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Philosophical news (2012). Vol. 3: Giudizio e autorità
Talvolta si percepisce una sorta di discrepanza tra il giudizio pronunciato dall’individuo e l’ordine sociale in cui riversa la sua creatività umana in riferimento ad una autorità. La conseguenza è che la società non è più considerata come l’ambito in cui l’individuo stesso matura una sua fioritura. Ma che cosa significa giudicare? Quale è il nesso del giudizio con l’autorità? È questo un riferimento obbligato, necessario? A fronte di tali interrogativi, proponiamo in esclusiva l’intervista a Martha Nussbaum, docente di Diritto ed Etica presso la University of Chicago, e il saggio di Roger Scruton, Arte, bellezza e giudizio. Molti sono inoltre gli interventi volti a fornire una analisi dettagliata del rapporto giudizio-autorità da un punto di vista filosofico, giuridico e politico. Tra i contributors: Stefano Biancu, Gabriele De Anna, Andrea Favaro, Lucio Giuliodori, Sante Maletta, John Milbank, Riccardo Pozzo, José María Torralba, Neil Turnbull. -
Soglie. Per una nuova teoria dello spazio
Un concetto come quello di soglia, che definisce il rapporto tra interno ed esterno non in termini oppositivi (dentro o fuori) bensì di complementarietà (dentro e fuori), può risultare decisivo per pensare la relazione tra proprio ed estraneo, tra le diverse culture e all’interno della nostra stessa civiltà occidentale, al di là della logica dirimente dell’inclusione/ esclusione. Il libro si propone di analizzare i “luoghi” e gli “spazi” della contemporaneità (e non solo), che si presentano come “soglie” o come “spazi intermedi”, dove si confrontano – e si confondono – linguaggi e culture diverse. Un’ulteriore tipologia spaziale a essere presa in considerazione è quella di “eterotopia”: “spazi altri” che si aggiungono e talvolta si sovrappongono alla topologia tradizionale, ma sempre mantenendo una propria topografia. Un approccio di tal genere, “spaziale” e “topografico”, che vuole indicare prima di tutto un “metodo”, consente di tagliare trasversalmente ambiti culturali e disciplinari. Non è affatto un caso, quindi, che molti contributi di questo volume abbiano individuato nello “spazio urbano” – della città, della metropoli o della post-metropoli che dir si voglia – la dimensione dove soglie, spazi intermedi ed eterotopie si esperiscono paradigmaticamente. Il tema viene dunque trattato nei suoi fondamenti teorici e nelle sue icone, sull’esempio di pensatori ritenutiesemplari e sulla base di eterotopie a loro volta significative sia in senso storico-culturale sia in senso puramente teorico.Saggi di: Borsò, Donà, Duque, Finazzi Agrò, Gentili, Giaccaria, Guerra, Jennings, Kajon, Matassi, Meazza, Minca, Montani, Müller-Funk, Nuselovici/Nouss, Poggi, Ponzi, Vighi,Waldenfels, Witte. -
Mobilitazione globale. Tecnica violenza libertà in Ernst Junger
«È sufficiente osservare lo spettacolo della nostra vita nel suo esuberante dispiegarsi e nella sua disciplina implacabile, con le sue aree produttive fumanti e scintillanti di luci, con la fisica e la metafisica del suo traffico, i suoi motori, aeroplani e metropoli brulicanti di gente, per intuire che qui non c’è un solo atomo che non sia al lavoro, e che questo processo delirante è in profondità, il nostro destino. La Mobilitazione totale non è una misura da eseguire, ma qualcosa che si compie da sé, essa è, in guerra come in pace, l’espressione della legge misteriosa e inesorabile a cui ci consegna l’età delle masse e delle macchine. Succede allora che ogni singola vita tende sempre più indiscutibilmente alla condizione del Lavoratore, e che alle guerre dei cavalieri, dei re e dei cittadini succedano le guerre dei lavoratori, guerre della cui struttura