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Anatomia dell'irrequietezza
Si tratta di ""un viaggio con Chatwin alla scoperta di Chatwin"""": forse mai come in questo libro (soprattutto nelle notizie autobiografiche e nella lettara al suo editore Tom Maschler) Chatwin è stato prossimo a rivelare che cosa stava al fondo del suo essere e della sua inquietudine di uccello migratore, devoto per istinto alla """"alternativa nomadica"""". Ma perché il nomadismo può proporsi come alternativa alla cosiddetta civiltà? Le risposte si delineano di pagina in pagina attraverso scritti che abbracciano vent'anni di vita breve, intensa, errabonda, dal 1968 al 1987, e rispecchiano le varie incarnazioni di Chatwin: esperto d'arte e archeologo, giornalista, esploratore e narratore. Sono racconti brevi, storie e schizzi di viaggio, ritratti."" -
La solitudine del satiro
"Flaneur"""" come Baudelaire per le vie di Parigi, illuminista paradossale e lieve, Flaiano passeggia per Roma, e la guarda corrompersi stupidamente: luoghi comuni, accademismi, velleità, mode e vezzi di una cultura che, sul finire degli anni Sessanta, si parla e sparla addosso sono l'oggetto e il bersaglio di questo libro postumo. Miscellanea di racconti, aneddoti, ricordi, graffianti definizioni e struggenti o disilluse passioni." -
Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza
L'opera scientifica che più di ogni altra ci ha avvicinato, in questi ultimi anni, a quel ""teatro segreto fatto di monologhi senza parole e di consigli prevenienti, dimora invisibile di tutti gli umori, le meditazioni e i misteri"""" che si chiama """"coscienza""""."" -
Il cavalier bandito e la sposa del cielo
Rudi briganti e brigantesse di nobile lignaggio, fra cui Mikolá, lindomito cavalier bandito; un giovanissimo e sprovveduto conte dellImpero; Markéta Lazarová, «placida vergine» destinata alla vita del chiostro e dagli eventi tramutata in «splendida amante»; un tenace e ambizioso capitano del Re che dallassolvimento del suo difficile compito di disinfestare dai briganti le strade regie si aspetta lagognato titolo nobiliare. Sullo sfondo, una fosca Boemia feudale. Questi personaggi, questi luoghi si intessono in una storia di agguati e di sortite, di ammazzamenti e di battaglie, in un epos di amore e morte in cui la voce narrante ha il timbro dellantico cantastorie, come anche il suo pathos e la sua virtù di onnipresenza. E anche là dove laffabulatore scopre il suo gioco, abbandonandosi a commenti e confronti che sono del narratore di oggi, sempre traspare la fascinazione per quellumanità violenta e sanguinaria, ma capace di intense passioni elementari. Indiscusso maestro della narrativa cèca (a lui Kundera dedicò la sua tesi di laurea), stilista raffinato e audace sperimentatore, Vancura resta in Italia uno scrittore da scoprire. E per conoscerlo non cè forse occasione migliore di questo romanzo, dove la sua prodigiosa capacità di far rivivere asprezza e lirismo del Medioevo trova sostanza in una lingua sontuosa e composita, pronta ad accogliere ingredienti inusitati, come per esplorare le più remote potenzialità della parola. Il cavalier bandito e la sposa del cielo (Markéta Lazarová) fu pubblicato a Praga nel 1931. -
Turista da banane o Le domeniche di Tahiti
Oscar Donadieu, giovanotto sensibile e introverso, ultimo erede di un potente clan di armatori della Rochelle, sbarca a Tahiti sognando «di immergersi nella natura, di vivere a tu per tu con lei e con lei sola, rinunciando agli agi della civiltà». Eppure, già nel corso della traversata, qualcuno lo ha messo in guardia: «Forse farebbe meglio a non scendere dalla nave e a tornarsene dritto in Francia». Eviterebbe così di diventare uno di quelli che i locali definiscono sprezzantemente «turisti da banane», relitti della vita tropicale vaganti fra sbronze tristi, ragazze facili, squallide notti e sordidi intrallazzi. Con fierezza, Donadieu pensa che queste cose possono succedere ad altri, non a lui. Ma la realtà è vischiosa, e il destino ignora la geografia. E a dispetto dello scenario di palme e luce abbagliante, la cupa sorte della famiglia Donadieu non tarderà a compiersi, in questo romanzo dell’evasione impossibile. -
Il crocevia delle tre vedove
