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Machiavelli: tempo e conflitto
Il carattere perturbante del pensiero di Machiavelli, che ne ha sovradeterminato l’interpretazione dalle origini cinquecentesche del machiavellismo fino alla critica novecentesca, nasce non soltanto dalla nota elisione di qualsiasi regola morale dal campo della politica, ma anche, se non soprattutto, dallo spazio assegnato nei testi machiavelliani alla dimensione del conflitto, uno spazio che acquisisce una valenza positiva (ancorché problematica), in contrapposizione tanto a una tradizione che individuava nello scioglimento ‘armonico’ delle discordie interne ed esterne il fine ultimo della politica, quanto, nei secoli successivi, al progetto di un ordine che neutralizzasse ogni elemento polemico della società. Tale scandalo è evidenziato, oltre che dai numerosi detrattori, anche da buona parte dei ‘difensori’ di Machiavelli, ovvero da quei pensatori repubblicani che, tra la seconda metà del XVI e il XVIII secolo, vedono nell’autore dei Discorsi il padre di una concezione del vivere libero e delle istituzioni repubblicane alternativa al potere assoluto delle monarchie, ma che nel contempo – con rare eccezioni – tendono a rimuovere proprio il riferimento alla disunione tra plebe e senato che “fece grande Roma”. D’altra parte, il repubblicanesimo ‘conflittualista’ di Machiavelli trova una conferma della sua problematica centralità qualora venga ricondotto alla concezione della temporalità operante negli scritti machiavelliani, una concezione la cui originalità è stata oggetto privilegiato di alcune tra le più importanti letture novecentesche, da Gramsci ad Althusser fino a J.G.A. Pocock. Evitando accuratamente qualsiasi impianto “a tesi”, che semplifichi la complessità del tema e riduca la molteplicità degli approcci teorici possibili, il progetto che qui si presenta vuole determinare un momento di approfondimento e di discussione, nella consapevolezza dell’importanza dei temi della temporalità e del conflitto al fine di comprendere più adeguatamente il ruolo e il significato del pensiero machiavelliano all’interno della sviluppo – storico e concettuale – della politica moderna. -
Percezione, semiosi e socialità del senso
All’intersezione fra scienze del linguaggio, scienze cognitive e antropologico-sociali, la teoria delle forme semantiche (TFS) fa i conti con l’immaginario kantiano delle linguistiche cognitive, ed estende in senso fenomenologico e gestaltista le loro problematiche semiotiche. Questo libro è la prima presentazione al pubblico italiano di questo programma di ricerca, che opera a cavallo fra filosofia del linguaggio, antropologia semiotica e linguistica testuale. Il volume orchestrato da Bondì riunisce contributi scritti dai più autorevoli esponenti della TFS, seguendo un doppio itinerario: quello dei rapporti fra linguistica cognitiva e fenomenologia, e la ricerca di una compatibilità fra percepibilità e socialità del senso. Pensare questa compatibilità implica ragionare su alcuni postulati legati fra loro: la natura sociale del senso va da subito messa in relazione con forme e attività simboliche che ridirigono le interazioni e condizionano la formazione di valori semiotici. La socialità del senso è dunque realizzata attraverso una costante ricerca dell’espressione, concomitante alla formazione di diversi media semiotici e alla ritualizzazione delle condotte. Infine, la storicità e la socialità del senso trovano il loro corrispettivo, a livello dell’esperienza individuale e soggettiva, in una percezione che è sin da subito semiotica, che non si separa mai dalle sue disposizioni espressive strettamente dipendenti dalle mediazioni semiotiche istituite. -
Altrove e altrimenti. Filosofia del linguaggio, critica letteraria e teoria della traduzione in, intorno e a partire da Bachtin
Nelle sue conversazioni con Viktor Duvakin (1973, trad. it. Napoli 2008) Michail M. Bachtin dichiara di essere “filosofo”. La sua notorietà come critico e teorico della scrittura letteraria è dovuta al fatto che fin dal suo saggio del 1920–24, “Per una filosofia dell’atto responsabile”, egli assunse la scrittura letteraria come l’angolatura prospettica della sua riflessione filosofica. Questo libro continua il lavoro di lettura-interpretazione-traduzione dedicato a Bachtin e al suo “Circolo” svolto, fin dagli anni Settanta, da Augusto Ponzio (la sua monografia su Bachtin del 1980 è la prima in assoluto a livello mondiale) e dalla “scuola di Bari e Lecce”, proponendosi soprattutto di evidenziare la portata filosofico-semiotica dell’opera bachtiniana. -
