punto di lasciarsi morire. Ma qualcosa scatta, tra l’uomo e l’animale, qualcosa che piano piano trasforma il pinguino in Prosp. In Gus lo spirito del ricercatore arretra e la diffidenza del pinguino gradualmente si scioglie: l’uno dimentica i propri scopi scientifici e l’altro smette di vedere in lui il nemico che lo ha strappato al suo habitat naturale, trasportandolo su una terraferma cui è inadatto, dove si muove con ridicola goffaggine e dipende in tutto da un altro essere vivente.rnrnProsp diventa parte integrante della vita di Gus. Nasce tra loro un rapporto fatto di gesti, di intese, di routine, persino di sorrisi, se l’apertura del becco di un pinguino si può dire un sorriso. Ma, negli anni a seguire, Gus prende lentamente coscienza di essere l’unico testimone di un fatto a quel tempo inconcepibile, l’estinzione di una specie. Prosp è l’ultima «alca impenne», l’ultimo grande pinguino sulla superficie terrestre. Quando morirà, scompariranno tutti i grandi pinguini. Gus invece ha formato una famiglia, ha avuto dei figli, e la diversità tra i loro destini lo ossessiona, fino a cancellare tutto il resto: cosa vuol dire amare qualcuno la cui sorte è non esistere più? -
La ragazza che sapeva troppo. Come il caso Emanuela Orlandi è stato coperto in Vaticano per 40 anni
Nel pomeriggio del 22 giugno 1983, Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di quindici anni, esce di casa per recarsi a una lezione di musica. Non vi farà più ritorno e, in poco tempo, la sua sparizione si trasforma in uno dei misteri più terribili dell’Italia di sempre. In questi quarant’anni, mentre la famiglia ha inseguito una verità con la quale fare i conti, si sono accavallate sul caso ipotesi di ogni genere: dai legami con il crack del Banco Ambrosiano al terrorismo internazionale – con l’implicazione dell’attentatore di Giovanni Paolo II, Ali Ag˘ca –, dal coinvolgimento della Banda della Magliana a un festino pedofilo di alti prelati finito tragicamente. In parte purtroppo solo ricostruzioni fantasiose, volte a depistare gli inquirenti e confondere l’opinione pubblica, già angosciata dai silenzi del Vaticano e da indagini senza esito.rnRicostruendo minuziosamente lo scenario della scomparsa della «ragazza con la fascetta», Ferruccio Pinotti e Giancarlo Capaldo svelano i retroscena dell’affaire sullo sfondo degli ultimi scampoli di Guerra fredda: perversioni, ricatti e lotte di potere. Dai sospetti su esponenti del clero all’opaco ruolo dei servizi segreti, dai depistaggi agli inattesi documenti sul possibile trasferimento di Emanuela a Londra e all’incredibile sepoltura in Sant’Apollinare di Enrico De Pedis, gli autori ricostruiscono – alla luce di testimonianze e documenti inediti – una ragnatela che si è fatta sempre più fitta, valorizzando alcune piste liquidate come inattendibili e aprendo nuove vie di indagine. -
Over. Il mio Everest e altre montagne
Venerdì 13 maggio 2022, alle 5.40 locali, un italiano di 35 anni, con il suo compagno di cordata, tocca la vetta dell’Everest, il più grande sogno di ogni alpinista. E fin qui, sarebbe una storia che assomiglia a tante altre. Ma c’è un particolare che la rende eccezionale, unica al mondo. Quell’uomo, Andrea Lanfri, ha due protesi alle gambe e gli restano solo tre dita delle mani: è l’esito di una meningite fulminante che nel 2015 lo ha tenuto in coma per due mesi, portandolo a un soffio dalla morte. Dopo il risveglio, e il doloroso recupero, la fame di vita spinge Andrea a riprendersi il sé stesso di un tempo. Non solo camminare, andare in bicicletta, correre, vivere una vita tutto sommato normale: Andrea vuole tornare in montagna e ricominciare ad arrampicare. Da qui è cominciato il suo personale Coming Back to Life.rnIn poco tempo è riuscito a entrare nella nazionale paralimpica di atletica, vincendo due argenti mondiali e stabilendo i record italiani di velocità nei 100, 200 e 400 metri. Dopo due anni di frustrazioni, cadute e duro adattamento a inedite soglie del dolore, dal 2019 Andrea riesce a scalare il Monte Bianco (4810 metri), il Monte Chimborazo in Ecuador (6268 metri), e i 7246 metri del Putha Hiunchuli in Nepal, l’anticamera del sogno. Dopo l’Everest, nel gennaio 2023, ha conquistato un’altra tappa delle sue Seven Summits, scalando in solitaria l’Aconcagua in Argentina.rnAndrea è un uomo la cui schiettezza e umiltà sono pari solo alla tenacia. La sua autobiografia è un tributo alla fiducia e all’amore per sé stessi, una spinta alla realizzazione dei propri desideri, nella convinzione che nulla è impossibile, nemmeno scalare l’Everest con un corpo a metà, se si è spinti e sostenuti da una volontà «rocciosa», stagliata come una montagna nel cuore e nell’anima. -