Lei veniva avanti, la figura ancora indistinta nella semioscurità. Veniva avanti come la protagonista di un film, o meglio come la donna dei sogni di un adolescente. Era vestita di velluto nero? Fatto sta che era più scura di tutto il resto, che spiccava come un’ombra intensa, sontuosa. E la poca luce ancora sospesa nell’aria si concentrava sui suoi capelli biondi e leggeri, sul viso opaco. «Ho saputo che desidera parlarmi, commissario... Ma la prego, si accomodi...». Il suo accento era più marcato di quello di Carl. La voce cantava, abbassandosi sull’ultima sillaba delle parole. E il fratello le stava accanto come uno schiavo al fianco della regina affidata alla sua protezione. -
Pirandello e la Sicilia
«Una “notizia” della Sicilia attraverso particolari letture ed esperienze»: così Sciascia definiva, dandola alle stampe nel 1961, questa raccolta di scritti, aperta dal grande saggio pirandelliano che dà il titolo al volume – e che rimane forse la guida migliore per avvicinarsi a un’opera tanto popolare quanto equivocata. Civettando con la semantica, Sciascia usava il termine «notizia» nel senso che ad esso potevano dare, nelle opere in cui partecipavano le proprie intuizioni e scoperte, un erudito o un viaggiatore del Settecento. Così, l’acutissima analisi della figura di Pirandello si trasforma subito in «viaggio» lungo il difficile tragitto, colto nei suoi momenti cruciali, che porta una cultura arcaica a incontrare la modernità; così, capisaldi della «sicilitudine» quali Verga e Tomasi di Lampedusa incrociano, a riprova del gusto dell’autore per l’esplorazione del passato, personaggi rimossi e abbandonati all’oblio nelle biblioteche, come Emanuele Navarro della Miraglia, letterato e novelliere noto a Dumas e forse amato da George Sand, o come il poeta pornografo catanese Domenico Tempio, arditamente accostato allo Henry Miller del Tropico del Cancro. A scorrere, con questi, gli altri temi presenti nella silloge – la mafia, ancora, interna e da esportazione, e una riflessione amarissima sui fatti di Bronte –, si ha spesso l’impressione di assistere al comporsi del mosaico di un pensiero variegato e a tratti febbrile, sempre coerente, sempre puntuale nel riferimento alla realtà. -
Il libro degli amici
«La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie»HUGO VON HOFMANNSTHAL Un «paradiso di pensieri», legati per affinità e offerti in dono ad altri affini, i lettori. -
La piccola commedia. Novelle giovanili
Scritte fra il 1885 e il 1907 e in gran parte inedite in Italia, le novelle qui raccolte ci riportano alla fase aurorale di un itinerario artistico. Ci sono già tutti i temi che Schnitzler elaborerà in forma più ampia nelle opere successive: lintreccio di amore e morte, la casualità dei destini, il gioco, il duello, i tradimenti, le infedeltà coniugali, la gelosia, il gusto del travestimento, lincessante oscillare fra realtà e finzione, la ricerca di emozioni e sentimenti perduti. Trascorrendo da un registro allaltro, Schnitzler alterna la malinconia del ricordo allo scandaglio dellanimo, lanalisi dellangustia borghese al capriccio del divertissement, e ci consegna una galleria di personaggi che non sanno ancora di essere terribilmente schnitzleriani: mariti traditi, mogli fedifraghe, artisti persi dietro alle loro creazioni, cocotte dalto bordo, aristocratici viveur, studenti squattrinati. Sullo sfondo ma è uno sfondo così pervasivo da impregnare di sé ogni storia , una Vienna tutta presa a officiare i suoi riti nei luoghi deputati (il teatro, il caffè, la sala da ballo, il Prater, losteria dei sobborghi), affatto ignara, si direbbe, dei primi scricchiolii. Così come il suo amico Hugo von Hofmannsthal, che a diciotto anni scriveva liriche e prose di goethiana sapienza, Schnitzler ci offre il rarissimo esempio di una giovinezza in cui la maturità è un dato acquisito e le virtù più ardue da raggiungere quali sobrietà e incisività sembrano appartenere da sempre alla fisiologia dellautore. La piccola commedia apparve per la prima volta nel 1932. -
Notte, giorno e notte
Szczypiorski è un maestro della narrazione polifonica. Qui sembra che la sua arte abbia raggiunto il culmine. Parlano molte voci: un ebreo addetto ai crematori di Auschwitz, un agente della GPU, un ufficiale nazista, un perseguitato del regime comunista, una donna ""bella come la Polonia"""", oltre a una folla quasi anonima di """"figli delle tenebre"""". Voci che rievocano quello che hanno visto, compiuto e subìto nei decenni cruciali fra l'insorgere della pestilenza nazista e il crollo dei regimi staliniani. Dall'intreccio delle loro deposizioni, che si smentiscono e si confermano a vicenda, pare di scorgere un paesaggio di macerie, e insieme il profilo del tempo, non ancora concluso, in cui vi era solo la """"Storia insaziabile e sinistra""""."" -