Mente, corpo, filosofia pratica, interculturalità. Scritti in memoria di Vanna Gessa Kurotschka
Vanna Gessa Kurotschka (1948-2010) ha insegnato Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Cagliari. Questo libro – chiarisce Giuseppe Cacciatore nella sua Introduzione, in cui il percorso filosofico della studiosa scomparsa viene ricostruito e ripensato – vuole essere la testimonianza di un grande debito di riconoscenza che molti amici e colleghi hanno contratto con il suo lavoro scientifico. Il libro si articola in tre sezioni e si muove intorno all’ampio ventaglio di problemi filosofici ed etici che hanno caratterizzato un pensiero originale, creativo e fecondo di risultati. La prima sezione – Mente, corpo, genere. Assonanze e consonanze – ospita i saggi di Micaela Morelli, Fiorella Battaglia, Manuela Sanna, Rossella Bonito Oliva, Sara Fortuna e Stefania Tarantino, che focalizzano l’approccio neurobiologico alla mente, il suo rapporto con il corpo e la funzione dell’immaginazione, le questioni di genere e il ruolo dell’immagine femminile nella configurazione storica dell’identità della donna. La seconda sezione – L’esperienza della consulenza filosofica. Narrazione con riflessione –, con i testi di Giuseppe D’Anna, Rosalia Peluso e Raffaele Carbone, è dedicata alla meditata ricostruzione a posteriori dell’esperienza compiuta con il master di II livello in Consulenza filosofica, che Gessa Kurotschka realizzò con altri studiosi delle Università di Napoli, Cagliari e Pisa. Infine, nella terza sezione – Etica, memoria, interculturalità. Rifrazioni e diffrazioni – i contributi di Anna Donise, Giuseppe Cantillo, Renata Viti Cavaliere, Stefania Achella, Chiara de Luzenberger, Marco Boninu, Armando Mascolo e Rosario Diana intrecciano alcune questioni etiche con i risultati delle neuroscienze, i problemi della storia e dell’interculturalità, e sondano il tema della memoria connettendolo a quello dell’identità e della politica. -
Pensare la complessità. Per un umanesimo planetario. Saggi critici e dialoghi di Edgar Morin con Gustavo Zagrebelsky e Gianni Vattimo
Le crisi dell’economia, della politica, della cultura e dell’ambiente che da tempo investono l’umanità e il pianeta invocano altrettante riforme che traggano origine da una rigenerazione del pensiero, della conoscenza e dell’umanità dell’uomo. Per affrontare i problemi che intessono di complessità il nostro mondo è necessario un pensiero il quale – al di là degli iper-specialismi, dei tecnicismi e delle parcellizzazioni dei saperi – sia in grado di concepirli nella loro complementarietà e nella loro diffusione mondiale, adottando l’inedita prospettiva di un umanesimo planetario. L’Umanesimo, nozione un tempo astratta e ideale, è infatti oggi resa concreta dalla condivisione delle medesime questioni vitali e mortali da parte di un’autentica comunità di destino nella quale di fatto sono uniti ormai gli tutti gli individui e i tutti popoli nell’umanità e l’umanità stessa all’ecosistema della sua patria terrestre. «La gigantesca crisi planetaria in cui ci troviamo immessi è la crisi dell’umanità che non giunge ad accedere all’umanità. Lo sviluppo in cui dobbiamo impegnarci ora è quello dell’umanità dell’umano. Solo in questo modo potremo salvare noi stessi e il nostro pianeta». Simili riflessioni sono qui esposte da Edgar Morin in un testo sulla crisi della cultura e in un dialogo con Gustavo Zagrebelsky e in uno con Gianni Vattimo. Esse sono inoltre discusse anche da altri studiosi impegnati ad affrontare, in alcuni saggi, i nodi della complessità e dei nuovi umanesimi. -
Estetica e ideologia. Marx, Nietzsche, Mannheim
