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La fisica del nulla. La strana storia dello spazio vuoto
«Perché esiste qualcosa anziché il nulla?» Questa antica domanda, ripresa molte volte nel corso della storia da tanti filosofi e pensatori, ci impone di meditare su quella che sembra essere in assoluto la più profonda di tutte le questioni, la distinzione tra essere e non-essere, tra ciò che esiste e il nulla, il punto da cui tutto il resto deriva.rnrn«Un piacere da leggere per i lettori curiosi e una fonte preziosa di idee per scienziati e filosofi» - Carlo Rovellirnrn«Di grande erudizione... un libro utile, educativo e divertente» - Matthew Stanley,rn New York Universityrnrn«Weatherall spiega in modo molto accessibile, comprensibile e chiaro tutto quello che volevi sapere ma avevi paura di chiedere sul nulla (il vuoto quantistico)» - Priyamvada Natarajanrnrn«Weatherall racconta l'affascinante storia di come la nostra concezione del nulla sia cambiata nel corso dei secoli, fino ad arrivare alla moderna teoria quantistica dei campi e alla gravità quantistica» - Sean CarrollrnrnNelle mani di un fisico, però, la domanda assume un valore del tutto inaspettato, come si vede leggendo questo splendido, coinvolgente, intenso e breve libro. Per Newton e la sua legge della gravitazione universale era necessario che esistesse a priori uno «spazio», un palcoscenico dentro il quale si potesse sviluppare il dramma della materia e delle sue leggi. Questo spazio era di per sé teoricamente «vuoto» e veniva occupato dai corpi fisici, che vi subivano «forze» precise. Proprio su questo ci fu un famoso e lungo contenzioso tra lui e Leibniz, e da quella polemica nacquero i primi problemi – filosofici e fisici, a un tempo – sul concetto stesso di spazio.rnCon Maxwell, anni dopo, le cose si fecero ancora più problematiche, dal momento che la nascita del campo elettromagnetico riempiva lo spazio «vuoto» di «qualcosa». Qualcosa che non era l’etere, come inizialmente qualcuno aveva proposto. Le cose peggiorarono radicalmente con Einstein e il suo spazio-tempo curvo, nel quale la trama stessa della realtà si deforma in relazione alle masse presenti; ed è difficile curvare qualcosa che non c’è.rnIl colpo di grazia all’idea stessa di vuoto lo ha dato infine la meccanica quantistica, specie con la teoria quantistica dei campi, nella quale il vuoto diventa in effetti un luogo piuttosto vivace. Per quanto strano possa sembrare, insomma, il «nulla» è «qualcosa». -
Il calcolo del cosmo. La matematica svela l'universo
Nel Calcolo del cosmo troveremo proprio tutto quello che serve sapere per comprendere meglio la meraviglia del cielo stellato sopra di noi.rnrn«Un viaggio affascinante senza soluzioni di continuità e storicamente ben contestualizzato» - Naturern«Usando storie irresistibili e con la sua tipica chiarezza, Ian Stewart ci fa capire come la matematica fa girare il mondo» - Steven Strogatz, autore di La gioia dei numerirnrnLa matematica è stata la vera forza motrice della cosmologia e dell’astronomia fin dall’inizio. È attraverso la matematica che gli uomini hanno letto il grande libro del cielo ed è sempre grazie alla matematica che hanno potuto sviluppare le loro teorie, confrontarle coi dati osservati e avanzare così nella conoscenza del mondo. rnÈ stato il lavoro di Keplero sulle orbite dei pianeti a condurre Newton alla formulazione della sua teoria della gravità. Tutto si poggiava innanzitutto su calcoli matematici. Due secoli più tardi piccole fastidiose irregolarità dell’orbita di Mercurio hanno portato Einstein dritto alla teoria della relatività generale. Sulla base di questi e di molti altri esempi, Ian Stewart spiega in maniera chiarissima le basi della gravità, dello spazio-tempo, della relatività e della meccanica quantistica, mostrando come – grazie alla matematica – tutte queste cose stiano tra loro in una relazione quasi miracolosa ed estremamente elegante. rnDalla formazione della Terra alla Luna, dai pianeti del Sistema Solare alla struttura della Via Lattea, dai milioni di galassie all’architettura stessa dello spazio-tempo, dalle ultime ipotesi sui buchi neri e l’ancora poco conosciuta teoria della gravastar, fino alla possibilità del Multiverso, coi suoi infiniti mondi, magari abitati da forme aliene di vita, alla recentissima dimostrazione dell’esistenza delle onde gravitazionali, insignita del Nobel, e ipotizzate da Einstein cento anni fa. -