razionale e della cui implacabilità il primo grande conflitto del XX secolo ci ha già dato un’idea». Così scriveva Jünger nel 1930, anno di pubblicazione della prima edizione de La mobilitazione totale. Questa visione del mondo sembrerebbe appartenere a un’epoca ormai lontana, consegnata al secolo dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Eppure la mobilitazione totale – in una sua versione globale – con l’annullamento del confine tra pace e guerra, la normalizzazione della violenza e la riduzione di ogni cosa – uomo compreso – alle categorie della mera dimensione lavorativa, si impone come una chiave interpretativa sempre più essenziale per comprendere a fondo fenomeni quali l’assenza di senso nel “progresso” tecnico, la normalizzazione del rischio e la crisi della politica. Convizione degli studiosi che hanno collaborato alla stesura del presente volume è che tornare alla mobilitazione totale e riuscire a leggere il senso di questa immagine jüngeriana incentrata sull’assorbimento del lavoro nella violenza, sia un passo necessario per riuscire a porsi in contatto con la crisi della democrazia e per pensare a vie di uscita possibili. -
Guerra e guerrieri. Discorso di Verdun
"La guerra è l'evento che ha dato la fisionomia al volto del nostro tempo"""". Così scriveva Friedrich Georg Jünger nel 1930 nello scritto """"Guerra e guerrieri"""", un breve saggio che è diventato fondamentale nel dibattito filosofico e politico novecentesco. In questo scritto l'autore tedesco tenta di mettere a fuoco il senso della guerra senza confini che era esplosa nel corso della Primo conflitto mondiale, ma che avrebbe sempre più dato forma alla esistenza degli uomini anche nei decenni a venire. Ancora oggi """"Guerra e guerrieri"""", oltre che una eccezionale testimonianza della mutazione dello natura della guerra avvenuta nel corso della Prima guerra mondiale, ci pone dinanzi all'immagine della violenza senza forma che caratterizza la vita contemporanea. A """"Guerra e guerrieri"""" segue il discorso che Ernst Jünger pronunciò nel 1979 nella città di Verdun per sancire una nuova amicizia tra la Francia e la Germania: il grande scrittore e filosofo, nonché eroe della Prima guerra mondiale, in poche righe ripensa alla sua vita in guerra e alla pace planetaria a cui oggi l'uomo deve aspirare come sua unica salvezza." -
Il vampiresco. Percorsi nel brutto
Eroe capovolto, mostro seduttore, mellifluo incantatore, oscuro e perturbante, il vampiro si offre allo sguardo estetico coprendosi il volto e scoprendosi soggetto artistico. Il saggio evidenzia la posizione occupata dalla categoria del vampiresco nei territori avvincenti del negativo artistico, seguendo le linee tracciate dal brutto nella sua secolare esistenza. Fra le pieghe dei materiali estetici e attraverso il rimosso che, in epoche diverse e in linguaggi alternativi, ha parlato all'uomo senziente, si scoprono inedite potenzialità e inesplorate soluzioni nel tentativo di fissare il camaleontico brutto in una definizione conclusiva. Filo conduttore, fatalmente rosso, è il sangue del vampiro. Lo stesso sangue che simbolicamente si annida nell'estetica della paura, che seduce attraverso un cadavere esposto nella necrocultura, che mistifica e si nasconde nel kitsch, che, esibito e ostentato nel pulp, scorre, ultimo baluardo di umanità, nelle vene dei cyborg. Il sangue del vampiro ci guida tra queste manifestazioni artistiche che, dinamiche, si muovono tra le polarità del positivo e del negativo, della vita e della morte, tra un sentire organico e un'estetica inorganica, indirizzandoci verso i territori incerti e sfumati di cui il vampiro è signore. -
Giustizia poetica. Immaginazione letteraria e vita civile