Le ideologie, il pernicioso travestimento con cui le grandi civiltà della storia hanno reinterpretato il loro ruolo, sembravano definitivamente tramontate, dopo la caduta del Muro di Berlino. La fine della storia avrebbe dato luogo ta una civiltà pacificata, in progresso infinito, in cui le differenze sarebbero state solo un problema di gusti estetici o di inclinazioni sessuali. I conflitti si sarebbero definitivamente risolti col buon senso e con l’instaurazione di un’unica grande democrazia planetaria, e un grande mercato autoregolato avrebbe distribuito alle masse dei diseredati del mondo intero beni materiali e prosperità. L’immagine del mondo unito, pacificato e deideologizzato nell’ottica del liberal progresso è durata lo spazio di una primavera. Ma all’“apparir del vero”, qualche anno dopo, abbiamo avuto la Prima guerra del Golfo, l’11 Settembre 2001, l’invasione americana di Afghanistan e Iraq, un’ennesima guerra in Palestina Inoltre, la crisi economica ha messo in ginocchio le economie di molti Paesi che avevano cominciato a considerarsi “avanzati”, riducendo i loro governanti ai dilemmi propri del Terzo mondo, pagare o fallire e questo è solo l’inizio. L’etica esacerbata delle ideologie egualitarie del Novecento era stata volta in estetica, dottrina della percezione avalutativa della realtà. Ora il tempo dell’etica, e di converso quello dell’utopia, sembra di nuovo bussare all’orizzonte, per fornire nuovamente un Principio-Speranza. Marx, Nietzsche, ma anche un autore come Mannheim, tornano a fornire chiavi interpretative di un pensiero critico che una vulgata frettolosa dava per definitivamente superate. -
Genografia dell'azione. Sostanza, relazione ed evento a partire da Platone
Genografia dell’Azione è un tentativo di Scrittura dell’origine storico-filosofica ovvero genealogica degli elementi costitutivi della struttura formale dell’Azione (sfdA): agente e agito in quanto sostanze, agire in quanto relazione e azionare in quanto evento. Le pagine che seguono contengono le ricerche sulla genesi e sul superamento del concetto aristotelico di ousia, tradotto in latino con substantia, quale embrionale tentativo, nella storia del pensiero occidentale, di descrivere le estreme concrezioni dell’Azione, l’agente e l’agito, che via via si mostreranno semplicemente come correlati della relazione in cui si fondano, l’agire, laddove quest’ultimo si darà infine, nel pensiero contemporaneo, come l’inverarsi dell’azionare in quanto evento dell’Azione nel suo complesso. Il termine “Genografia” rimanda, ancora una volta, al gesto filosofico dell’io scrivente la filosofia, in un atteggiamento ancora preliminare e provvisorio, seppur efficace, e cerca di mostrarne la struttura attraverso l’imprescindibile confronto con la storia della metafisica occidentale, da Platone (ma anche prima) ad Aristotele, da Descartes a Kant, da Hegel a Heidegger, in un affascinante gioco del pensiero che, seppur interpretato storicamente, non può essere letto nell’ottica evolutiva di un progresso, anche se probabilmente l’aspetto meno compiuto di questa raccolta potrebbe lasciarlo intendere. -
Thanatografie. Per un'estetica del morire in Platone, Nietzsche, Heidegger, Michelstaedter e Rilke
“Thanatografia” è, letteralmente, “Scrittura” di “Morte”, entrambe intese in quanto Azioni, ché alla struttura formale di questa risultano conformi. Scrittura è il supremo esplicarsi dell’Azione: essa è l’Azione che scrive la struttura formale dell’Azione in quanto tale e dunque inscrive in se medesima ogni Azione. Morte, d’altro canto, è il supremo implicarsi dell’Azione: essa è un’Azione determinata in cui l’Azione accade nel suo grado zero. Morte è un momento dell’Azione della Vita ma, per usare una arguta espressione tedesca, è Stillleben (lett.: natura morta), ossia Vita silente, rappresa e chiusa in sé ma allo stesso tempo dispersa. Ciò si trova espresso in modo completo e compiuto nei versi della poesia Orfeo. Euridice. Ermes di Rainer Maria Rilke, nella quale il poeta tenta di descrivere l’ineffabile condizione dell’essere morto, scegliendo proprio il personaggio di Euridice che si trova ad abitare la soglia tra vita e morte: ella era “chiusa in sé, come una speranza più alta” ma, al tempo stesso, “ella ormai era radice”. -
L'epocalisse finanziaria. Rivelazioni (e rivoluzione) nel mondo digitalizzato
