Sfoglia il Catalogo feltrinelli013
<<<- Torna al MenuCatalogo
Mostrati 6321-6340 di 10000 Articoli:
-
Perelandra
Quando Clive S. Lewis si lanciò, nel corso degli anni Trenta, nella azzardata impresa di scrivere una trilogia di fantascienza metafisica, il mondo non era ancora invaso da miriadi di racconti di guerre stellari. Lewis li anticipò, ma andò ben oltre. Di fatto, ciò che più gli stava a cuore, non era la creazione di remoti scenari cosmici, ma qualcosa di più avventuroso: narrare una nuova sfida fra Bene e Male in cui il Bene riesca a vincere in modo plausibile. E qui, nella descrizione della lotta fra l'eroe Ransom e il feroce Weston che vuole corrompere l'innocenza del pianeta abitato dalla Signora Verde, sta l'essenza del romanzo. -
Il libro dell'orologio a polvere
Junger, anziché fuggire il tempo, lo ha sempre indagato con amorosa pazienza. Per catturare l'essere imprendibile per eccellenza egli ha avuto l'accortezza di scegliere non già la via della pura speculazione ma quella della divagazione, alla maniera dei grandi eruditi seicenteschi. Così al centro ha posto un oggetto, l'orologio a polvere, e intorno a esso, con giri sempre più larghi, ha spinto la sua analisi a investire i diversi modi di vivere il tempo che hanno scandito il corso della civiltà. Dalla clessidra all'orologio meccanico, attraverso la storia di questi oggetti, attraverso il succedersi di queste concezioni, una lunga vicenda ci conduce fino a oggi, e ci fa capire alcuni presupposti taciuti della nostra esistenza. -
Intransigenze
Nabokov aborriva le interviste. Eppure, soprattutto quando diventò una celebrità, dovette subirne alcune. Ma il lavoro di quei malcapitati giornalisti si trasformava in puro pretesto per una strepitosa reinvenzione con cui egli si proponeva innanzitutto di cancellare ""ogni traccia di spontaneità, ogni parvenza di effettiva conversazione"""". Il risultato fu una sorta di concrezione madreporica, dove con gli anni finirono per depositarsi non tanto le idee quanto le """"intransigenze"""" di Nabokov, come dire le reazioni della sua fisiologia di scrittore ai grandi temi (e spesso alle grandi scemenze, come l'""""impegno"""") che vagavano per l'aria. Egli spara bordate in tutte le direzioni: dalla letteratura all'arte, dalla politica alla sociologia e alla psicoanalisi."" -
Cuocere il mondo. Rito e pensiero nell'India antica
Da tempo ormai la nostra civiltà si è abituata a indagare quello che viene definito come ""pensiero mitico"""", a precisarne le modalità. Ma altrettanto non si può dire sia avvenuto per quanto riguarda il """"pensiero rituale"""". Anzi, per alcuni """"rito e pensiero sono di per sé termini antinomici"""". Ora, si dà il caso che tutto questo venga radicalmente messo in dubbio dalla testimonianza di una grande civiltà: l'India. Nell'India antica, quella dei Veda e dei Brahmana (i trattati sui riti, quindi essenzialmente sui sacrifici), apparvero alcuni pensatori, i quali (in epoca anteriore ai primi sapienti greci) si interrogarono su """"ciò che è"""" con stupefacente capacità speculativa. E la forma che scelsero fu appunto quella del """"pensare attraverso il rito"""": erano grandi metafisici."" -
Il cane giallo
«C’era in lei un’umiltà esagerata. I suoi occhi cerchiati, il suo modo di muoversi senza far rumore, senza sfiorare le cose, quel suo fremere d’inquietudine alla minima parola, corrispondevano abbastanza all’idea che ci si fa della serva abituata a ogni durezza. Sotto quelle apparenze si sentivano però come dei sussulti di orgoglio, che lei si sforzava di non lasciar trasparire. Era anemica. Il suo seno piatto non era fatto per risvegliare i sensi. Eppure c’era qualcosa di attraente in lei, qualcosa di torbido, di avvilito, di vagamente morboso». -
La verità, vi prego, sull'amore
"I temi di queste poesie sono l'amore e la disonestà, i due poli tra i quali ci siamo trovati a soggiornare nel nostro secolo, pronti a gloriarci della loro occasionale divergenza ma bravissimi, anche quando siamo sfortunati, a conciliarli fra loro, a fonderli insieme. Ci sono buone ragioni se i versi del poeta oscillano tra la più intensa tenerezza e parossismi di indifferenza, e se da queste oscillazioni nasce uno stridente lirismo che non ha precedenti"""". Così scrive Iosif Brodskij presentando queste dieci poesie di W. H. Auden, composte negli anni Trenta." -
