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Lei lo sapeva? I tedeschi rispondono
La persecuzione e lo sterminio delle persone giudicate ""indegne di vivere"""" nei dodici anni del Terzo Reich spingono ancora oggi a chiedersi come ciò sia potuto accadere. Per rispondere a questo interrogativo si può far ricorso a diverse strategie: all'indagine storiografica, alla raccolta di testimonianze, all'opera di finzione. Questo libro sperimenta la seconda strada, facendo parlare le persone che non sono state vittime del regime nazionalsocialista e che, in quegli anni, condussero una vita """"normale"""". Chiedendo: """"Lei lo sapeva?"""" Kempowski illumina le infinite sfumature che separano l'indifferenza dalla presa di coscienza, la passiva accettazione dall'atto di resistenza. Chi legge queste risposte farà fatica a non interrogarsi anche sul presente."" -
La vita perfetta di Mirza Mazhar Jan-I-Janan...
Shamsuddîn Habîbullâh Mîrzâ Mazhar Jân-i Jânân (1699-1781) fu uno dei protagonisti della vita culturale e spirituale di Delhi in un periodo denso di calamità e disordini. Fu un poeta raffinato, un esegeta colto e profondo, un asceta e un maestro. La sua figura, tuttora largamente sconosciuta al di fuori dell’India, ha in realtà rappresentato una delle massime espressioni del Sufismo nell’epoca moderna. Le storie ci raccontano di un Mîrzâ Mazhar, figlio di nobili, che sin dalla più tenera età manifestò i segni di una profonda indole amorosa, tanto che egli stesso riconobbe che «l’inquietudine della passione e dell’amore è il lievito della mia natura». Fu discepolo dei più importanti maestri della Naqshbandiyya-Mujaddidiyya, fino a diventare sotto ogni aspetto l’erede del Mujaddid-i Alf-i Thânî, “Il Rinnovatore del secondo millennio dell’Islâm”, Shaykh Ahmad Sirhindî (m.1624). È quasi inevitabile, sfogliando gli scritti naqshbandî riguardanti gli aspetti metodici della via iniziatica, che ci si imbatta in qualche notizia riferita a Mîrzâ Mazhar e ai suoi modi di condurre i discepoli, di guarirli dalle malattie del corpo o da quelli interiori, di leggere in profondità nel loro essere più intimo. Morì per mano di un assassino fanatico, che lo ferì mortalmente ma che gli lasciò anche il tempo, durante un’intensa agonia, di ribadire per l’ultima volta il senso dei suoi insegnamenti. Ci rimangono i suoi discorsi, le sue lettere e le sue poesie, e gli episodi della sua vita, tramandati dai suoi discepoli. -
Quaderno dell'istituto di psicoterapia del bambino e dell'adolescente. Vol. 30: l figlio nel groviglio della coppia.
Soggetto attivo di questo quaderno può essere considerata la coppia in sé, che trova spazio sia nel seminario condotto dalla Dott.ssa Norsa - Il bambino come sintomo della collusione di coppia - sia nella giornata organizzata dalla Dott.ssa Capuzzo - Genitori separati figli divisi -, che nel contributo portato dalla Dott.ssa Vegetti Finzi - Parole che feriscono, parole che curano: quando i genitori si dividono. La dimensione intrapsichica e quella interpersonale, in una diade coniugale, si presentano sempre intrecciate, per questo il bambino può entrare nella collusione di coppia come testimoniano le esemplificazioni cliniche della Dott.ssa Arena e dalla Dott.ssa Vitali. L’assenza di una buona qualità del legame della coppia coniugale può provocare effetti molto distruttivi sia per il bambino sia per i genitori. Vengono trattati aspetti legati al come e quando parlare ai bambini, alle reazioni che essi possono mettere in opera di fronte alle crisi della coppia coniugale ed all’evento separazione nello specifico. Oltre ad alcuni psicologi psicoterapeuti, un magistrato ed una mediatrice familiare dialogano in modo interlocutorio, in questo volume, in qualità di specialisti spesso in contatto diretto con gli attori coinvolti nella separazione stessa, mostrando come sia fondamentale non trincerarsi in un rigido corporativismo, ma condividere una cornice di senso in cui si inscrivono le emozioni intrinseche alla separazione. Il lavoro della Dott.ssa Robutti - Introduzione alla prospettiva psicoanalitica intersoggettiva - si colloca tangenzialmente come cornice al tema centrale del quaderno, riportando all’attenzione i più importanti costrutti psicodinamici sottesi alla nostra professione di psicoterapeuti, focus nell’osservatorio del lavoro. INDICEGiornata di studio coordinata da Diana Norsa, 17 Marzo 2007 “Il bambino come sintomo della collusione di coppia”D. Norsa: Natura, origine del legame di coppia e