La tesi che attraversa le pagine di questo testo interpreta l’attuale condizione di crisi – che si manifesta nella forma eclatante e atterrente del “profondo rosso” finanziario ed economico – come il segno, il risultato e il processo stesso di tensioni, frizioni e rotture profondissime. Queste scaturiscono da un epicentro intimo dello sviluppo storico della vita sociale, dei rapporti di potere e produttivi, così come del rapporto generale dell’umanità con il mondo. A tale epicentro, che oggi scatena la crisi “apocalittica” da cui prendiamo le mosse, qui diamo il nome di “nichilismo” e la veste contemporanea della continua creazione ex nihilo di bit digitali e denaro mero segno - fiat bit, fiat money. L’obiettivo del testo è di rintracciare – al punto di incrocio tra le riflessioni della filosofia, della sociologia e dell’economia – le principali dinamiche storiche e materiali che attraversano e agitano il nostro tempo di crisi. Nonché di individuare nel nuovo campo sociale di azione, prodotto dai processi di finanziarizzazione e digitalizzazione, lo spazio strategico dove l’esercizio della riflessione critica e scientifica, nonché l’azione dei movimenti e delle soggettività, devono concentrarsi nello sforzo urgente di comprensione e trasformazione del mondo. È in questo nuovo campo, infatti, definito dal nuovo episteme digitale all’opera nelle relazioni sociali, politiche ed economiche, che l’ipotesi del libro colloca il processo di ricostituzione della struttura dei rapporti di potere determinanti nella contemporaneità. -
Poietografie. La questione della formazione artistica: percorsi di estetica intorno a Nietzsche
“Poietografia” è Scrittura della Poiesis, ovvero dell’Azione del poietés detta anche Formazione, nel duplice senso del termine italiano che rimanda tanto all’idea di Creazione quanto a quella di Educazione. Il poietés, ovvero l’artista, viene qui descritto nella sua valenza più originaria, come si manifestava nel mondo presocratico e come oggi è perlopiù obliata e occultata. Per potersi interrogare sul senso dell’arte risulta, ancora oggi, imprescindibile un confronto con quell’umanità, ormai così distante da noi, magistralmente descritta da Friedrich Nietzsche nella sua Nascita della tragedia, da cui si evince che il ruolo assegnato all’artista era quello di formare i cittadini della polis greca. -
Segreti mutamenti. Concetti fluidi sulla creaturalità e naturalità dell'essere umano
Il percorso riflessivo del saggio non mira a elencare risposte a domande attuali d’indubbio rilievo storico-culturale, bensì a entrare semplicemente, come il soffio del maestrale che scaccia la tempesta, nel dibattito contemporaneo sulla palpabile complessità del rapporto uomo-natura nel delicato intreccio di percorsi scientifici, filosofici e letterari, con particolare attenzione alla poesia e al suo simbolo: rivelazione vivente e istantanea di ciò che è imperscrutabile e presenza costante nella riflessione filosofica novecentesca. Si delineano, così, scorci prospettici o territori concettuali sempre in fieri entro cui si collocano le molteplici e variegate risposte attualmente considerate. Sono argomentazioni nuove? O vecchie considerazioni osservate sotto la lente di una lettura ampliata nell’indissolubile intreccio vitale tra analisi della realtà e trasfigurazione della realtà stessa? Non importa. Ciò che qui si desidera riflettere è la possibilità di considerare assieme al lettore quei segreti mutamenti che lentamente delineano il compito dell’esistenza, della propria creaturalità sempre in relazione alle altre. -
Xavier Zubiri. Il reale e l'irreale
Pensatore centrale nel Novecento, non solo spagnolo, Xavier Zubiri (San Sebastián 1898-Madrid 1983) attraversa il Secolo portandosi dietro le sue contraddizioni e le sue ricchezze. Allievo di Ortega y Gasset, formatosi alla Neoscolastica lovaniense, ingaggia, lungo un’intera vita, un confronto serrato non solo con la contemporaneità filosofica – di cui la fenomenologia husserliana e l’ontologia fondamentale heideggeriana sono le due tappe essenziali – ma anche con quella scientifica di Einstein, Schrödinger, Planck e Heisenberg, fino ad approdare al disegno originale della sua Metafisica della realtà. Centrare così lo sguardo sul binomio reale-irreale – come questa monografia realizza immergendosi nella fitta biblioteca zubiriana – è ben più di un semplice, per quanto acuto, ribaltamento di prospettiva. Irreale è il centauro, e Zubiri, esaminando le sue fattezze teoriche, porta a termine il confronto con la logica fenomenologica dell’oggetto e del giudizio; irreale è anche lo spettro, delineando il quale egli giunge a superare la nozione scolastica di ens rationis come quella di intenzionalità. Ma la tensione tra momento formale e determinazione dei contenuti, ovvero ancora una volta tra realtà ed irrealtà, vige pure nei volumi della trilogia sull’Intelligenza senziente, orientandola a ripensare l’accezione di trascendentale e quella di costruzione, fino a giungere molto oltre il bivio soggettivismo-oggettivismo. -
Mosaico. Tempi in tempesta