Ma è proprio vero che gli esseri umani agiscono soltanto per soddisfare i loro interessi più o meno egoistici? In questo libro, Martha Nussbaum sostiene che alle emozioni vada affidato il compito di ridare vitalità a esperienze atrofizzate di sensibilità per delle relazioni interpersonali regolate in termini morali. Non è solo da considerazioni razionali rispetto allo scopo che è possibile dedurre le norme e le istituzioni in grado di offrire alle persone l'opportunità di condurre vite soddisfacenti e dignitose. E anzi, è proprio valorizzando il ruolo delle emozioni nel giudizio pubblico, e soprattutto nelle questioni di giustizia, che è possibile presentare gli esseri umani come fini in sé, dotati di dignità e individualità, piuttosto che quali unità astratte indistinguibili o come meri mezzi per i fini altrui. -
L' essenziale per crescere. Educare senza il superfluo
I nostri figli soffocano di superfluo. Il marketing li ha adottati cullandoli dentro bisogni sempre più fasulli, e i genitori finiscono tiranneggiati senza più riuscire a fare scelte veramente educative. In un dialogo serrato fra una mamma-giornalista (Silvia Calvi) e un noto pedagogista (Daniele Novara) emerge l'importanza di educare all'essenziale scoprendo che i figli necessitano anzitutto di genitori che sappiano offrire risposte ai loro bisogni di crescita senza inutili fronzoli. Questo libro offre una mappa per diventare genitori sobri ma efficaci, capaci di fare squadra e di costruire un progetto educativo con coraggio e organizzazione. E restituisce ai genitori le priorità per crescere figli autonomi e liberi. -
C'era una volta... un Re! Intorno alla mente. Tra neuroscienze, filosofia, arte e letteratura
I nomi del disagio psichico e della follia, qualche esempio delle loro rappresentazioni nella letteratura e nell'arte, la mente vista da discipline contigue alla psichiatria e alla psicopatologia, come la neuropsicologia, la neurofilosofia e le neuroscienze, il pensiero e il linguaggio nella loro storia evolutiva e nella loro ontogenesi: questi i temi trattati. Il titolo è però riferito a un ulteriore argomento: all'Io, descritto nel suo significato in vari ambiti, come elemento centrale nella storia e nella cultura dell'umanità. La sua crisi, è stata ed è uno degli aspetti che maggiormente hanno caratterizzato l'evoluzione della cultura occidentale a partire dalla fine del XIX secolo. ""C'era una volta ...un re!"""" è il completamento di una serie di riflessioni sulla mente, dapprima però più sul suo significato ontologico e su aspetti clinici che lo psichiatra varesino già aveva presentato in un saggio precedente: """"Alla ricerca dell'isola che non c'è"""". Prefazione di Simone Vener."" -
Lasciar tracce: documentalità e architettura
Questo piccolo libro documenta una lectio magistralis tenuta da Maurizio Ferraris nel gennaio 2011 alla Facoltà di Architettura di Napoli e il dibattito che ne seguì. Argomento centrale è il rapporto tra la sua teoria della Documentalità e l'Architettura ma il libro testimonia anche di un complessivo ragionamento sull'arte, sul design, sull'architettura e sulla memoria, e costituisce quindi un primo tratteggio di una teoria del documento/monumento sub speciae architectura. Si tratta di uno di quei ""casi fertili"""" in cui la filosofia e il filosofo - come ha rilevato Roberto Casati si pongono delle domande su una certa disciplina cui la disciplina stessa non saprebbe rispondere con i soli propri mezzi e tali risposte possono consentire all'Architettura, antica disciplina, di progredire nelle sue specifiche ed autonome indagini sulla realtà e sul mondo. In questo senso potrebbe valere esemplarmente la nozione Heideggeriana di """"apertura-di-un-mondo"""", da intendersi come una luce (Lichtung) che rischiara i nessi fondamentali e continui tra la Theoria (Filosofia) e l'Arte (Architettura). Tutto questo in un'interpretazione """"realista"""" e """"fondata"""" della disciplina architettonica con un punto di vista generalista contro ogni specialismo settoriale o meramente tecnicista - in cui innanzitutto esistono delle verità inemendabili, dei fatti che vanno prima riconosciuti e solo poi interpretati."" -