sue vicissitudini nel ciclo di vita della coppia. G. Arena: Esemplificazione clinica di psicopatologia nell’infanzia Bruno –Voglio la Gonna di Velluto Rossa–. R. Vitali: Esemplificazione clinica di psicopatologia nell’adolescenza Arianna –La Bella e la Bestia–.Giornata di studio coordinata da Wally Capuzzo, 19 Aprile 2008 “Genitori separati, figli divisi”A.M. Caruso: La nuova normativa in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli. W. Capuzzo: Risvolti psicodinamici delle separazioni genitoriali sui bambini. C. Cavatorta: Le parole silenziose dei bambini. E. Armano, W. Capuzzo, C. Cavatorta, V. D’Anchise e M. Fumagalli: Riflessioni sull’applicazione della nuova legge sui bambini. A. Robutti: Introduzione alla prospettiva psicoanalitica intersoggettiva. S. Vegetti Finzi: Parole che feriscono, parole che curano: Quando i genitori si dividono. RecensioniR. Vitali: T.H. Ogden, L’arte della psicoanalisi. Cortina, Milano, 2008. -
Roland Barthes. La visione ottusa
Dire di Roland Barthes è dire della scrittura, del testo, della significanza, dell’ascolto, della seduzione, del ricordare, del dettaglio esorbitante e inutile, dell’incontro irripetibile, dell’infunzionale, del singolo, dell’ingiustificabile, dell’unico, dell’eccedente. Un dire di Barthes, che, essendone la lettura, è esso stesso inevitabilmente riscrittura, ascolto, spostamento, apertura verso ciò che è irriducibilmente fuori dal potere del detto, dell’interdetto, della memoria, della trascrizione e fuori dall’arroganza che tutto questo accompagna, come pure dall’ovvio con cui tutto questo si giustifica. Una visione ottusa quella di Barthes: la visione della scrittura come de-scrittura di quanto è dato come scritto, descritto, prescritto, proscritto. -
Linguaggio e mito in Paul Ernst. Indagine su una fonte di Wittgenstein
“Se mai il mio libro verrà pubblicato, nella sua prefazione dovrà essere ricordata la [postfazione] di Paul Ernst alle fiabe dei fratelli Grimm, che avrei dovuto menzionare già nel Tractatus logico-philosophicus, come la fonte dell’espressione fraintendimento della logica del linguaggio”. Ludwig Wittgenstein, 1931. Il debito che Wittgenstein riconosce al poeta e drammaturgo tedesco Paul Ernst circa l’espressione “fraintendimento della logica del linguaggio” apre suggestive prospettive di ricerca. Attraverso la ricostruzione dei passaggi salienti della riflessione teorica di Ernst, l’indagine mette in luce la funzione fondamentale che egli attribuisce al linguaggio nella costruzione e nello sviluppo delle materie mitiche. In particolare, emerge il valore del mito come strumento di formazione dei popoli e come deposito di un senso morale del mondo. Ernst ritiene che ciò trovi riscontro nel ruolo svolto dalle forme linguistiche ed evidenzia la stretta interdipendenza tra le trasformazioni del linguaggio e quelle della visione del mondo. Alla luce di queste considerazioni, i riferimenti a Ernst nell’opera di Wittgenstein permettono di valutare l’entità dell’influsso che il poeta tedesco potrebbe aver esercitato sul filosofo austriaco. -
La disperazione. Saggi sulla condizione umana tra filosofia, scienza e arte
ll volume raccoglie gli atti di un Seminario sul tema “Disperazione” al quale hanno contribuito studiosi italiani e stranieri di diverse discipline: dalla filosofia alla psicologia e alla psichiatria, dalla storia delle letterature a quella dell’arte. Nelle venti relazioni qui presentate appare in una insospettata varietà la massiccia presenza di un sentimento e di una condizione che sembrano caratterizzare nella maniera più ricca e insieme drammatica la condizione dell’uomo contemporaneo. -
La forza dell'immagine. Argomentazione trascendentale e ricorsività nella filosofia di J. G. Fichte
L’immagine non è solo un oggetto dell’indagine teorica ed estetica. Essa costituisce il trascendentale, l’inaggirabile condizione genetica di possibilità del pensiero e dell’essere. Questa è la tesi di Johann Gottlieb Fichte, che comprese l’immagine come ‘concetto assoluto’ e potente forza di configurazione dell’esperienza: una proposta teorica che, nell’epoca dell’iconic turn, risulta particolarmente avvincente sotto il profilo filosofico. La prima parte del volume discute la logica fichtiana dell’immagine articolandone le proprietà: autoriflessività, ricorsività, creatività. La seconda studia il dispositivo argomentativo di cui l’immagine è ‘motore’: l’esibizione performativa della coerenza strutturale tra ciò che la filosofia dice e ciò che essa fa. -