Jung parla, interviste e incontri
C.G. Jung amava definirsi un «introverso», il che non significa che non sapesse trattare con il mondo e in particolare con quella insidiosa manifestazione del mondo che è lintervista. Lungo tutto larco della sua vita, accettò di parlare di se stesso e del suo pensiero con i più svariati interlocutori, alcuni dei quali oscuri, altri illustri come Victoria Ocampo, Alberto Moravia, Mircea Eliade, Charles Baudouin, Miguel Serrano. Ed è sorprendente il fatto che ogni volta, fra le maglie di una forma così aleatoria e sfuggente, Jung abbia voluto e saputo lasciar filtrare delle verità che nei suoi libri rimangono talora celate come in uno scrigno. Queste interviste rappresentano dunque un prezioso controcanto a tutta lopera di Jung, indispensabile sia per chi si accosti ad essa per la prima volta, sia per chi la conosca in profondità. Le novità appariranno insomma equamente divise, anche perché in Jung allo sforzo per chiarire le proprie idee ed esporle in modo piano si accompagna sempre la formulazione imprevista, quasi il guizzo di un ironico sciamano. La presente raccolta fu pubblicata per la prima volta nel 1977. -
La città del Sole
Il titolo completo dell'opera è: ""La città del Sole, cioè Dialogo di Repubblica nel quale si dimostra l'idea di riforma della Repubblica cristiana conforme alla promessa da Dio fatta alle Sante Caterina et Brigida"""". L'opera fu scritta in italiano in due redazioni (1602 e 1611) e in latino in almeno due redazioni (1613-1631) e pubblicata in latino a Francoforte nel 1632 come """"Appendix politica"""" alla """"Realis philosophia epilogistica"""", col titolo """"Civitas Solis idea reipublicae philosophica"""". In questo dialogo il Campanella presenta la sua teoria circa la miglior forma di governo, prospettando una società in cui si realizzino felicità individuale e bene collettivo."" -
Todo modo
Fra le querce e i castagni di un luogo imprecisato e delizioso si apre, come un’oltraggiosa ferita, uno spiazzo asfaltato chiuso da un edificio di cemento, «orridamente bucato da finestre strette e oblunghe». Un albergo? Un eremo? Testimone casuale – ma che sempre meno crede nel caso –, un pittore di fama si troverà a osservare, per pochi, terribili giorni, ciò che avviene in quel luogo. «Esercizi spirituali», gli viene detto. Quegli esercizi che Ignazio di Loyola prescriveva di praticare todo modo, «al fine di cercare e trovare la volontà divina». Qui, attirati dal richiamo e dall’imperio di don Gaetano, uomo di cui nessuno sa scorgere il fondo e che Sciascia delinea magistralmente, convergono personaggi in diverso grado potenti, i quali presto si dispongono a recitare il rosario in compatto quadrato, producendo lo schianto di un coro «atterrito e isterico». Ciò che perseguono non è la volontà divina, ma il delitto, un’altra via dove «non ci si può fermare». Se dovessimo indicare una forma romanzesca capace di rivelare come si compone e come si manifesta quell’impasto vischioso del potere che la politica italiana ha avuto per lunghi anni il funesto privilegio di produrre, basterebbe rimandare alle asciutte pagine di Todo modo, alla scansione crudele dei suoi episodi, che solcano come una traccia fosforescente una materia informe, torbida e sinistra, quale nessun altro romanziere italiano aveva saputo affrontare. Non meraviglia dunque che questo libro, pubblicato nel 1974, possa essere letto come una guida alla storia italiana dei venti anni successivi. -
Marmi
Siamo in una prigione (una Torre vertiginosa) altamente sofisticata: tutto, dal vitto all'orario, dalle letture alla ginnastica, è artificio tecnologico, anche l'aria, gli alberi, l'odore della foresta. Due prigionieri: Publio, un romano autentico, orgoglioso della sua cultura classica, della sua raffinatezza, e Tullio, un barbaro con un passato da soldato, gusti elementari, appetiti immediati. Due uomini che vivono, con naturalezza, un doppio anacronismo. La loro asettica cella pullula di teste marmoree dei grandi poeti latini, Virgilio, Orazio, Properzio: sono i testimoni, e con loro la storia, l'Impero, la poesia. -