Buone ragioni per stare male. La nuova frontiera della psichiatria evoluzionistica
Una malattia è quanto di meno vantaggioso si possa pensare: e allora come ha fatto a sfuggire al radar della selezione per milioni di anni? Perché le malattie non si estinguono?rnrnCome ogni essere vivente, anche noi umani siamo sottoposti a una continua e capillare selezione darwiniana da parte dell’ambiente in ogni nostra più piccola caratteristica. Tutto ciò che abbiamo di svantaggioso ci penalizza, e alla lunga viene eliminato dalla popolazione; tutto ciò che ci avvantaggia viene rafforzato e si diffonde. Una malattia è quanto di meno vantaggioso si possa pensare: e allora come ha fatto a sfuggire al radar della selezione per milioni di anni? Perché le malattie non si estinguono? Vista da questa angolazione, una malattia non è più un’«anomalia» da curare per ristabilire la «normalità». Evidentemente ci sono ragioni evolutive che possono spiegare la sua insorgenza, e che, una volta comprese, potrebbero indicare strategie terapeutiche alternative ed efficaci. Dopo aver scritto, negli anni novanta con George C. Williams, Perché ci ammaliamo, il libro fondante della medicina evoluzionistica, ora con un’enorme esperienza alle spalle, Nesse applica qui questa sua idea alle malattie psichiatriche – il suo campo specialistico – con risultati sorprendenti. L’ansia, ad esempio, non è uno stato «patologico» della mente. La selezione darwiniana l’ha mantenuta nel lungo corso dell’evoluzione umana, perché in realtà è la risposta più «adatta» di fronte ai pericoli. Ha letteralmente salvato la vita ai nostri antenati, che quindi ce l’hanno lasciata in eredità come un dono prezioso. Ma l’ambiente moderno genera grandi quantità di falsi allarmi, questo è il problema. Non si tratta quindi di «guarire» dall’ansia, ma piuttosto di tenere sotto controllo una risposta che di per sé è necessaria, ma che nel nostro mondo industrializzato talvolta funziona troppo bene. Altri disturbi mentali tipici del mondo contemporaneo, dalla dipendenza all’anoressia, sono il risultato di una mancata corrispondenza tra l’ambiente moderno e il nostro passato evolutivo. Ci sono anche buone ragioni evolutive per spiegare i disordini sessuali o la schizofrenia. Prese tutte insieme, queste intuizioni possono aiutare a spiegare la sofferenza umana, mostrando nel contempo nuove vie per attenuarla, analizzando gli individui come individui, caso per caso, e non come portatori di patologie. -
Sei donne che hanno cambiato il mondo. Le grandi scienziate della fisica del XX secolo
I sei brevi romanzi in cui perdersi in questo libro sono quelli di Marie Curie (1867-1934), Lise Meitner (1878-1968), Emmy Noether (1882-1935), Rosalind Franklin (1920-1958), Hedy Lamarr (1914-2000) e Mileva Marić (1875-1948). Per molti saranno nomi sconosciuti, eppure queste sei donne sono state delle pioniere. rnrn«Sei stelle luminose nel buio del secolo breve. La loro luce si è spenta, com’è destino tra gli esseri umani. Ma la loro traccia è indelebile, lungo il cammino del progresso, non solo scientifico, dell’umanità»rnrnrnSono nate tutte nell’arco di cinquant’anni e hanno operato negli anni cruciali e ruggenti del Novecento, che sono stati anni di guerre terribili, ma anche di avanzamenti scientifici epocali.rnC’è la chimica polacca che non poteva frequentare l’università, la fisica ebrea che era odiata dai nazisti, la matematica tedesca che nessuno amava, la cristallografa inglese alla quale scipparono le scoperte, la diva hollywoodiana che fu anche ingegnere militare e la teorica serba che fu messa in ombra dal marito.rnLe sei eroine raccontate da Gabriella Greison non sono certo le sole donne della scienza, ma sono quelle che forse hanno aperto la strada alle altre, con la loro volontà, la loro abilità, il talento e la protervia, in un mondo apertamente ostile, fatto di soli uomini. Sono quelle che hanno