Sulla violenza
La violenza è un tema di sicura attualità che coinvolge, volenti o nolenti, tutti quanti noi quotidianamente in quanto problema dell’azione nelle relazioni sociali. Esiste, certo, anche la violenza del pensiero, ma non è questo ad interessare qui, poiché il pensiero è quanto permette invece di esplorare le diverse formulazioni in cui i rapporti tra gli uomini, e le loro modalità espressive, si declinano violentemente. Il primo dato è che la violenza non è una sostanza, ma una forma delle relazioni che costituiscono la comunità. Il secondo è che, per poterne pensare una qualsiasi alternativa, è necessario prima svolgerne un’analisi critica delle forme. Entrambe queste premesse accomunano i lavori qui raccolti che fanno degli scarti tra le diverse declinazioni della violenza la chance per proporre punti di vista originali. In tal senso, risulta assodato che non è più sufficiente rifarsi alla non-violenza, se non rischiando di dimorare in una prospettiva ingenua. È necessario invece ripensare ciò che fonda l’azione umana focalizzando quanto è in gioco nello stare-in-comune dell’uomo per poter indicare un’alternativa efficace. La tradizione risulta allora un fondo prezioso cui attingere per problematizzare la violenza e la sua appartenenza alla natura umana. Per questo nei saggi qui raccolti sono certo presenti riferimenti classici ma, ancor più, richiami alle riflessioni provocate dall’urgenza storica degli eventi che segnalano un nuovo momento critico. -
La singolarità del genere. Biopolitica e comunismo
Quelle portée a encore le communisme à un moment où la conceptualité philosophique moderne a signalé son manque de prise analytique sur les procès de globalisation ? Mais surtout, à un moment où sa possibilité de mise en pratique politique apparaît irrémédiablement hors du monde ? L’hypothèse avancée dans le cinquième volume de la « La Rose de Personne » est que l’instance communiste peut encore révéler sa nécessité si elle est déclinée en des termes bio-politiques. La bio-politique a ici le sens de matrice de toute déconstruction du lexique et des pratiques de la souveraineté juridique et représente l’arsenal conceptuel capable de bloquer les logiques du bio-pouvoir global, à partir des prérogatives productives de l’existence. D’où cette nouvelle question : la singularité générique peut-elle devenir ce vecteur pouvant définir un nouveau plan d’action du communisme ? Le communisme peut-il, sans être réduit à une idée, désamorcer la violence de l’individu propriétaire ? Quale rilevanza conserva il comunismo nel momento in cui la concettualità filosofica moderna ha segnalato la sua mancanza di presa analitica sui processi di globalizzazione? Ma soprattutto, quando la sua praticabilità politica sembra irrimediabilmente fuori dal mondo? L’ipotesi avanzata nel quinto volume de “La Rosa di Nessuno” è che l’istanza comunista possa rivelare una sua cogenza se ripensata in un’ottica bio-politica. La bio-politica è qui intesa come la matrice di qualsiasi decostruzione del lessico e delle pratiche della sovranità giuridica, e rappresenta l’arsenale concettuale in grado – a partire dalle prerogative produttive dell’esistenza – di bloccare la logica del bio-potere globale. Da qui la riformulazione della questione: la singolarità generica può divenire quel vettore in grado di definire un nuovo piano di azione del comunismo? Può così il comunismo, senza ridursi a un’idea, disinnescare la violenza dell’individuo proprietario? Dans ce numéro interventions de In questo numero interventi di Pierandrea Amato, Adalgiso Amedola, Alexsandr Bogdanov, Alain Brossat, Wendy Brown, Andrea Cavazzini, Roberta Cavicchioli, Fabrizio Denunzio, Giuseppe Antonio Di Marco, Paola Di Mauro, Roman Dominguez Jemenez, Mathilde Girard, Boris Groys, Michael Hagemeister, Augusto Illuminati, Rada Ivekovic, Alexsandr Jaroslavskji, Valerian Murav’ev, Toni Negri, Paolo Primi, Francesca Saffioti, Alexsandr Sviatogor, Massimiliano Tomba, Adriano Vinale. -
Sordomuti. L'invenzione del terrorismo come strumento di dialogo