Lo spazio e il tempo nell'arte
Il trattato sull'analisi della spazialità e del tempo nelle opere di arte figurativa, che presentiamo qui nella sua prima traduzione in una lingua occidentale, è un testo-cardine nell'opera di Florenskij, e il suo più importante scritto sull'arte. La novità dell'impostazione apparirà subito evidente: Florenskij colloca le forme visive a un crocevia di discipline - tra cui la matematica, la fisica e la biologia - che integrano sinteticamente l'oggetto artistico tenendo conto delle grandi scoperte e speculazioni della scienza moderna, dalla geometria degli spazi curvi di Gauss e Riemann alla teoria dei quanti. Composto fra il 1924 e il 1925 - nel clima di acceso fervore innovativo che caratterizzò i primi anni della Russia sovietica anche in campo artistico -, e rimasto inedito per quasi settant'anni (in Russia è stato solo di recente pubblicato), esso permette finalmente di chiarire la posizione di Florenskij nel dibattito sull'arte di avanguardia. Il volume propone anche il testo delle lezioni che Florenskij tenne fra il 1923 e il 1924 al VChUTEMAS, la scuola d'arte sperimentale sorta a Mosca nel 1920 con un'impostazione simile al Bauhaus. Qui Florenskij affronta i temi che verranno poi ripresi nel trattato, e nel rivolgersi a un pubblico di studenti li arricchisce di illuminanti spiegazioni ed esempi, sviluppando fra l'altro l'essenziale questione del rapporto fra arte e scienza e in particolare fra arte e topologia. -
Lila. Indagine sulla morale
Il romanzo di una navigazione a vela alla ricerca del significato della qualità, fra una bionda Lila che porta guai e la līlā di Siva, che è «il gioco del mondo». «C’è Lila, questa persona concreta, unica, addormentata accanto a lui, che un giorno era nata e adesso era viva e si agitava nel sonno e tra non molto, come tutti, sarebbe morta; e c’è quest’altra, chiamiamola lila, che è immortale, che temporaneamente abita Lila e poi passerà oltre. La Lila che dorme l’aveva incontrata solo da poche ore. Ma la Lila sempre desta, che non dorme mai, era da tanto che lo seguiva. E lui lei». -
La persuasione e la rettorica. Appendici critiche
Morto suicida a ventitré anni, nel 1910, Michelstaedter aveva concentrato il suo genio precoce su unopera, La persuasione e la rettorica, che, nata come tesi di laurea su questi concetti in Platone e Aristotele, si era poi trasformata in un testo formalmente inclassificabile, dove i due termini del titolo assumono significati del tutto peculiari. «Persuasione» è il tentativo, sempre vanificato dalla manchevolezza irriducibile della vita, di giungere al possesso di se stessi, «rettorica» lapparato di parole, di gesti, di istituzioni, con cui viene occultata limpossibilità di giungere alla «persuasione». Opera sconveniente e abbagliante, destinata a una commissione di professori e in realtà protesa a scavalcare il muro della propria epoca, la Persuasione è certo uno dei testi decisivi del pensiero italiano del Novecento. E si può dire che linteresse nei suoi confronti non abbia fatto che crescere, con unimpennata negli ultimi anni, in cui si è assistito alla scoperta di Michelstaedter in molti Paesi che finora lo ignoravano. Mancava tuttavia unedizione filologicamente fondata che riunisse la Persuasione e le sue importantissime e ardue Appendici critiche edizione che ora dobbiamo alle cure di Sergio Campailla. -
La lentezza
Per questo suo primo romanzo in lingua francese Kundera sembra aver sfidato se stesso a raggiungere simultaneamente un estremo di brevità, densità e leggerezza. Sconcertati e incantati, lo seguiamo in una notte di mezza estate dove si intersecano, come in una féerie, due storie di seduzione, separate da più di duecento anni e oscillanti vertiginosamente fra il sublime e lesilarante. Ma questa è solo lintelaiatura di una vicenda che non si lascia raccontare, perché Kundera sembra avervi miniaturizzato una quantità imponente di «temi esistenziali». Primo fra tutti quello della lentezza: una parola di cui scopriremo un senso nuovo, come se non lavessimo mai conosciuta prima. Così, di colpo, ci apparirà evidente che parlare della lentezza significa parlare della memoria e parlare della memoria significa parlare di tutto. La lentezza (1994) è apparso in Francia nel gennaio del 1995. -