Nutrire la belva
Nella biografia dello scalatore Mo Anthoine di Al Alvarez ricorrono parole che raramente si incontrano nella letteratura di montagna: piacere, amici, pub, sigarette. All’epica connaturata a queste narrazioni qui si affianca e a tratti si sostituisce un registro edonistico, affabile, ironico e antieroico, che raggiunge il culmine nell’avventura all’Old Man of Hoy, quando Mo conduce una cordata cui partecipa lo stesso Al, già avanti con gli anni e per giunta fuori forma. Non che l’alpinismo sia preso sottogamba, o che manchino le avventure da manuale, o quelle in cui si tocca l’estremo, come la traversata dell’Ogre insieme a Doug Scott e Chris Bonington, in cui la tragedia è sventata per un soffio. Ma l’arrampicare di Mo è guidato da un principio diverso: quello della sicurezza, prima di tutto (in virtù del quale diventa un designer di ineguagliabile attrezzatura da montagna) e quello del divertimento. «In gergo alpinistico, un’epopea è una catastrofe sfiorata che un lieto fine rende un’ottima storia da raccontare»: ecco, nel suo caso nessuna montagna è così importante da meritare il rischio supremo. Perciò quella di Mo è stata una figura affascinante, eterodossa nel mondo muscolare dei rocciatori, e proprio questo rende il suo alpinismo un’indimenticabile lezione di vita.rnCome indimenticabile è il racconto che ne fa l’amico Al, scalatore dilettante ma abbastanza avvezzo al mondo della nmontagna da conoscerne le insidie, i pericoli, le grandezze come pure i compromessi e le piccole viltà. Il suo ritratto di Mo è da leggere tutto d’un fiato, sia dagli appassionati di montagna sia da coloro che amano le grandi storie e i grandi uomini. -
La furia
«Intanto io sogno che quello costa quasi niente.» Potrebbe essere il riassunto di una vita e in un certo senso lo è: una delle vite che schizzano fuori da queste pagine, racconti di donne i cui destini, diversissimi tra loro, si somigliano però nelle mille sfumature affilate del coraggio, della rabbia, della nostalgia, dell’amore. Dentro a interni metropolitani invasi da bucce di cipolla e mariti violenti, borsette in finta pelle e madri disapprovanti, si muovono le protagoniste e come si muovono sbagliano, ma non per questo si adattano a star ferme. Escono di casa, portano nelle strade le loro speranze e i loro errori, affrontano lo sguardo frastagliato di compaesani curiosi, rincorrono padri erranti con i segni del rossetto sul collo della camicia, accompagnano figlie riottose in educazioni sentimentali del tutto approssimative, tra consigli per gli acquisti, ambizioni televisive, pregiudizi etnici. In queste pagine c’è tutto il nostro mondo, non certo solo quello femminile: una grande jam session in cui squillano, si interrompono, si riprendono e si amplificano le deviazioni melodiche delle vite contemporanee. Storie che fanno ridere, storie urticanti, storie vere che sembrano viste da una finestra e sono travolgenti come solo l’immaginazione. -
Il Titanic delle pensioni. Perché lo stato sociale sta affondando
Correva il 1992 quando il governo di Giuliano Amato prese atto che il sistema pensionistico rischiava di fare crac. Da allora, invece, ogni governo ha fatto di tutto per mettere a rischio la sostenibilità della previdenza, mentre l’aumento dei posti di lavoro, l’unico vero antidoto, è rimasto pura propaganda elettorale. Il risultato è che già ora i contributi di chi lavora non riescono a coprire l’intera spesa. Il numero delle pensioni pagate è ormai pari al numero dei lavoratori attivi. E il buco si allarga sempre di più anche a causa di dinamiche demografiche preoccupanti: in tre anni l’Italia ha perso un milione di abitanti, mentre il numero dei morti ha ormai doppiato quello dei nuovi nati. Per non dire della sopravvivenza di assurdi privilegi per alcune categorie protette. A cominciare dai parlamentari e dai consiglieri regionali, ai quali continuiamo a regalare la doppia pensione con i contributi figurativi pagati dalla collettività. E poi i benefici incomprensibili per i militari, i dipendenti della Regione siciliana, i piloti e gli assistenti di volo, le decontribuzioni a pioggia per accontentare tutti. Fino all’esercito dei finti disoccupati agricoli e dei falsi invalidi civili. Stime ottimistiche dicono che nel 2046 la voragine delle pensioni arriverà a 200 miliardi. Una somma superiore all’intero gettito Irpef. Lo scenario è terribile: se non si interviene in modo serio, fra vent’anni i soldi per pagare le pensioni non ci saranno più. La via d’uscita è una sola e obbligata. Rivoluzionare l’intero sistema. E in fretta. -
