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Rösa canina
Rosa canina, nel corso della sua lunga genesi, ha avuto diversi titoli. Uno di questi era Trilogia dell'infanzia (di cui ha conservato l'impianto; infatti l'opera è suddivisa, secondo un criterio spazio-temporale, in tre parti: la primissima, la seconda e la terza infanzia). Poi, continuando nell'elaborazione, mi sono resa conto che il focus non era l'infanzia, ma i segni di salvezza, cioè quei segni che rimandano ad una dimensione sovrannaturale, in essa presenti. E fra questi il più potente, almeno per me, era la rosa canina, con le sue bacche scarlatte in pieno inverno. Pianta antichissima, che resiste al freddo e al caldo, la rosa canina non subisce attacchi da parassiti ed è usata come erba medicinale. Plinio il Vecchio sosteneva che, per rivelazione divina, la radice di rosa canina era l'unico rimedio contro la rabbia, malattia che rende folli animali e uomini. Essa inoltre è una specie ""pioniera"""", cioè che ama i terreni incolti, aridi, ed esposti al vento, dove prospera e fruttifica. Ma soprattutto nutre e trasforma tali terreni, rendendoli idonei alle piante più fragili."" -
Sotto l'ala del leone
"La vita nella luce, anche quando si abbassa il buio, è come rinascere In questi versi, presenti nella penultima sezione titolata Fluido della Luce, le parole vita, luce, buio, appaiono come sigle archetipe da scrivere e leggere con le iniziali maiuscole; alta riconoscenza ad un catalogabile """"merito etico-estetico"""", motivata dal fatto di essere state in grado di irretire la Morte, che non poche volte fa capolino nelle pagine del libro, quasi aspirasse al minaccioso ruolo di convitato di pietra, e a trovare astuto-perfido riparo Sotto l'ala del Leone."""" (Lamberto Garzia)" -
Liriche randagie
Il demone odisseo di questa raccolta di Zevio può essere riassunto da una formula classica, così prossima all'assenza, nel cui nome il libro si apre. Tale formula è propriamente il 'dolore del ritorno', o nostalgia. Una nostalgia che, come dirò in seguito, chiarisce strada facendo la sua sostanza, ma che si concretizza da subito in un continuo girovagare in sé e per le strade del mondo. Come se l'ubi consistam non esistesse, o non lo si volesse davvero trovare. ""Liriche randagie"""", in questo senso, è anche il resoconto di un viaggio interminabile verso luoghi di cui non si è mai sazi, forse perché non è da un luogo fisico che si è partiti e non è propriamente verso un luogo che si vorrebbe ritornare. Letteralmente parlando, Liriche randagie è il diario di un'utopia. Dolore, certo, che il poeta riesce, grazie alla propria maestria stilistica e alla padronanza di molti strumenti linguistici e culturali, a stemperare in una polifonia mai monotona .L'esperienza di performer, l'abitudine a rapidi transiti dalla parola orale a quella scritta e viceversa, è certamente d'aiuto. (Dalla Prefazione di Alessandra Paganardi)"" -
Come l'amore
Intessuta di ricordi personali, la poesia di Federica Sciandivasci dimostra come sia ancora e sempre possibile affrontare temi tanto universali trasfondendo in essi la forza della poesia, lontano da quei banali patetismi effusivi che sono distanti dalla purezza della parola poetica. L'amore per i genitori e il partner, che caratterizza le prime tre sezioni, lascia il posto nella quarta (probabilmente il punto più alto del libro) a una profonda riflessione esistenziale, non di rado di stampo metaforico, su ciò che siamo sulla scala cosmologica e su come si possa aver fiducia in una sorta di ricongiungimento ideale ""dove ogni corsa a perdifiato / è un ritorno tra le braccia di chi ci ama"""". (Mauro Ferrari)"" -
O var? de un verde intens. Un'estate di un verde intenso
Una estate di un verde intenso è la raccolta di poesie in cui Ioana Florea vuole presentarsi ad un pubblico attento alle sfumature della vita, alle cose che più di altre hanno condizionato e modificato il pensiero e il ""sentire"""" di questa originale autrice... Ioana ha la capacità di sorprendere chi ascolta i suoi versi, per le tematiche così variegate e complesse che raccontano. Parole dal lungo respiro, che resistono e s'aprono ad ogni orizzonte, poi per una strana alchimia volano raggiungono altezze intrise di spiritualità. Diventano """"pensieri"""" che si tramandano da chi scrive a chi legge, da chi ascolta e di chi si racconta. Una sorta di parabola evangelica che fiorisce nelle attese e nelle speranze. (Dalla Postfazione di Antonio Nesci)"" -