Ultimi racconti
«Le storie si raccontano da quando esiste la parola, e priva di storie la razza umana sarebbe perita, come sarebbe perita priva dacqua» - Karen Blixen. Il libro dove la Blixen più si è avvicinata a svelare il suo grande progetto: un romanzo composto di innumerevoli racconti intrecciati. La prima edizione di questi Ultimi racconti è del 1957. -
Che cos'è la vita? La cellula vivente dal punto di vista fisico
Agli inizi degli anni Quaranta, Schrödinger è un fisico teorico fra i più illustri. Insignito nel 1933 del premio Nobel, insegna presso l’Institute for Advanced Studies di Dublino, dove elabora una trattazione illuminante e anticipatrice di un problema cruciale: dare una spiegazione fisica del fenomeno della vita. Le lezioni da lui tenute al Trinity College nel febbraio 1943 vengono elaborate e raccolte in un libretto pubblicato l’anno successivo (e in seguito innumerevoli volte ristampato) con il titolo Che cos’è la vita? A questo interrogativo Schrödinger prova a rispondere applicando i metodi della fisica quantistica allo studio delle molecole viventi di interesse genetico. Egli identifica la questione centrale – come la cellula sia governata da un «codice» inscritto nei geni – e suggerisce l’ipotesi più affascinante: la molecola del gene deve essere un cristallo aperiodico, formato da una sequenza di elementi isomerici che costituiscono il codice ereditario. Tale codice contiene il piano di sviluppo dell’organismo. Il libro suscitò immediatamente grande risonanza, e non soltanto tra i fisici: da esso trae origine la corrente di pensiero che darà luogo alla biologia molecolare, come pure l’adozione di criteri quantitativi nella trattazione dei problemi biologici, in particolare genetici. Dieci anni più tardi, nel 1953, ispirati da quest’opera, Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins scopriranno la struttura del DNA. -
Dagherrotipi
Karen Blixen, che diceva di se stessa «io sono una cantastorie e nient’altro che una cantastorie», era anche una trascinante conversatrice: ne sono prova questi saggi – o piuttosto divagazioni – spesso scritti per essere letti davanti a una platea, visibile o invisibile, nel corso di conferenze e trasmissioni radiofoniche. Passiamo dall’Africa alla Berlino nazista, descritta in un memorabile reportage (prima e unica esperienza giornalistica della Blixen, interrotta dall’invasione tedesca della Danimarca), o dall’ornitologia ai motti, tema, quest’ultimo, ricchissimo per un essere così naturalmente fedele a una visione aristocratica del mondo. E ogni volta è come se la Blixen estraesse da un cassetto, adagio e con delicatezza, un dagherrotipo e, prendendo spunto da quell’immagine che pochi saprebbero far parlare, ci trasmettesse qualcosa di prezioso appreso un giorno – qualcosa che ora, come un vecchio marinaio, vuole far giungere a noi. I dieci saggi che qui presentiamo coprono un arco cronologico che va dal 1938 al 1959. -
I Ching. Il libro dei mutamenti. Con 3 monete
"L'I Ching è come una parte della natura che aspetta di essere scoperta."""" Dalla prefazione di C. G. Jung a questa edizione dell'antico libro cinese di oracoli." -
Il gioco degli occhi. Storia di una vita (1931-1937)