dato alla scienza e a tutti noi i risultati eclatanti delle loro ricerche e insieme la consapevolezza che era possibile – era necessario – dare accesso alle donne all’impresa scientifica. Non averlo fatto per così tanto tempo è un delitto che è stato pagato a caro prezzo dalla società umana.rnSono sei storie magnifiche. Non sempre sono storie allegre e non sempre sono a lieto fine, perché sono racconti veri, di successi e di fallimenti. Ma è grazie a queste icone della scienza novecentesca e al loro esempio che abbiamo avuto poi altre donne, che hanno fatto un po’ meno fatica a farsi largo e ci hanno regalato i frutti del loro sapere e della loro immaginazione. Dietro di loro sempre più donne si appassionano alla scienza, e un domani, in numero sempre maggiore, saranno libere di regalarci il frutto delle loro brillanti intelligenze. -
L'ora incerta fra il cane e il lupo
Il corpo di una giovane donna gettato in fosso. Un solo indizio: tre nomi su un'agendina. Un nuovo caso per il commissario Melisrnrn«Tuzzi è bravissimo... lo vediamo in cima a una nostra ideale classifica dei giallisti italiani» - Giovanni Pacchiano, Il Sole 24 Orernrn«Uno dei migliori scrittori, non solo giallisti, italiani» - Fabrizio D'Esposito, Il Fatto Quotidianornrn«Il commissario Melis può contare su una schiera di lettori affezionati. Forse perché assomiglia in qualcosa a Maigret» - Leopoldo Fabiani, La Repubblicarnrn«Una storia poliziesca dal sapore nordico, un plot che non lascia respiro» - Iacopo Guerriero, CultrnrnMarzo 1985: nei campi ancora innevati alla periferia sud di Milano, sotto l'antico campanile dell'abbazia di Chiaravalle, viene trovato il cadavere sfigurato di una giovane donna. Inizia così la nuova inchiesta del commissario Melis, un'inchiesta che porterà passo dopo passo lui e i suoi uomini nel mondo del giornalismo e della più o meno alta finanza. E dei suoi legami più o meno occulti. Ma se, una volta appurata l'identità della vittima, le domande fondamentali sono quelle classiche - chi e perché - altri più sottili e inquietanti interrogativi tormentano Melis, sullo sfondo si una Milano che reca ancora ben visibili le tracce della nevicata che in gennaio bloccò per giorni le attività cittadine. E questi dubbi chiamano in causa gli affetti, le ambizioni e il potere di una società che sembra irrimediabilmente votata al degrado: per scoprire, alla fine, che soltanto nei semi delle carte i cuori sono più forti dei denari. -
La morte segue i magi
«Un libro che non è esagerato definire memorabile. Una storia avvincente, scritta benissimo.» - Fabrizio Roncone, Io donna-Corriere della Serarnrn«Melis è abilissimo a depistarci... Per poi riportarci al vero colpevole, inaspettato, proprio perché gli indizi erano sotto i nostri occhi ma non volevamo vederli» - Francesca Frediani, D-La Repubblicarnrn«Hans Tuzzi, conoscitore autentico, usa la struttura del giallo montandoci sopra un romanzo clamoroso, letterariamente tosto... Gli altri romanzi sull'arte sono accrocchi da mestieranti, questo è vera scrittura» - Flaminio Gualdoni, Il Giornale dell'Arternrn«Questo libro è un gioiello... Pagine di alta letteratura e quanta suspense...» - Giovanni Pecchiano, Il Sole 24 OrernrnChe cosa è vero? Che cosa è falso? Domande che in questa nuova indagine il commissario Melis si ripete con insistenza. Dopo aver assistito casualmente alla conversazione di una coppia di mezza età, si è ritrovato di fronte all’uomo, cadavere, in obitorio. Omicidio? E, se sì, che c’era di falso nell’ordinata vita di Walter Cenzatti, restauratore, per causare una morte così violenta? E ancora: è vero che Leone Maggi era un falsario, ma è proprio vero che è stato ucciso per questo? E, passando dal pubblico al privato, è vero che la sua compagna, Fiorenza, sta attraversando un brutto momento sul lavoro, ma non sarà che anche il loro rapporto è un po’ stanco? E non è affatto falso, invece, dire che quella giovane restauratrice conosciuta durante l’inchiesta... Hans Tuzzi ci regala una nuova inchiesta del commissario Melis, un romanzo corale che va oltre l’etichetta del genere, dove le vicende pubbliche e private dei numerosi personaggi si intrecciano restituendo uno spaccato della Milano della metà degli anni Ottanta. -