I sensi del silenzio. Quando la scrittura si fa dimora
"Il silenzio abita la scrittura, la favorisce e ne ha bisogno. E' un'alleanza antica intramontabile. Raccontiamo meglio il mondo, le cose, noi stessi grazie a parole che svincolatesi dal silenzio sanno ritornarvi. La scrittura ci educa ad apprezzarne di più il valore. Nel fragore della vita, ci aiuta a coltivare e a difendere stati d'animo ignoti che soltanto nel silenzio possono emergere. Ignoti a chiunque non scriva e non ami il silenzio. Un Taccuino che, al contempo, ci invita a cercare luoghi e momenti di silenzio per scrivere di noi, della natura, degli altri. Per incontrarlo, per ricordare quegli istanti. Per riscoprire il piacere di scrivere.""""" -
Il silenzio
"Sono queste le tracce sul tema del """"Silenzio"""" che il poeta Franco Loi lascia nel suo incamminarsi verso questo luogo della decantazione dei suoni dove lo stupore, la sorpresa e l'incanto della parola prendono forma e ritmo. Un saggio, dei racconti e delle poesie che sanno come diventare all'unisono un coro di grazia e di luce.""""" -
Pause. Sette oasi di sosta sull'orizzonte del silenzio
Ci sono momenti in cui le parole non bastano. A volte sono troppo strette per contenere quello che si prova, immensamente più bello o drammaticamente più brutto rispetto a quanto si può esprimere. A volte sono troppo statiche per seguire i mutamenti improvvisi dell'animo, la rapidità dei pensieri. Si ammutolisce per amore, meraviglia, rimpianto, perdita, indignazione, passione... Sono questi i momenti in cui lasciar parlare il silenzio e ascoltare fra le pieghe dell'inespresso. Ci si affaccia a un confine, a una soglia, quel ""mentre"""", quell'attimo di sospensione (dal rumore, dall'abitudine a dire) in cui tutto può succedere e il silenzio può diventare scoperta, scelta comunicativa e azione, non del fare, dell'essere. Pronti a partire per un viaggio in cui contano soprattutto le fermate, e con insoliti compagni di avventura..."" -
Indignarsi è giusto
In ""indignarsi è giusto"""" si intrecciano due narrazioni: la ricostruzione delle radici e delle ragioni dell'indignazione e la proposta di una cultura politica """"non liberista"""". Il libro si articola in tre parti: inizia con la ricostruzione dei trent'anni della globalizzazione liberista; mette a fuoco la cesura storica rappresentata dalla grande crisi iniziata nel 2008; si conclude sottolineando l'esigenza e delineando la possibilità di un nuovo umanesimo. Nel corso del 2011 l'indignazione ha animato imponenti movimenti in Europa e nel mondo. Essa è provocata dal fatto che dopo anni di crisi vengono riproposte esattamente le stesse idee e le stesse politiche che hanno causato il deragliamento dell'economia mondiale: apologia del mercato, privatizzazioni, liberalizzazioni a oltranza. Perfino la guida dei governi viene ora affidata direttamente agli esponenti dell'establishment, in quanto """"tecnici dell'economia"""". Con la novità, rispetto agli anni che hanno preceduto la crisi, di un taglio radicale dei diritti sociali e della protezione dei cittadini. Il libro prospetta la possibilità di una via d'uscita. Nell'ultima parte, infatti, delinea le coordinate di una visione non liberista ed evidenzia le tracce, già esistenti, di un'altra risposta."" -
La politica tra verità e immaginazione