Già nella precedente raccolta, Agogiche. Sette variazioni su semplici mosse interiori (2007), Cecilia Rofena aveva mostrato la sua vena plurale, la ‘vocazione’ a cambiare registro, musica, metro. Poesie di ampio, lungo respiro musicale e di complessa sintassi vivevano accanto a composizioni di parole isolate, strette in confini minimi, come “rumori / di idee rare”, solitarie. In Mosaico, invece, il tempo sembra prevalere sullo spazio. Via via che i “Tempi” si succedono il respiro s’accorcia, la parola si isola, si restringe, rimpicciolisce. La poesia raggiunge qui il limite del linguaggio, dove la parola, sfiorando l’origine, è sul punto di azzerarsi. È il rischio che l’autrice sente di dover correre per “evocare insieme la radice generativa delle parole e la loro forza storica”. (Vincenzo Vitiello) -
Notazioni udinesi. Materiali per una ricerca
Oggi, più che agli inizi del novecento, è meno conveniente proporre un “universo senza oggetti” vista anche la loro fi orente permanenza come immagini-di-oggetti. Tuttavia l’eccezionale sovrabbondanza di simulacri e situazioni/simulacro nasconde un numero, almeno uguale, di vuoti/bolle che potenzialmente possono essere “attivate”, messe in funzione o riempite o “abitate”. Il progettare, pensare la città “per vuoti” non è cosa nuova, nelle varie accezioni usate, il luogo/vuoto ha ritmato le rifl essioni sul continuo estendersi, “aprirsi”,del fenomeno città nei territori del paesaggio. Per quanto nella cittàevento si sia prodotto l’annullamento delle distinzioni scalari, non pare radicato in uguale modo un atteggiamento che relativizzi la molteplicità dei tempi (per unità/interni) quando il tutto è rapportato alle dimensioni dell’oggetto architettonico: la forza dell’abitudine del guardare da fuori ci fa perdurare in un pensiero pieno di fisicità prospettica, senza memoria di quella compresenza/comprensione di ambiti e limiti che vede la cosa meno “dicibile” ma più dentro. -
Tempora multa. Il governo del tempo
Il titolo del libro riprende un verso di Lucrezio, «in uno tempore, tempora multa latent», in un istante si celano una pluralità di tempi. I saggi in esso contenuti si propongono di rileggere la tradizione marxista in una prospettiva nuova, privilegiando non il tempo unico del cammino della storia, ma le temporalità plurali che si intrecciano in ogni congiuntura storica data, o, meglio ancora, la costituiscono. Da Rousseau a Marx, da Bloch ad Althusser, da Gramsci ai Postcolonial, la tradizione marxista è così ‘spazzolata a contropelo’. I saggi qui raccolti, esito di un seminario tenutosi nell’Università degli Studi di Milano-Bicocca tra il 2009 e il 2011, pur non proponendo una risposta univoca alla questione, delimitano tuttavia con chiarezza un campo problematico: si è voluto affermare con essi una netta presa di distanza tanto dalla questione della molteplicità irrelata e indifferente dei tempi della chiacchiera postmoderna, quanto dalle temporalità multiple dello stream of consciousness, delle filosofie dell’esperienza. La temporalità plurale oggetto di questi studi è la temporalità reale e immaginaria della vita delle masse, la cui conoscenza è la premessa necessaria di una rinnovata politica di emancipazione. -
Alla ricerca dell'isola che non c'è-C'era una volta un re! Due volumi sulla mente tra clinica, filosofia, neuroscienze, letteratura e altro
Cofanetto contenente i due libri: Alla ricerca dell’isola che non c’è (seconda edizione rivista e ampliata) e C’era una volta un Re!. La mente è un universo in cui c’è sempre qualcosa da scoprire e da conoscere. Questi volumi la presentano da prospettive molto attuali che però raramente si incrociano e dialogano tra loro e che messe a confronto possono delinearne contorni meno sfumati e chimerici. -
Numeri in giallo
Tutto cominciò con lo strano caso della Morte al Club Fermat. Ma l’assassinio di 3, che vi ebbe luogo, fu solo il primo di una serie di crimini efferati, che coinvolsero numeri primi e composti, razionali e irrazionali, se non addirittura cardinali infi niti e problemi NP-completi. Non fu facile venirne a capo: non sempre i fl ebili assiomi dell’aritmetica, o quelli incomprensibili della teoria degli insiemi bastavano a fare luce completa sui misteri. Questa è la cronaca fedele di tutti quegli imprevedibili delitti. -
L' uomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernità. Vol. 9: L'uomo in bianco e nero.