I filosofi e il cervello
Uno dei padri delle moderne ricerche sul cervello affronta il più importante organo umano dal punto di vista filosofico e biologico.Come è possibile conciliare il determinismo dei fenomeni fisici con l'impressione che gli esseri umani siano dotati di libero arbitrio? Sembrava che questa domanda fondamentale - che ossessiona da sempre la filosofia - fosse destinata ad essere spazzata via dalla moderna fisiologia del cervello che ha posto il nostro organo superiore al centro delle sue indagini e che, grazie alle più moderne tecniche di scansione, dovesse svelarne ogni mistero. Ciononostante continuiamo a interrogarci sul rapporto tra la mente e il cervello, sull'origine della coscienza, le basi fisiche della memoria e l'immagine del mondo fornitaci dai nostri sensi. John Zachary Young, tra i più importanti biologi del secolo scorso, tenta in questo libro una mediazione. Se da un lato i filosofi affrontano il problema del pensiero in modo troppo astratto, dall'altro lato i biologi tendono a considerare il cervello come una serie di parti anatomiche isolate tra loro anziché come un sistema interattivo in rapporto dinamico con il corpo e con l'ambiente circostante. ""I filosofi e il cervello"""" è stato il primo libro che ha aperto il dialogo tra scienziati e filosofi."" -
Fenomenologia della religione
«Storia della religione, filosofia, psicologia della religione, e disgraziatamente anche teologia, sono, ognuna per la parte sua, tiranne che vorrebbero imporre ai sudditi il giogo preparato per loro. La fenomenologia della religione non solo mira a distinguersi da esse, ma aspira, possibilmente, ad insegnar loro la moderazione.»Il fatto religioso ha sempre opposto una resistenza specifica agli innumerevoli tentativi di «spiegarlo» sino in fondo. Per la sua difficile prensilità, sembra ammettere soltanto approssimazioni parziali, inevitabilmente asintotiche, come testimoniano le discipline votate a individuarne l'origine, a ricostruirne la dinamica storica, a rintracciarne la funzione sociale, a esaminarne con strumenti comparatistici le epifanie cultuali, a indagarne i moventi psichici, a elaborarne il senso filosofico, teologico, antropologico. Il fascio di «luce quanto più possibile policroma» che Gerardus van der Leeuw getta invece sulla religione respinge in un cono d'ombra i modi consueti di interpretarla. Ad attrarlo sono l'oggetto e il soggetto dell'esperienza religiosa, e la relazione tra loro, perché ciò «che la scienza delle religioni chiama oggetto della religione, è in realtà il soggetto della religione stessa». Se «l'uomo religioso desidera una vita più ricca, più profonda, più estesa», ossia «augura a se stesso potenza», van der Leeuw cerca di comprendere quanto avviene nell'esperienza vissuta allo sprigionarsi di quella diversa potenza, che suscita stupore e fa approdare alla fede. Da fenomenologo percorre il varco tra il «caos informe del mondo storico» e la «struttura della figurazione» in cui si inscrivono sacrificio, mito, preghiera, tabù, sacro, rivelazione. Tutte forme che manifestano un'eccedenza rispetto ad altre espressioni umane: «l'uomo vi partecipa, vi agisce, tutto intero». -
Mysterium coniunctionis. Ricerche sulla separazione e composizione degli opposti psichici nell'alchimia
Nell'ampio panorama della produzione junghiana, il Mysterium coniunctionis rappresenta l'opera più importante degli ultimi anni. Oggetto di questi studi che tennero impegnati Jung per oltre trent'anni è la tradizione alchemica. È proprio grazie all'alchimia che riuscì ad agganciare le esperienze e intuizioni acquisite mediante la sua diretta e personale «discesa dell'inconscio» a un materiale parallelo e disponibile obiettivamente. Per Jung l'alchimia non rappresenta soltanto l'antecedente storico della moderna psicologia del profondo, ma soprattutto, con il suo infinito serbatoio di simboli e immagini, costituisce la prima rappresentazione di quegli archetipi sui quali ha innalzato l'edificio della psicologia analitica. -
Complesso, archetipo, simbolo nella psicologia di C. G. Jung. Nuova ediz.