Haiku tempore iniquo
"La lunga frequentazione della letteratura è stata una delle ragioni fondamentali della mia vita. Ma come critico e storico della letteratura ho sempre ritenuto opportuno tenermi a debita distanza dalla scrittura creativa... Tuttavia nei recenti mesi della reclusione domestica, contemplando il mondo dalla mia terrazza, mi ha colto di sorpresa una folata di ispirazione. Ho scritto degli haiku o, per meglio dire degli pseudo haiku, nati da principio, nel silenzio a tratti sinistro della città, dall'osservazione della natura degli immediati dintorni - quel che cadeva sotto il mio sguardo di recluso - e poi sviluppatisi per altri stimoli ed altri rivoli, stati d'animo, notizie di avvistamenti, memorie e un po' di letteratura."""" (dalla Nota dell'Autore)" -
Cambia colore il mare
«Lo stimolo ispiratore va dunque ricercato nella volontà di dare respiro sia al proprio dolore sia a quella voce misteriosa... che prelude a scenari più ampi e meno intimistici... È così: dopo aver attraversato lo Stige (cfr. il testo eponimo), ""L'acqua diventa limpida / Viola, indaco, azzurro profondo"""". Nonostante le sia rimasto un solo, un """"unico remo"""" sulla """"piccola barca"""", la D'Alfonso voga con tutta la forza che ha per giungere dolcemente all'attracco """"sulla sponda dell'isola"""" che la sta aspettando.» (Dalla Prefazione di Sandro Angelucci)"" -
In ogni mio tempo
"La poesia della Cappellini resiste alla tentazione della nostalgia fine a se stessa, del lamento sterile, ricuce gli istanti di quel tempo - il suo, ma anche quello del mondo che ci gravita intorno e ci respira addosso - lo imbriglia e lo cristallizza in immagini che paiono acquerelli sbiaditi, in cui resistono poche pennellate di colore («il becco sottile di un pettirosso»). I bastioni sepolti dalla neve che restano immutati e ci sopravvivono, il profilo delle vigne con i suoi filari impressi contro il cielo plumbeo, la periferia muta e insondabile, tutto è immobile nella penna della Cappellini, che ferma per un momento l'ago del mondo e lascia che siano le nostre domande, il nostro perenne interrogarci a riempire la pagina"""". (Dalla Prefazione di Emanuele Spano)" -
Origine dell'azzurro
Voce solo apparentemente minimale, che si deposita in una versificazione breve e non di rado franta all'estremo, la poesia di Antonio Leotta è lirica purissima e trasparente nel suo lasciare intravvedere e indagare le profondità dell'anima. Il poeta siciliano, che non è alieno dalla lezione dei grandi lirici meridionali, non esibisce mai un descrittivismo di superficie, magari intriso di banale colore locale, bensì intrattiene un dialogo creaturale con la propria interiorità, e con le armi del paradosso definisce il proprio intenso rapporto con il mondo e con la persona amata. La poesia si fa così forma di conoscenza e di mediazione tra sé e l'alterità del reale. (Mauro Ferrari) -
La Charatan nera
Una geografia immaginale della costellazione di eventi, incontri, perdite, distacchi e smarrimenti che, non senza dolore e dubbio - e talvolta sdegno - costituisce la vita di ciascuno, con i suoi singolari approdi, con il proprio stile di naufragio, con le sue agnizioni e ritorni. Lo stile pacato, talvolta ironico o nostalgico, senza eroismi o culminazioni... costituisce sempre un riconoscibile filo conduttore, per quanto esile o conteso, rassicurante o dissonante, in quell'affiorare intermittente o costante dei volti, nel ritrovare le tracce e i sentimenti del tornare presso di sé, nel cono di luce degli affetti, delle ormecamminate concordi o divergenti, come pure nello smarrimento, nel deviare, nell'allontanarsi, nel cancellarsi. (Dalla Prefazione di Luisa Bonesio) -
Nada más