Radicalità. Il cambiamento che serve all'Italia
Un mondo dagli equilibri pericolosamente instabili, un’Italia sempre sull’orlo della recessione con una classe dirigente in disarmo, una società impoverita e divisa, una crisi climatica conclamata: questo libro si apre con una spietata fotografia del presente. Eppure, si chiude con un’ampia e luminosa visione del futuro. Cosa c’è in mezzo, cosa si inserisce nello spazio del possibile, tra disastro e rinascita? La politica e, in particolare, la sinistra. Risollevarci dall’attuale stagnazione, infatti, è possibile, ma servono soluzioni radicali per una lotta senza quartiere alle disuguaglianze – a partire dalle politiche fiscali – e per il contrasto al cambiamento climatico e al consumo di risorse, in modo da fermare la devastazione non di un Paese, ma del pianeta intero. In pagine battagliere e appassionate, Carlo De Benedetti attinge alla sua lunga esperienza di imprenditore e a dati, informazioni, analisi di respiro internazionale per proporre, a questa Italia e alla sua politica, una prospettiva diversa, capace di dare speranza alle giovani generazioni, nuova linfa alla partecipazione democratica, una direzione chiara a un popolo sconfortato e stanco. Riforme al risparmio e manovre minime sono una perdita di tempo che non possiamo più permetterci, scrive De Benedetti: oggi è il tempo di un nuovo e moderno socialismo, è il tempo del coraggio. -
E a noi? Ascesa, caduta e ribellione dei borghesi
In un’Italia segnata da un cambiamento politico a volte vorticoso, qualcosa rimane uguale: ci rimettono sempre gli stessi. Sono le donne e gli uomini che lavorano e fanno impresa, che pagano le tasse (e poi non ricevono i servizi), pagano le multe (e poi vedono arrivare i condoni), pagano le bollette (ogni mese più salate) e alla fine del mese vedono rosso: nel conto in banca e per la rabbia. Intanto, si diffonde un clima di paura e di incertezza che non solo non può favorire lo sviluppo di nuove iniziative e nuove aziende, ma mina la democrazia. Se infatti le persone non sono economicamente indipendenti, se sono costrette a dipendere dallo Stato, dalle sue provvidenze, dalle sue decisioni anche quando arbitrarie, l’ordine liberale non esiste più. Così si fondono in un unico magma soffocante crisi politica e crisi economica e dal Covid alla guerra, dai costi energetici all’aumento dei tassi, ondata dopo ondata, nella totale incapacità d’azione dei governi tanto di destra quanto di sinistra, le imprese falliscono, le aziende chiudono e la classe media rischia di diventare il nuovo proletariato.rnrnCon ricchezza di analisi e forza argomentativa, Giuliano Guida Bardi firma un vero e proprio reportage dal fronte della guerra alla borghesia, invocando un cambiamento non più rinviabile. Non sono, però, solo tinte fosche: brillano infatti in questo accurato quadro di storia e cronaca la resilienza, la creatività, la generosità con cui una spina dorsale di professionisti e imprenditori, con poche certezze e ancor meno tutele, continua a tenere in piedi il corpo del Paese. Nonostante tutto. -
Di vento e di terra. Raul Gardini, una vita di sfide