Un'esposizione del pensiero di C.G. Jung che egli stesso giudicò necessaria ed esemplareUn'attività scultorea esercitata sulle cristallizzazioni del magma incandescente delle esperienze interiori: è la celebre metafora con cui C.G. Jung qualificò la propria attività scientifica. Per più di mezzo secolo, e in migliaia e migliaia di pagine, cesellò le forme concettuali tratte da quell'originaria incandescenza. Del loro riordino chiarificatorio - necessario anche per sciogliere gravi malintesi e sfatare i pregiudizi dei critici - s'incaricò di un'impresa espositiva che ottenne il plauso del maestro. Grazie a Jolande Jacobi viene alla luce la fitta tessitura che connette le tre nozioni del pensiero junghiano: il complesso individuale, l'archetipo universale e impersonale e il simbolo in cui l'energia psichica dell'archetipo si manifesta. -
Come funziona il caos. Dal moto dei pianeti all'effetto farfalla
La traiettoria di un pallone è completamente determinata dal calcio del tiratore: a due condizioni iniziali identiche corrisponderanno due traiettorie identiche. È impossibile tuttavia lanciare un pallone, o un dado, esattamente nello stesso modo due volte di fila: ci sarà sempre una differenza, anche se solo di un atomo, e questa differenza, per quanto minuscola, darà luogo a una variazione macroscopica del comportamento del sistema stesso. Si tratta di sistemi caotici, ovvero sistemi che amplificano le differenze iniziali in maniera esponenziale. Ivar Ekeland ci introduce alla teoria matematica del caos attraverso due esempi: la meccanica celeste - il sistema solare, stabile su una scala temporale limitata, su una scala di cento milioni di anni è caotico - e la meteorologia, il caso forse più noto di discrepanza tra cause impercettibili all'occhio dell'osservatore ed effetti di ampie proporzioni -il celeberrimo effetto farfalla di Edward Lorenz. -
L' evoluzione dell'animale umano. «Il terzo scimpanzé» spiegato ai ragazzi
Un'occasione d'oro per capire a fondo chi siamo e scoprire il nostro posto all'interno del mondo naturale.«Questo libro ci porta a pensare a fondo al rompicapo dell'evoluzione umana, per comprendere da dove veniamo e dove siamo diretti.» - Frans De WaalA un certo punto negli gli ultimi 100.000 anni gli esseri umani hanno cominciato a mostrare caratteristiche e comportamenti particolari, molto diversi rispetto a quelli degli altri animali. In breve tempo i nostri antenati hanno iniziato a sviluppare ""strane"""" abilità, come il linguaggio, l'arte, la religione e poi le biciclette, le astronavi e le armi nucleari. Da dove sono venuti questi cambiamenti? Qual è il nostro posto all'interno del mondo naturale? Gli uomini sono diversi dagli animali, ma allo stesso tempo sappiamo bene che sono animali. E dunque in cosa consiste questa differenza, per noi tanto importante? Per rispondere a questa domanda, il grande naturalista e premio Pulitzer Jared Diamond aveva scritto """"Il terzo scimpanzé. Ascesa e caduta del primate homo sapiens"""", che è diventato un classico, un capolavoro di chiarezza espositiva e di serietà metodologica e scientifica. """"L'evoluzione dell'animale umano"""" riprende quel libro e lo ripropone a un pubblico giovane; è un concentrato di sole 250 pagine, scritte in un linguaggio perfettamente accessibile, che ripercorre le ricerche del libro originale, le aggiorna ai dati degli ultimi anni e le rende immediatamente comprensibili anche a chi sia completamente digiuno di conoscenze scientifiche."" -
Al vento dell'oceano
The Roaring Twenties. Oceano Atlantico. È grande. È grosso. È Neron Vukcic. Sta andando a New York.rnrn""Abilità da prestigiatore... Tuzzi è un maestro sofisticato, imprevedibile"""" - Ranieri Polese, Il Corriere della Serarnrn""""Tuzzi continua a non sbagliare colpi e ci regala un altro magnifico giallo, una sfolgorante miniatura letteraria"""" - Fabrizio D'Esposito, Il Fatto Quotidianornrn""""Elegante senza essere lezioso, erudito senza essere noioso. C'è ancora qualcuno davvero convinto che il giallo non possa essere ottima letteratura?"""" - Giampiero Cinque, IBSrnrnAprile 1926. Sul transatlantico Pamphylia Neron Vukcic onora una promessa fatta a sé stesso nel 1914: andare a vivere a New York, la Mela d’Oro del XX secolo. Ma è mai possibile che il delitto non lo segua mentre teso e diffidente naviga verso il Nuovo Mondo? Naturalmente no. E quando in una suite di prima classe Elizabeth Hillman, bella moglie del senatore James R. Hillman, viene sorpresa con la mano sul pugnale piantato nel cuore del banchiere, politico e collezionista Clifford M. Marshall, acerrimo avversario del marito all’interno del Grand Old Party, il capitano della nave deve procedere a un arresto che desta scalpore e scandalo. A Hillman e al fratello dell’accusata non resta che chiedere a Neron Vukcic di smascherare il vero assassino prima che il transatlantico giunga a New York.rnPigro e fedele alla propria pigrizia, Vukcic rifiuta. Ma un senatore e un miliardario americani posseggono argomenti sufficienti a vincere la più ostinata resistenza di un apolide immigrato. Così, con la prospettiva di un pronto rilascio della cittadinanza, di un pingue conto in banca e di una brownstone house affacciata su Gramercy Park, Neron Vukcic si mette al lavoro chiudendo il caso e, nello stesso tempo, la trilogia a lui dedicata."" -