Prestigiosa rivista di fotografia, L’Uomo in bianco e nero offre un interessante confronto tra arti visive. Questo numero contiene inoltre uno straordinario inedito di Gabriele Basilico sulla sua mostra Milano, ritratti di fabbriche. Settore artistico sempre in evoluzione, la fotografia trae la sua ispirazione dai miti del passato. In queste belle pagine gli artisti dello scatto dialogano con la pittura del Novecento per farle omaggio, per innovarla. Un’ampia parte di saggi per mette di penetrare i misteri dell’arte visiva apparentemente più spontanea e immediata, per scovare il respiro del passato, le sue sofisticate tecniche che dominano la luce, le forme, il tempo. Un libro unico per bellezza e ricchezza, un volume che riunisce i più grandi nomi della fotografia italiana contemporanea e i suoi studiosi. Con un inedito di Gabriele Basilico. Prestigiosa rivista di fotografia, L’Uomo in bianco e nero offre un interessante confronto tra arti visive. Questo numero contiene inoltre uno straordinario inedito di Gabriele Basilico sulla sua mostra Milano, ritratti di fabbriche. Settore artistico sempre in evoluzione, la fotografia trae la sua ispirazione dai miti del passato. In queste belle pagine gli artisti dello scatto dialogano con la pittura del Novecento per farle omaggio, per innovarla. Un’ampia parte di saggi per mette di penetrare i misteri dell’arte visiva apparentemente più spontanea e immediata, per scovare il respiro del passato, le sue sofisticate tecniche che dominano la luce, le forme, il tempo. Un libro unico per bellezza e ricchezza, un volume che riunisce i più grandi nomi della fotografia italiana contemporanea e i suoi studiosi. -
Teologia della follia
In questo volume sono affrontati, da 24 autori, alcuni dei molti nodi che legano Follia e Ragione, secondo uno scambio multidisciplinare aperto a ulteriori sviluppi. La filosofia, specialmente nella sua accezione di teo-logia, è il terreno d’incontro e di accoglienza di varie discipline ed epoche storiche, dall’antichità classica, al mito, religione, psichiatria fino all’arte nella contemporaneità. Denominatore comune della ricca proposta è l’equivalenza – semplice e fulminante nella sua immediatezza – tra follia e conoscenza: il logos irrompe nel mondo multiforme della storia della follia per comprendere che è logos essa stessa, forza attiva ed enigmatica del sapere. -
Il mito: uno strumento per la conoscenza del mondo. Saggio introduttivo attorno all'ermeneutica mitica
Questo breve saggio sul mito, argomento sul quale esiste una sterminata letteratura, nasce dall’esigenza di riconsegnare alla filosofia contemporanea uno strumento di interpretazione sulla realtà. Per troppo tempo il mito è stato relegato nei meandri della filologia, della ricerca storiografica e in discipline affini, senza potersi riaffermare nel contesto in cui è nato, la filosofia. In questa sintesi sul “cammino del mito”, ciò che vogliamo fare emergere è l’immensa capacità che ha il mito, di proporsi come strumento funzionale al desiderio umano di esprimere la complessità sul reale.