La notte
Per lunghi anni, mentre «le autorità politico-religiose» erano «riunite in conclave estetico, per decidere se la letteratura» fosse «fatua o semplicemente criminosa», Giorgio Manganelli esplorò instancabilmente quella che qui viene definita «sostanza notte» – da non confondere con la «notte accidentale» che tutti conosciamo, «cosa senza paragone diversa». Una notte integra e compatta, che ha «forma di parallelepipedo» e non si lascia «ledere»; una sostanza che, sebbene molti vi riconoscano un «muro di tenebre» e una «piaga senza storia» da abolire senza esitazione, pur sempre riesce ad attirare dentro di sé taluni che le si rivolgono nella speranza di poterla modificare. Costoro a volte finiscono addirittura per invaghirsene e infettarsene, fino a diventare «dei notturni periferici, inetti a vivere all’interno di quella notte compatta, e repugnanti a perdurare nel nostro mondo della notte accidentale». A questi esseri, fra i quali vanno annoverati molti dei suoi lettori, Manganelli consegnava cronache e notizie della terra cimmeria in cui ormai costantemente soggiornava, perseguendo un’equa distribuzione di forme: dai travolgenti corsivi destinati alla prima pagina dei quotidiani ad ardue costruzioni in forma di libro, sempre tese al punto dove «quello che viene scritto è il nulla». In una zona appartata, e solo in rari casi mostrandosi al pubblico, si accumularono anche dei racconti, di cui qui presentiamo un’inedita e folta silloge corrispondente a un progetto tracciato dall’autore. -
Il picnic e altri guai
In questa raccolta variegata, nella quale, inopinatamente, mancano gli animali, Gerald Durrell ci propone con la consueta, vivacissima grazia cinque sketch di grande malia, spaziando in generi per lui insoliti: l’erotico, il macabro, lo horror. Nei primi due compare, nella sua veste più ilare, la celebre «famiglia»: la saga riprende con uno dei picnic più disastrosi della storia del turismo, e procede con una surreale traversata da Venezia alla Grecia nella quale ogni piccolo incidente di bordo si trasforma in pochade. Seguono un interludio veneziano con Ursula, la bellissima amica bislacca che sbaglia le parole e procura a tutti innumerevoli catastrofi, e un improbabile corso di educazione sessuale, di cui lo stesso Durrell è il titolare improvvisato. Dopo una prelibata avventura culinaria nel Sud della Francia con finale a sorpresa, la raccolta si chiude con un racconto di vampiri di gotica suspense. In queste pagine Durrell ci offre con prodigalità la sua dote più amabile: l’arte di trasformare ogni esperienza in divertimento. -
La famosa attrice
Fra il 1863 e il 1877 ci fu tra i letterati francesi una fiammata d’interesse per un testo anonimo inghiottito dal tempo: La famosa attrice. L’interesse nasceva da più ragioni. Perfida requisitoria contro una chiacchieratissima attrice di grande notorietà e seduzione, Mlle Molière (al secolo Armande Béjart), La famosa attrice colpiva di striscio anche la memoria di Molière, qui rappresentato non solo come becco proverbiale, ma anche, all’occasione, sodomita. In secondo luogo, La famosa attrice appariva come documento impareggiabile, e in gran parte veritiero, della vita teatrale parigina sotto il Re Sole. Infine, la qualità e lo stile del libro. Serpeggiava nel Settecento il sospetto che il pamphlet fosse da attribuirsi a Racine o a La Fontaine. È un’attribuzione che dice tutto. Per quanto nato dalla polvere del palcoscenico, La famosa attrice porta i segni di «una mano superiore». La verità e la falsità di un documento possono coesistere pacificamente? Il curatore di questa edizione italiana, che segue dopo più di un secolo quelle introvabili francesi, pensa che pochi documenti storici, più di questo scandaloso libello, siano portatori di un’ambiguità esemplare. La famosa attrice ci insegna come tra una verità storica e il più bugiardo pettegolezzo possa esserci una parete sottilissima: sottilissima, ma anche incommensurabile, perché magica e impraticabile come una distanza stellare. E il saggio che Cesare Garboli ha dedicato a questo testo ci aiuta appunto a misurare quella distanza. -
Il caso Saint-Fiacre