Karman. Breve trattato sull'azione, la colpa e il gesto
Con mossa disvelatrice, Giorgio Agamben individua nel karman/crimen la chiave di volta indoeuropea senza la quale crollerebbero sia l’edificio dell’etica e della politica occidentali sia il soggetto libero e responsabile che ne è il presupposto e l’effetto.rnrn«Il soggetto dell’azione non è che l’ombra portata che il fine getta dietro di sé».rnrnrnAzione e colpa sono concetti- soglia, a tal punto fondativi del pensiero giuridico, morale e politico dell’Occidente da rimanere oscurati dalla loro stessa costitutività. Il carattere liminare di entrambi viene però in luce non appena si rifletta sulla corrispondenza stringente tra il latino crimen, che designa l’azione umana in quanto imputabile e sanzionata, ossia chiamata in causa nell’ordine della responsabilità e del diritto, e il sanscrito karman, che contrassegna l’agire generatore di conseguenze. Con mossa disvelatrice, Giorgio Agamben individua nel karman/crimen la chiave di volta indoeuropea senza la quale crollerebbero sia l’edificio dell’etica e della politica occidentali sia il soggetto libero e responsabile che ne è il presupposto e l’effetto. Questa archeologia pragmatica, più che gnoseologica, della soggettività, rende evidente quanto la presa dell’azione sanzionata sull’agente si rinsaldi sempre più proprio nel momento in cui – con la patristica – la nozione di libero arbitrio intende assicurare la sovranità della volontà, spodestando il primato aristotelico della potenza. Secondo Agamben, non si riuscirà a inceppare il dispositivo volontà-azione-imputazione se non si uscirà dal paradigma della finalità: contro la signoria dei fini va ripensata una politica di mezzi puri, che già Benjamin affidava al gesto inoperoso, capace di disattivare le opere umane e destinarle «a un nuovo, possibile uso». -
Il pianeta dei naufraghi. Saggio sul doposviluppo. Nuova ediz.
«Il libro più organico e sintetico di Latouche.» - Alain CailléMigranti e relitti si inabissano ogni giorno nei nostri mari, con una progressione da ecatombe. I «naufraghi dello sviluppo» di cui Serge Latouche parlava ventisei anni fa, quando uscì la prima edizione del libro, divenuto un classico della decrescita, adesso hanno i volti degli oltre quindicimila esseri umani già risucchiati in cimiteri d'acqua. Non accade spesso che espressioni metaforiche - il naufragio, gli approdi dei sopravvissuti - si inverino tragicamente, sacrificando il possibile che racchiudevano alla realtà peggiore. Un esito tuttavia non imprevisto, quantomeno da parte di Latouche, che nel momento in cui l'Occidente presagiva i trionfi dell'incipiente globalizzazione consegnava a queste pagine un'analisi senza scampo della logica produttivistica e delle sue conseguenze nefaste, e al contempo si congedava dai miti messianici del terzomondismo. Ciascuna osservazione di allora conserva una «terribile attualità» ed è traducibile alla lettera nelle parole-chiave degli odierni obiettori di crescita, se si sostituiscono sviluppo con crescita e doposviluppo con decrescita. Spinti ai margini di tutto dalla tracotanza della modernità, i «naufraghi» raccolgono i Quarti Mondi degli esclusi dei Paesi ricchi e di quelli meno avanzati, e le minoranze autoctone a rischio di deculturazione. La loro forma di resistenza è affidata per intero alla «nebulosa dell'informale», ossia a pratiche economiche atipiche che generano reciprocità in quanto fatti sociali totali, secondo criteri estranei alle categorie del dinamismo industriale. Dai loro fragili laboratori di decrescita non nascono infatti né un capitalismo scalzo né uno sviluppo alternativo, ma prende vita quell'alternativa allo sviluppo che forse sarà in grado di scongiurare la catastrofe. -
Come scrivere un romanzo giallo o di altro colore