Il dialogo tra Occidente e Islam è in crisi. L'unica vera soluzione è la guerra? Questa è la provocatoria domanda di Abdessattar Chaouech. Il dialogo fra queste due realtà era fondato, infatti, sull'uguaglianza delle parti e sul riconoscimento reciproco: con il venir meno di queste due condizioni è necessario trovare un altro modo di far politica. Ma il terrorismo è davvero una soluzione plausibile? Forse la sfida maggiore affrontata dall'autore è quella tesa a superare il clash of civilizations alla maniera di Samuel Huntington. Un libro per dare una risposta ai mille perché dell'inadeguatezza del dialogo fra Occidente e Islam. Abdessattar Chaouech, nato a Mahdia (Tunisia), da quattro anni vive e lavora a Roma. Laureato in Sociologia all'Università Tunisi-I, ha conseguito il Master internazionale in Scienze della Cultura all'Università degli Studi Roma Tre, dove attualmente prepara un Master internazionale in Scienze della Religione incentrato sulle problematiche della relazione fra Islam ed Occidente. -
Il grande crollo. È possibile un governo della crisi economica?
Quando nell’agosto del 2007 si sono avvertiti i primi scricchiolii del sistema finanziario, che regge e governa l’economia mondiale, con crescente autoreferenzialità e indiscussa legittimazione da almeno tre decenni, ci si è interrogati a diversi livelli su quale fosse la portata della crisi. Il “grande crollo” ha sollecitato risposte sul versante economico, politico, sociale ma anche riflessioni critiche tutt’ora in corso, che dopo questo arco di tempo dispiegano pienamente il loro senso. Gli autori di questo volume assumono consapevolmente una prospettiva interdisciplinare sulla crisi come evento che investe l’intera vita sociale e politica e sollecita la ricerca di strumenti adeguati di interpretazione e di governo, nella discrasia tra politica ancora nazionale e problematiche economiche globali. Nascono interrogativi e tentativi di risposta che utilizzano coordinate di interpretazione politico-giuridica e attraversano l’immaginario biopolitico. -
Le filosofie di Avatar. Immagini, soggettività, politiche
"Avatar"""" segna una rivoluzione nel cinema e nell'immaginario. Certo non inattesa, ma non per questo meno radicale. Le nuove tecniche 3D creano per lo spettatore situazioni di coinvolgimento e di immersione prima impensabili. Tutto il sistema di produzione e di distribuzione è stato sconvolto e ridisegnato dal film di Cameron. In questo nuovo intreccio fra immaginario, tecnica e produzione, il cinema si riconferma snodo centrale dell'industria culturale - e quindi anche indice, sintomo e forza propulsiva di qualcosa che va al di là di essa. Dietro e a lato delle ingenuità e delle semplificazioni del film, """"Avatar"""" solleva temi e problemi di ordine filosofico, sociale e politico su cui riflettere è urgente e necessario. Una prima proposta di riflessione è contenuta in questo libro, a opera di una pattuglia di studiosi di differenti generazioni e di diverse estrazioni. Che cosa riprende e che cosa supera, il film, della tradizione dell'immaginario cinematografico? Come presenta e come ridisegna i problemi dell'immaginazione ecologica del pianeta? Che modelli di agire politico e di organizzazione sociale mette a confronto? Ma uno dei nodi centrali di """"Avatar"""" è forse il fatto che ci propone una storia di transizioni, di ibridazioni fra umano e non umano, che ci parla della necessità di attraversare una soglia costantemente mobile e instabile in cui la nostra identità vacilla ma non si perde, è sfidata ma al tempo stesso esaltata. Con """"Avatar"""" stiamo forse entrando davvero nell'era del postumano." -
Con l'Africa dentro
"Con l'Africa dentro"""" è la storia di un grande campione della boxe: Sumbu Kalambay campione lo è stato, oltre che per la propria classe inarrivabile, anche nella vita. La sua gentilezza, l'aristocrazia del suo cuore l'hanno fatto amare e naturalizzare in Italia. Le sue sconfitte, come e più delle vittorie fuori e dentro il ring, sono l'effettivo attivante di questo volume che ci racconta l'Africa, le fatiche degli inizi, il successo in America, i duri allenamenti a Las Vegas e a New York. Con un ritmo svelto e sincopato, perché la boxe è """"forza vibrante, arte in velocità"""" (Tiberio Mitri) ed è dolore e amore, Gabriele Tinti ci racconta una storia di vita e d'amicizia." -
Nell'albergo di Adamo. Gli animali, la questione animale e la filosofia
Prendendo le mosse dalla riflessione di filosofi continentali, quali Adorno, Lévinas, Deleuze e Derrida, i saggi raccolti in questo volume si propongono come segnavia verso un'inedita concezione dell'animalità. Qui la filosofia si assume il compito di riflettere più a fondo sul significato della questione animale e sugli animali in vista di una loro liberazione e al fine di ridefinire l'umano e il nostro modo di pensare la vita in comune nel mondo. -
Esiste la famiglia naturale?