«La contessa di Saint-Fiacre teneva ancora la faccia tra le mani. Era rigida, immobile, come la maggior parte delle altre vecchie. «“Ite missa est... La messa è finita...”. «Solo allora Maigret capì quanto era stato angosciato. Quasi non se n’era reso conto. Senza volerlo sospirò di sollievo [...]. «Ancora tre persone... Due... Qualcuno spostò una sedia... Rimaneva solo la contessa, e Maigret ebbe un fremito d’impazienza... «Il sacrestano, che aveva concluso il suo compito, gettò uno sguardo alla signora di Saint-Fiacre, e un’espressione dubbiosa gli si dipinse sul volto. In quel medesimo istante il commissario avanzò. «Giunti accanto a lei, rimasero entrambi stupiti di quell’immobilità e cercarono di vedere il volto che le mani giunte continuavano a nascondere. «Turbato, Maigret le sfiorò una spalla. Il corpo vacillò, come se fino a quel momento fosse stato sorretto da un filo, poi rotolò a terra e rimase inerte. «La contessa di Saint-Fiacre era morta». -
Il ragno nero
Le storie di questo autore non si spingono oltre le valli della Svizzera tedesca. Eppure, pochi narratori hanno un respiro epico paragonabile al suo. Fra i suoi racconti Il ragno nero spicca come il più conosciuto. Nel racconto, che si apre come una storia di battesimi di paese, l'inconscio esige per la prima volta il ruolo di protagonista e appare alla luce gettando nel panico chi lo percepisce. Il terrore che qui si genera sarà tanto più intenso in quanto non si configura all'interno di una cornice che presenta tutti i connotati del fantastico, ma al contrario interviene e agisce nell'ambito di un mondo quieto, ordinato, solerte, sullo sfondo di una natura che sembra ignara del male. -
Re, donna, fante
In una sequenza di vetrine, pozzanghere, occhiali e specchi, da quelli che riflettono un'identità molteplice a quelli che evidenziano le deformità della pelle, Nabokov seziona e riassume tre figure e tre gradi della coscienza, tre stadi della percezione di sé e degli altri: dal malessere profondo e ottundente, alla gretta volgarità con il suo lessico primitivo, fino a una più consapevole, ma sempre riviata ricerca della felicità. Questo romanzo, nato due volte nella mente di Nabokov, prima in russo e quarant'anni dopo in inglese, trae vita dall'osservazione concreta del mondo, dall'occhio che coglie nell'esperienza comune il gesto più remoto e più preciso, quello che accenderà la ""scintilla sensoriale""""."" -
Il puro e l'impuro
Il libro di ""quei piaceri che chiamiamo, alla leggera, fisici"""", Colette ebbe a dirne: """"Un giorno forse si riconoscerà che era il mio libro migliore""""."" -
Filosofia, poesia, storia. Pagine tratte da tutte le opere a cura dell' autore
Lo storicismo e la sua filosofia, l'appello alla ragione critica e alla ""religione della libertà"""" sono nel Croce di questa silloge, più che in ogni altra fase della sua lunga vicenda di pensiero, una professione di alta moralità, alla cui luce vanno lette anche le pagine mirabili di analisi letteraria, poetica e storica che l'antologia comprende."" -
Sommario di decomposizione
Quando il Sommario apparve a Parigi, nel 1949, Cioran era un oscuro apolide, che aveva già pubblicato in Romania opere importanti, ma ignorate da tutti. La cultura francese inclinava per l'engangement e le sue molteplici bassezze, che sarebbero poi venute alla luce con decenni di ritardo. Cioran era perfettamente solo e, con queste pagine, scopriva una lingua, il francese, di cui si rivelava subito maestro. Non alla maniera di Sartre ma piuttosto a quella di Chamfort e di Pascal. Con un solo gesto Cioran presentava tutto se stesso. Così non meraviglia che questo libro abbia avuto la ventura di incontrare come traduttore in tedesco uno dei poeti più alti del secolo: Paul Celan. -
Donoso Cortés. Interpretato in una prospettiva paneuropea
Cortés aveva della storia una visione disperata: per lui ""l'umanità era una nave sballottata per il mare senza meta, carica di una ciurma sediziosa e volgare, reclutata a forza, che balla, canta a squarciagola, finché l'ira di Dio la precipita in mare in modo che torni a regnare il silenzio"""". La capacità di dare degli eventi cui assisteva una interpretazione così lucida gli consentì di percepire come nessun altro il vero senso dell'enorme opera di rimozione che l'Europa stava mettendo in atto per il tramite della prosperità economica, del progresso tecnico e del positivismo che contrassegnarono gli ultimi decenni del XIX secolo.""