«Siamo fatti di polvere, dunque se disdegnate d'impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa» - Flannery O'Connorrnrn«Tuzzi è ilo miglior autore di gialli di qualità attualmente al lavoro» - Corrado Augiasrnrn«Tuzzi è un giallista classico che conosce le regole senza eccessive rigidità» - Mario Baudino,rn la Stamparnrn«Con Tuzzi fai infiniti giri su un ottovolante linguistico strepitoso» - Flaminio Gualdonirnrn«La cultura in un'oasi facile da raggiungere, senza altezzosità o snobismi vari» - Fabrizio D'Espositornrn«In letteratura è come in teologia: valgono le sole domande. O meglio: è l'intelligenza delle domande che costringe a elaborare risposte alla loro altezza. Se chi si appresta a leggere questo libro spera di trovare enunciati regole e precetti più o meno ovvii su come scrivere cosa, allora forse è meglio che abbandoni il libro e l'idea di diventare scrittore. Il talento, l'istinto sono necessari. Vanno educati, certo, ma sono necessari. Uno scrittore autentico i fondamentali li avverte ben prima ancora di elaborarli in concetti. Chi, non pago di affidarsi al tacito insegnamento dei Maestri, sente il bisogno di un prontuario cui attenersi, è meglio che lasci perdere: la letteratura non è un compitino. Men che meno un suo compitino. Per vari aspetti, il processo di creazione letteraria è come il tempo per sant'Agostino: ""Se nessuno mi chiede cos'è, lo so; se devo spiegarlo a chi lo chiede, non lo so più""""». Così esordisce Tuzzi, in questa conversazione che - articolata in dieci capitoli: Prima di scrivere; Stile, struttura, scrittura; Come agganciare il lettore; Dire, non dire, da chi farlo dire; Come caratterizzare i personaggi; Finali chiusi, finali aperti; Buona e cattiva letteratura; Tutti i colori del genere: giallo nero rosa; Due o tre cose sul giallo perfetto? e Due o tre cose sul perfetto lettore di gialli - propone a un più vasto pubblico di lettori il ciclo di lezioni tenuto per Radio Popolare. Non banali ricette di tecnica espressiva o di forma narrativa, non fabula, intreccio, narratore interno esterno o ambiguo, ma più fertili considerazioni su limiti e potenzialità della parola, sulla potente irrealtà della letteratura."" -
Storia del dove. Alla ricerca dei confini del mondo
Da quando l'uomo ha iniziato a misurare lo spazio intorno a sè non ha mai finito di stupirsi -
Darwin, Napoleone e il samaritano. Una filosofia della storia
«Michel Serres è la mente filosofica più fine che esista oggi in Francia» - Umberto Ecornrn«Michel Serres è ciò che un filosofo dovrebbe essere: un uomo che offre alcuni suggerimenti che aiutino a comprendere il mondo in cui si vive» - Corrado Augias, la Repubblicarnrn«Come un Montaigne dell'era digitale, come un Rabelais della globalizzazione, Michel Serres continua a regalarci una percezione totalmente altra della nostra condizione umana» - Nicola Truong, Le Mondernrn«Un principe della metafora al culmine del suo cammino solitario... Emozionante» - Manuel Cohen, L'ExpressrnrnPochissimi azzardano oggi una filosofia della storia. Il garbuglio e l'incertezza dei tempi scoraggiano l'impresa. Per esserne all'altezza occorre una capacità di visione che si spinga molto indietro nel passato, guardi al presente con appassionato realismo e abbia così a cuore il futuro da reclutare senza esitazione l'utopia. Tra i rari intrepidi, il più crepitante è Michel Serres. Ce lo dovevamo aspettare da chi ha attraversato il pensiero di mezzo secolo con la sublime impertinenza dello scompigliatore, sempre intento a spargere il contenuto dei panieri che i concetti astratti etichettano e tengono sigillati. Qui a saltare sono addirittura i sigilli - cronologici, disciplinari, interpretativi - dell'intera vicenda del mondo, il cui Grande Racconto, nella suggestiva narrazione di Serres, dilata la scrittura da invenzione esclusivamente umana a codifica universale comune a rocce, piante e animali, retrodatando gli inizi di tutto e insieme istituendo una continuità tra il primordiale e il digitale. Nella fantasmagoria dei paesaggi macroscopici o invisibili che per millenni si sono generati e offerti alla decifrazione, corrono tre età della storia scandite da altrettante figure emblematiche. Dal regno naturale sotto il segno di Darwin, all'interminabile dominio della violenza mortifera simbolizzato da Napoleone, all'epoca attuale, la più pacifica dall'alba dell'umanità, dove la vita riprende il sopravvento all'insegna empatica del samaritano: ecco la traiettoria che Serres fa culminare nella nostra «età dolce», l'età del dolore alleviato, della negoziazione e del virtuale, che si è lasciata alle spalle l'«età dura» della tanatocrazia insanguinata. Un netto cambio di focale, quello di Serres, se confrontato al dilagante, cupo giudizio sul presente e ai catastrofismi di maniera. Statistiche alla mano, adesso gli uomini, «portatori sani di aggressività», si comportano in modo meno violento rispetto ai loro predecessori, tanto che la sentenza filosofico-politica Homo homini lupus va rovesciata in senso etologico - accudente e solidale come un lupo. Spesso non ce ne accorgiamo, ma il possibile acquista già vigore, perché «il dolce dura più e meglio del duro». -
Il quark e il giaguaro. Avventura nel semplice e nel complesso. Nuova ediz.