Questa è la storia di un uomo che aveva nel sangue quella sfumatura calda dell’ambizione chiamata desiderio. Quando si nasce con un simile slancio, galleggiare nello stagno della quotidianità è impossibile a priori: e nell’esistenza di Raul Gardini non c’è stato nulla di ordinario. Spregiudicato, visionario, è partito dalle aziende soprattutto agroalimentari di Ravenna di proprietà del suocero per creare in dieci anni un impero industriale e finanziario di dimensioni mondiali, il gruppo Ferruzzi-Montedison. Ma l’abbraccio con la politica corrotta, che gli ha consentito di sedersi al tavolo del grande gioco delle partecipate statali, gli è stato fatale e gli è costato anche ciò che amava di più: la vela. Dalla Fastnet Race alla Coppa America e attraverso i grandi appuntamenti mondiali di questo sport, accanto a lui emerge infatti in queste pagine la figura di un comprimario finora poco conosciuto: Angelo Vianello, un marinaio veneziano che fu il suo confidente, serbandone i segreti personali e di famiglia e consigliandolo sulle strategie per perseguire la sua passione di velista. Il terzo protagonista di questo romanzo, così, è il mare, che fu l’habitat naturale di Gardini come si conviene a un condottiero con un animo di pirata; per questo la narrazione delle sue vicissitudini economiche e politiche procede in parallelo a quello delle sue grandi regate, senza che si possa dire quale delle due storie sia più avvincente, quale più tormentosa, quale più vera. Sulla parabola fatale di Gardini molto si è scritto: verità, menzogne, supposizioni. Questo romanzo fa parlare documenti inediti e un prezioso coro di testimoni per ricreare, con una penna intinta nella suspense, non una cronaca, ma una grande avventura. Un romanzo che ci trascina attraverso tempi tumultuosi nella storia di un uomo, di una famiglia e del Paese. -
Napoli stanca. 17 scrittori raccontano la città nascosta
Quasi come Boccaccio: in principio è un giardino. Un ombroso, seicentesco hortus conclusus in cui un gruppo di scrittori si incontra per ragionare su un tema antico e ogni giorno nuovo: Napoli. Città dai molti luoghi comuni, dai molti progetti interrotti, transitata dall’immagine oleografica delle cartoline all’estetica ormai manierista delle narrazioni criminali. Napoli agogna una normalità che le sfugge ma sembra destinata a una scomoda eccezionalità: di volta in volta è issata sugli altari della sua bellezza struggente e trascinata nella polvere dei titoli strillati sulle sue molte emergenze. Una sirena bellissima, la cui coda non riesce a trasformarsi in gambe solide su cui camminare verso il futuro. In queste pagine, 17 scrittori e una curatrice provano a immaginare queste gambe e questo futuro. Non negano quanto Napoli sia capace di affaticare chi ci vive, chi deve raccontarla, chi vorrebbe lavorarci e persino chi cerca di fuggirne, ma si cimentano nel superare questa stanchezza con lo slancio di narrazioni vive. Percorrono traiettorie oblique e originali, sperimentano forme diverse, dal racconto all’analisi al reportage narrativo. Affidano la loro interpretazione della città a storie gialle e storie di strada, amori mancati e ambizioni inseguite, palazzi e botteghe, radiografando luoghi oscuri e meno conosciuti, arricchendo il caleidoscopio dei punti di vista, costruendo una lettura avvincente, politica e coraggiosa di una delle città più enigmatiche e rappresentate d’Italia. E mostrano come e perché «Napoli sfavilla, a dispetto delle sue difficoltà». -
Lezione di nuoto
Una sola estate: luminosa, scandalosa, indimenticabile.rnÈ la stagione del 1920 chernColette trascorre a Saint-Malo, in Bretagna,rnassieme a un gruppo di amici intellettuali,rnpigramente intenti a pranzi, cene, escursioni,rngiochi di carte. Le conversazioni arguterne colte vertono spesso su argomentirnpiccanti, com’è inevitabile dato che l’animarndella compagnia è lei, la più libera, spregiudicata,rntrasgressiva delle scrittrici. Madre,rnmatrigna, amante, mentre cerca di ricondurrernalla disciplina la figlia ribelle, Bel-Gazou,rnColette guida nel nuoto e nell’amore il figliastrornsedicenne, Bertrand, travolgendolornin un sentimento insieme torbido e adolescenziale.rnMa è nelle lunghe nuotate solitariernche ritrova davvero se stessa: la ragazzarnche si immergeva nel mare assiemernal padre, la donna che fende le onde e lernconvenzioni. L’acqua che scorre sulla pellernè liquida e provvisoria come ogni cosa,rncome l’amore: «Di cosa si può essere piùrnsicuri che di ciò che si tiene tra le braccia?rnAbbiamo così poche occasioni di possederernqualcosa». -
Un sogno al Maradona
Nel giorno della festa del terzo scudetto del Napoli, un giovane tifoso ricorda suo padre che gli ha trasferito la passione per i colori azzurri. Per le strade della città che esplode di gioia, scopre su un vecchio giornale la notizia di una storica partita di beneficenza e di un misterioso attaccante che avrebbe fatto un tunnel a Maradona. Chi era? È davvero esistito o è una leggenda?