All'inizio di questo libro, il terzo della sua autobiografia, Canetti ci appare circondato dai relitti fumanti del rogo in cui sono stati distrutti i libri di Kien, il protagonista di ""Auto da fé"""". Attorno a sé, vede il deserto e un'incombente rovina. Poi, a poco a poco, la scena ricomincia a popolarsi, e le figure che vi si mostrano sono memorabili. Innanzitutto Hermann Broch, che ci viene incontro come «un uccello, grande e bellissimo, ma con le ali mozze». Poi Hermann Scherchen, l'infaticabile direttore d'orchestra «sempre alla ricerca del nuovo». Poi Anna Mahler, figlia del compositore, con la quale Canetti intreccia un complesso rapporto amoroso. Poi lo scultore Fritz Wotruba, irruento e selvaggio, come «una pantera nera che si nutrisse di pietra». Infine Musil, «sempre in armi, pronto alla difesa e all'attacco», nel suo totale isolamento; e Alban Berg, che si espone al mondo nella sua totale gentilezza d'animo, mentre un lieve cenno di ironia gli sfiora la bocca. E, ogni volta, in questi ritratti in movimento, avvertiamo lo straordinario dono fisiognomico di Canetti. Un gesto, un modo di respirare, un accento, una reticenza, tutto diventa cifra di una figura, emblema di un qualcosa di unico, che però svela un tratto della natura di cui siamo fatti. Dietro a quel dono riconosciamo una fonte inesauribile dello scrittore Canetti: la sua «passione per le persone». A mano a mano che si delineano i profili delle figure, risalta anche, come una presenza palpabile, lo sfondo: Vienna. Di questa città, vista nei suoi ultimi anni di grandezza, nessuno ha saputo tracciare un ritratto altrettanto preciso e affascinante. Come la Vienna dell'""""Uomo senza qualità"""", sull'orlo della prima guerra mondiale, questa di Canetti, negli anni che precedono l'annessione nazista, è un sistema di orbite planetarie, dove conducono esistenze parallele alcune forme pure ed estreme del vero e del falso. Per Canetti, il vero erano sei o sette persone che «seguivano una propria strada e non se ne lasciavano distogliere da nessuno». Il falso era un fitto «gracidio di rane», che proveniva da un mondo culturale pieno di vanità e di sapienza mondana, prodigiosamente abile nel giocare le sue carte e insieme inconsistente nel suo ultimo fondo. In questi anni, Canetti attraversa tutte queste orbite incompatibili e qui le descrive con la trascinante immediatezza del romanziere. Ma il vero centro di questo sistema, il suo Sole, è una singola persona, il dottor Sonne, che vuole dire appunto «sole». Osservato per lungo tempo ai tavoli del Café Museum, poi conosciuto e ammirato, quest'uomo che «parlava come Musil scriveva» diventa a poco a poco il centro di gravità nella vita di Canetti, un'ombra benefica, un «invisibile» Sarastro. A differenza dei tanti che si gonfiano e che si agitano, Sonne non ha, apparentemente, un'opera a cui dedicarsi e non si lascia prendere dall'eccitazione. Parla di tutto fuorché di sé, e ogni volta la sua parola illumina quella singola cosa che cade sotto il suo sguardo. In una città sonnambolica e straparlante, è colui che veglia, come la luce discreta... -
La democrazia diretta
Costretto a rifugiarsi in Svizzera all’indomani della feroce repressione dei moti di Milano del maggio 1898 (i cannoni di Bava Beccaris...), il giovane militante socialista Giuseppe Rensi vi pubblicava nel 1902 la prima edizione di questo libro, che regge benissimo il tempo e sembra riemergere nei momenti più tesi della storia italiana (altre edizioni apparvero nel 1926 e nel 1945). Osservando i caratteri di tre forme di governo (l’antico assolutismo, la monarchia costituzionale e le forme «repubblicane-democratiche moderne»), Rensi si poneva un interrogativo che è rimasto centrale: come impedire che una minoranza organizzata domini sempre una maggioranza disorganizzata? È lo stesso tema che ritroviamo in Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto – e già si delineava in Tocqueville. Come sempre, Rensi è magnifico nell’analisi, nell’enucleare le contraddizioni, nel trarre conseguenze da episodi. E la sua critica, spietata e impassibile nei confronti dell’assolutismo e della monarchia costituzionale, non è meno corrosiva quando si appunta sulla democrazia rappresentativa: proprio per salvarla dai suoi mali cronici Rensi introdusse – con un occhio alla confederazione svizzera – il tema, provocatorio allora come oggi, della democrazia diretta. La democrazia diretta apparve per la prima volta nel 1902 col titolo Gli anciens régimes e la democrazia diretta. Lo riproponiamo qui sulla base dell’edizione del 1926, l’ultima licenziata dall’autore.