Barbara Herzog, in questa raccolta, ci dice: Voglio pregare la Virago / beata a momenti alterni / verginità osannata femminile / non parlatemi di purezza. Questo suo rifiuto di ""purezza"""", nella preghiera che lei rivolge ad una forza femminile mascolinizzata, riferendosi al corpo - tema centrale in questo libro - si estende a quello linguistico. Questa sua impura lingua la distingue nella ricerca della parola, della sua voce, e la definisce... Il suono, il tono, il ritmo dentro ogni parola lo ritrova, lo cerca, lo esplora in uno sconfinamento di desiderio che non può fermarsi e racchiudere dentro una sola lingua o occasione. In apparenza c'è una frammentazione linguistica che a prima vista può sconcertare. La Herzog sfida chi legge a immergersi in un abisso o labirinto che è per lei la trascrizione del suo pensare e il suo sentire plurilinguistico. (Dalla Prefazione di Graziella Sidoli)"" -
Ali di tenerezza
"La scrittura di Danila Olivieri prende corpo da una dolcezza inquieta. Il suo canto è libero e, in quanto tale, parte dal moto emotivo per ordinare, in un sorta di ritorno ideale alla luce, la matassa sciolta dei ricordi e del presente, cercando la delicatezza di una parola capace di rendere in chiaroscuro il reale e avvilupparlo al corpo-poesia come fosse pelle... Nella purezza formale e musicale del dettato poetico, lo scavo lirico dell'Autrice parte sempre e comunque dalla densità del tempo, dal suo trascorrere: l'urgenza è cercare la radice dell'essere, o il senso di un divenire enigmatico, mai pienamente certo."""" (Dalla Prefazione di Ivan Fedeli)" -
Al giorno di Auro Stuparich
È un'opera complessa ""Al Giorno"""", epiteta chiusura della quadrilogia """"Stuparich"""", che spazia dalla poesia alla prosa, dalla terza persona all'impersonificazione dell'io, in un susseguirsi continuo e originalmente cadenzato di immagini/luoghi del presente e del passato. Capirossi Morganti, qui in vesti immaginarie, è alla ricerca della verità; perciò rovescia e reinventa il viaggio e la meta, lo spazio e il tempo delle parole, dei versi, difendendo la più astratta concezione di realtà. Una poesia, la sua, che """"taglia la parola"""", la rimodella, la affina, e la riconsegna al lettore: una gioventù sorpresa dagli aranci invernali, un transito nel rosso del mattino, un internarsi della rosa. E ancora: una pioggia che scende al mare, una neve perigliosa, un buio mare che piange di spuma. Una fascinazione del bello, possiamo dire, un'adiacenza mistica tra vissuto e insondabile speranza, una sinestesia tra distinto e indistinto, ebbrezza e dolore, una sublimazione del vero. (Davide Cuorvo)"" -
Vista Duomo
Se il rapporto fra i milanesi e la loro metropoli - ma potremmo dire fra la Modernità e la Città - si esprime spesso nell'ambivalenza fra amore e odio, in questa deliziosa, intelligente plaquette Luciano Cozzi riflette sulla sua Milano, sospesa fra presente e passato, fra la bruttezza di una cruda impersonale realtà e l'immaginazione che crea legami emozionali. Il poeta si sofferma sugli spazi e i momenti di soglia e passaggio - tipicamente gli interludi fra il giorno e la notte, la vita del centro e i ""luoghi non giurisdizionali""""- per afferrare l'""""insensata eleganza"""" (p. 50) di uno spazio in continuo divenire, splendidamente definito """"una macchia di tinta sguaiata sulla tela di un quadro malfatto"""" (p. 55). (Mauro Ferrari)"" -
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi
Gli animali della nostra letteratura sono messaggeri: alludono a una condizione personale, introducono a una comune ""umana sorte"""", qualche volta aprono uno spiraglio che svela percorsi e predilezioni dell'Avventura poetica. Messaggeri - ma più che messaggeri - sono quelli che ci accolgono dai versi di Rita Imperatori. Perché anch'essi alludono alla nostra comune condizione e a quella del loro autore, e anch'essi zampettano sulla pagina nella scelta di una parola o di un ritmo; ma sono ambasciatori privilegiati, che rivelano, accanto al nostro, il loro personale sentire. La loro vita ci è consegnata dallo sguardo affettuoso dell'amica che li raccoglie e li racconta, o addirittura narrata in prima persona, come nel canto dell'uccello salvato e liberato che appartiene """"all'aria e alle sue insidie"""" e che ora """"dall'alto"""" può guardare alla terra [Il varco]. Gli animali che un'amicizia calda e rispettosa introduce in poesia ricambiano l'affetto con piccoli miracoli, generando versi splendidi. (Dalla Prefazione di Maria Teresa Giaveri)"" -