Per molti non vi è nulla di più naturale della famiglia nella quale sono stati educati o che, in seguito, hanno scelto di formare. Ma ci siamo mai chiesti che cos’è famiglia? Ci siamo mai interrogati sul concetto di natura? Il volume affronta le implicazioni teoriche dell’approccio giusnaturalistico all’istituto familiare e, concentrandosi sull’analisi dell’art. 29 della Costituzione italiana, compie il tentativo di ricontestualizzarlo. Il concetto stesso di natura viene messo in discussione con una riflessione sui suoi molteplici e divergenti utilizzi. Da qui lo spunto per riflettere sulle trasformazioni sociali e culturali della famiglia, dal punto di vista giuridico e filosofico, in un orizzonte laico e pluralistico. “Occorre partire da una ridefinizione del concetto di famiglia, che abbia il coraggio e la premura di non creare martiri della natura, della normalità, della tradizione, o di scelte differenti dalle nostre, ma che diventi un mezzo funzionale allo sviluppo della personalità e della relazionalità di ognuno”. -
Un socialista italiano in Ticino
“Luigi Fonti ha scritto le sue memorie. E, quasi timoroso che qualcuno gliene potesse muovere rimprovero, subito alle prime righe mette avanti la giustificazione che fu un vecchio amico a suggerirglielo. Ma chiunque leggerà il piccolo volume che le contiene, melanconico e assieme sereno, capirà che quell’amico non fu altro se non il cuore stesso di Luigi Fonti”. Così Umberto Terracini, nel marzo 1948, giudicava a una prima lettura i ricordi di Luigi Fonti (Mammola 1877- Lugano 1949). Un testo rimasto da allora inedito, che portando un prezioso contributo alla storia sociale e culturale del Canton Ticino arricchisce nel contempo il filone di studi relativi al movimento socialista italiano riparato in Svizzera tra Otto e Novecento. Con vivace taglio pamphletistico, le pagine di Fonti ritraggono una ricca galleria di personaggi dell’emigrazione politica che improntarono la vicenda ticinese in quella stagione storica: da Carlo Dell’Avalle ad Angelo Oliviero Olivetti, da Guido Podrecca a Giuseppe Rensi, da Nicola Barbato a Tito Barboni, da Angelica Balabanoff a Egisto Cagnoni, da Giuseppe Massarenti a Libero Tancredi, da Benito Mussolini a Giacinto Menotti Serrati. Figure rivisitate soprattutto nella loro dimensione etica e morale. Rispetto cioè alla fedeltà dimostrata nei confronti di quell’ideale socialista, sempre coltivato dall’autore con incrollabile coerenza. -
Hitchcock. Il volto e la cosa
Il volume tratta l’opera di Hitchcock la cui bellezza formale funge da “contenitore”, che consente di riconoscere contenuti soggettivi apparentemente “non familiari” ma che sono, in realtà, il nucleo più prossimo, più “familiare”. La sua opera “ricerca” il Volto della madre, non solo nelle iterate bellezze bionde, presenti in tutto il suo cinema, ma nel filmico stesso. Il Volto, per essere operativo deve essere perduto, “irraggiungibile”; altrimenti, la ripetuta domanda diventa aberrazione, “fuori significato”, Volto mortifero della Cosa, come ci mostra tutto il suo cinema: da Downhill a Family Plot, passando per i più conosciuti Rebecca, Il sospetto, Notorius, Vertigo, Caccia al ladro, Intrigo internazionale, Psyco, Marnie, Gli uccelli. Film analizzati in questo lavoro. -
Il simposio di San Silvestro. Il principio d'amore
"Il Simposio di San Silvestro"""" si presenta quale dialogo modellato sul Simposio platonico, offrendo significative diversità rispetto all'illustre originale. La più intrigante: Diotima partecipa in prima persona alla conversazione, pienamente riconosciuta dagli altri convitati nelle sue capacità intellettuali, designata quale """"madrina di concetti"""". Ella assume con naturalezza il ruolo di guida nella discussione quale personaggio centrale del confronto speculativo: paziente mediatrice, dotata di ironia, abile nel condurre i ragionamenti, ma senza dimenticare le ragioni del cuore. Un'altra innovazione è