I quark sono i mattoni fondamentali della materia. Tutti gli oggetti che vediamo sono composti, più o meno, di quark ed elettroni. Persino il giaguaro, l'antico simbolo del potere e della ferocia, è un fascio di quark ed elettroni, ma che fascio! ,Esso presenta una complessità enorme, il risultato di miliardi di anni di evoluzione biologica. Ma che cosa significa esattamente la complessità in questo contesto, e come ebbe origine?rnrnUno dei fisici più noti del Novecento interviene con un saggio fondamentale, giustamente famoso in tutto il mondo, sul tema della complessità. Le leggi della fisica, in questo racconto quasi autobiografico - ormai un classico della letteratura scientifica, - escono dai meandri della materia e si confrontano con il mondo complesso, quello di un giaguaro, di una società o del cosmo intero. Dopo una prima parte in cui trovano posto le avventure di Gell-Mann in persona, il fisico americano, premio Nobel per la scoperta dei quark, ci introduce ai grandi temi del «semplice» e del «complesso», invitandoci a passare «dal quark al giaguaro», ovvero dalle leggi fondamentali che governano il cosmo e le particelle elementari alla complessità dei sistemi viventi adattativi, frutto di un'evoluzione destinata a durare miliardi di anni. -
L' animale consapevole
Il saggio pionieristico che ha infranto il tabù della consapevolezza animalernUn gatto davanti allo specchio. Che cosa vede? Si riconosce? Pare che alcuni vertebrati e invertebrati reagiscano alla loro immagine riflessa. E girini, ippopotami, ciprini dorati, macachi e gabbiani possiedono una qualche forma di consapevolezza? Insomma, esistono menti non umane? Quando Donald R. Griffin ci si avventurò da pioniere, quello dell'etologia cognitiva era un terreno vergine, a cui guardavano con sospetto l'imperante behaviorismo e quanti nel mondo scientifico ritenevano che l'indagine sulla mente degli animali fosse così scopertamente viziata da una proiezione antropomorfa da non poter rientrare in una seria ricerca sperimentale. Si obiettava che in fondo l'unico modo di accertare se un essere organico sia o meno cosciente - ossia in grado di fornire una relazione sul proprio stato introspettivo - sarebbe chiederglielo, oppure che la distanza filogenetica dall'uomo non autorizza l'attribuzione di una valenza simbolica a comportamenti come la danza scodinzolante delle api. La coscienza animale sembrava collocata senza speranza all'ultimo posto nel gradiente di accettabilità in campo etologico. Controargomentando via via, e sgretolando presupposti giudicati incrollabili, innanzi tutto la differenza qualitativa tra comunicazione umana e animale, Griffin opta per una calibratura estensiva e operativa del suo oggetto di studio: si concentra su immagini mentali, intenzioni, consapevolezza di cose e relazioni, ne rileva il carattere adattivo e intravede la direzione più proficua nell'esplorare la somiglianza delle funzioni neurali degli organismi pluricellulari. Grazie alla sua lungimiranza, oggi esiteremmo a sottoscrivere l'affermazione di Wittgenstein: «Se un leone fosse in grado di parlare, noi non potremmo capirlo».