Un segno
La poesia espone la capacità dell'homo sapiens di sentire se stesso sentirsi e così dà sollievo al bisogno, al dolore, alla morte. Coscienza della coscienza che viene chiamata ora «Dio» ora il «nulla». Per la coscienza incosciente di sé c'è l'illusione, la gioia perduta, la speranza in bilico, la fede senza fondo. Per la coscienza che si spia e si scopre in tensione con un sempre altro da sé cadono i contenuti e la parola comunica nel suo silenzio. È seguendo questa «poetica» che il presente libro è stato scritto: un documento, uno sguardo al fondo, una fiducia tanto più necessaria quanto più ci affatichiamo a demeritarla. (Carlo Focarelli) -
La parte dell'occhio
"La parte dell'occhio"""" è la cronaca di uno sguardo poetico che raggiunge la piena, lucida maturità senza perdere la capacità di vedere oltre. Di una ragione che si fa tanto più acuta quanto più profonda la forza del sentire, di una verità che entra nel sogno e lo nobilita, realizzandolo. Di un punto di vista che può essere continuamente rivisitato, capovolto, ristrutturato. Di un'esperienza, in fondo, che percorre l'ideale e lo corregge, lo traghetta verso la rinascita e la saggezza, senza mai tradirlo. Questa parabola percorre il libro, ne forma e ne potenzia le immagini. (Dalla Prefazione di Alessandra Paganardi)" -
Vicende e chiarimenti
In una lingua tutta frammenti e faglie, incisi e metafore, allusioni e balbettii della memoria, Giacobbi reinventa - più che narrare e ricostruire - il concretissimo mito della gioventù, il crescere lasciando dietro per sempre la magia delle cose, il mistero del vasto mondo che pullula fuori dagli spazi ristretti dell'infanzia e dell'adolescenza. ""Borborigmi d'appetenze"""", """"l'urgere del senso"""", """"insegne poste ai bivi del possibile"""": sono miti e traumi, tentazioni e occasioni, insomma, di cui il poeta cerca di rendere conto con la forza di una poesia essenziale, profonda e vera che indaga """"tutta la vertigine dell'infinito"""", per dare un senso alla vita. (Mauro Ferrari)"" -
La vita, e altre controfigure
Nel 1977 Adriano Spatola pubblicò nella collana Geiger ""Mi faranno santo"""", primo libretto di Valdo Immovilli, con una manciata di poesie che sbucavano sotto la porta di casa come missive senza francobollo ma con sfolgorante ironia, come si atteggiassero a ruolo di prime donne sul palcoscenico della nuova poesia cercata e ricercata in quel di Mulino di Bazzano, sede di una rivista (Tam Tam) dirompente e di un editore che voleva a ogni costo cambiare le carte in tavola... Un linguaggio elementare doveroso, preciso e fulminante, come se di colpo Beckett avesse preso in mano la direzione del programma e degli eventi della realtà... Immovilli è cambiato mentre cambiava il mondo, anche se a tratti ancora conserva i toni dell'antico teatro, facendo pensare che a torto o a ragione la realtà si è sincronizzata con certi suoi abitanti, e che si provoca da sé usando l'unico linguaggio possibile messo in campo da Valdo, perché fuori d' esso niente esiste più. (Dalla Prefazione di Elio Grasso)"" -
Studi Op. 9. 2021-2022
Anche qui il dettato assume tratti quasi ermetici, talvolta con un sapore sottilmente oracolare, anche qui, con una veemenza e una fedeltà al proprio linguaggio che si fa assoluta, la dialettica tra significante e significato è serrata, la lingua inciampa volutamente in sequenze di allitterazioni, in false rime, in assonanze quasi a costruire una rete linguistica, tanto vicina a quella rete di filo spinato dentro cui siamo trincerati nella nostra esistenza... «In quest'ora di sudario d'oro / a nulla serve che scriva d'ignoto / o del niente disastro nostro d'anni /se qui muore quell'oblio d'inganno / del tuo noi di già bugiarda gioia /inganno sogno di veglia ferita.» L'io, il tu, il noi, l'inganno e la gioia che si fa bugiarda e su tutto la parola, il gesto dello scrivere - che pavesianamente in fondo è anche vivere - che se non serve, è però necessario. (Dalla Prefazione di Emanuele Spano)