rappresentata da due figure femminili, Hermia e Helena, accanto a Diotima: le tre donne sono amiche e affettuose, ma molto diverse di carattere, ironiche e sincere. Infine emerge il livello più propriamente helleriano di quest'opera, che tuttavia non è scisso dal primo: l'Autrice, affrontando il tema dei sentimenti e la teoria dei bisogni, si sofferma sulla responsabilità di essi e delle azioni che ne scaturiscono, e dedica molte pagine alla loro funzione sociale. Ne risulta un cammino di riscoperta e insieme di re-invenzione di interrogativi teoretici e pratici con l'apporto innovativo di """"una voce di donna"""", riconosciuta ormai come Maestra, la cui abbondante produzione ci ha accompagnato lungo tutto il Novecento." -
Macchina e macchinismo nell'arte contemporanea
Questo studio sull’influenza della macchina e del macchinismo nelle esperienze artistiche contemporanee esamina le molteplici concezioni creative e i diversi atteggiamenti di esaltazione, assimilazione, ironia, rifiuto, integrazione che emergono dallo scenario dei movimenti dal XIX secolo alle avanguardie storiche del XX, e dalle neoavanguardie ai tempi attuali. L’excursus ripercorre dall’ottocento ai giorni nostri le implicazioni della macchina relative al rapporto tra natura e artificio, creatività e tecnica, artigianato e industria, estetica e funzione, arte e scienza, produzione seriale e unicità dell’opera, manualità e ready made, ideazione e applicazione pratica. Il tema si innesta nella fantasia dei romantici, nella verità naturale dei realisti, nella visione ottica degli impressionisti, nell’enigmaticità visionaria dei simbolisti, esaminato con il supporto della teoria critica di studiosi quali Banham, Benjamin, Francastel, Hauser, Klingender, Giedion. Si affronta nelle prime avanguardie del novecento, dal cubismo all’espressionismo, il parallelismo con gli apporti scientifici e la condizione di vita nella metropoli industriale, per proseguire con la celebrazione futurista dell’universo meccanico, e con gli apporti produttivisti e formalisti russi e delle esperienze neoplastiche, fino alla dissacrazione ironica dadaista, propria nella seconda metà degli anni Cinquanta anche del new dada e del nouveau réalisme, e alla negazione totale del tecnicismo nella metafisica, nel surrealismo e nelle ricerche informali ed espressioniste astratte, rispetto alla serialità meccanica della pop art negli anni Sessanta. Il saggio procede con un’indagine sul confronto tra macchina e corpo nella body art e nel postmodern e si conclude con l’assunzione della tecnica industriale e delle scienze logiche nell’optical art e nelle ricerche minimaliste e concettuali, fino agli esempi recenti della fotografia digitale e della videoarte che integrano i media dell’universo elettronico. -
La filosofia di Kant. Dalle Leipziger Vorlesugen
Ernst Bloch tenne corsi di Storia della filosofia all’Università di Lipsia negli anni tra il 1951 e il 1956. Qui sono pubblicate le lezioni sulla filosofia di Kant, un autore che è sempre stato presente nell’orizzonte filosofico blochiano fin dagli esordi come è documentato nella sua opera giovanile del 1918, Spirito dell’utopia. Nelle sue opere successive il suo interlocutore preferito è stato sicuramente Hegel. Queste lezioni portano invece in primo piano un rapporto con Kant rimasto nelle opere fondamentali sempre quasi sullo sfondo, rimettendo in discussione una pretesa fase hegeliana dell’ultimo Bloch. Kant viene collocato all’interno della filosofia tedesca seguendo il filo rosso dei movimenti di liberazione dell’uomo dall’asservimento, e gli viene assegnato un posto rilevante nella chiarificazione dei problemi inerenti alla dignità umana. Proprio perché sono materiali elaborati per studenti, queste lezioni hanno il pregio di una chiara esposizione, dove però trapela la sottile interpretazione blochiana che fa emergere il nucleo utopico nella concezione kantiana della politica e della speranza.