La politica ha sempre avuto un rapporto travagliato con la verità. Per un verso la menzogna è stata uno strumento utilizzato senza remore da governanti, monarchi, imperatori, ministri, leader di movimenti – così come la guerra è stata fino agli anni Venti del XX secolo uno strumento normale della politica. Per un altro verso, la politica “alta”, che mobilita le persone e ottiene disponibilità a versare lacrime e sangue, ha sempre attinto alla forza della verità – della verità che rifulge non solo contro la falsità, ma anche contro la “mezza verità” del compromesso, dell’accordo, della mediazione. E’ ancora possibile oggi preservare questo rapporto privilegiato con una verità “indisponibile”, non riducibile alla convergenza fra posizioni diverse e coniugarlo con una visione democratica dell’ordinamento politico? Anche l’immaginazione entra in un rapporto complesso con la politica. La politica è sempre in contrapposizione alla “mera immaginazione”: comporta una presa sulla realtà che i “sognatori” non possiedono. Ma la politica che convince, attrae e muove le persone non può non fare appello all’immaginazione e al suo prefigurare qualcosa che trascende l’esistente. Vision è il nome con cui questo attingere al potere dell’immaginazione è conosciuto nel tempo in cui la democrazia, da opzione fra molte, è divenuta un orizzonte imprescindibile. -
Politiche dell'identità
Il dibattito politico di questi ultimi anni è dominato dai dibattiti sull'identità. Per alcuni, la ""politica dell'identità"""" va combattuta perché prepara a una società dei conflitti, trascina lo Stato in guerre culturali, strizza l'occhio al peggiore nazionalismo romantico. Per altri, è invece uno strumento di mobilitazione politica, una forma di appartenenza, una modalità dì autoriconoscimento. In realtà, al di là delle reciproche prevenzioni, ciascuna delle due posizioni cattura solo un aspetto della relazione tra le politiche di riconoscimento identitario e la politica democratica volta alla pari inclusione di tutti i cittadini. L'obiettivo del libro è di fornire sia una ricostruzione aggiornata e informata del dibattito intorno a problemi, come questi, di scottante attualità, sia di suggerire in che modo il legittimo pluralismo identitario possa essere valorizzato per arricchire la società e disinnescare i potenziali di conflitto tra le diverse forme di appartenenza."" -
La generazione di Gesù Cristo nel Vangelo secondo Matteo. Vol. 4: Il regno dei cieli.
"Basiléia tôn ouranôn"""", """"regno dei cieli"""" non significa impero dei cieli, ma """"comunità dei cieli"""", nel linguaggio sacro di Israele """"comunità dei giusti"""". Una comunità rifiutata dalla """"generazione presente"""" di Israele e dalle città del """"secolo presente"""", accolta da chi vuol """"convertirsi"""" e crescere e guarda al """"secolo futuro"""". È la comunità della """"generazione di Gesù Cristo"""". L'evangelista sceglie alcuni fatti, affinché si conoscano due fra le sue molte e nuove cose adamiche, frutto di interpretazioni più adamiche di precetti antichi, facile da accogliere la prima, """"signore del sabato è il figlio dell'adamo"""", difficile l'altra, """"fratello, sorella, madre è chi fa la volontà del Dio"""". Sceglie anche sette severe parabole, a che le folle e i discepoli più facilmente capiscano, per descrivere il volto umano e adamico del Regno dei giusti." -
Teologia del nichilismo. I vuoti dell'uomo e la fondazione metafisica dei valori
Secondo F. Nietzsche, il nichilismo è lo ""smarrimento dei valori tradizionali - Dio, Verità, Bene - e lo scivolamento verso il trivellante sentimento del proprio nulla"""". In un mondo frutto del caso, l'uomo si ritrova senz'anima, destinato al niente della morte e senza un fine soprannaturale. Contro questo modo di concepire l'esistenza, si espongono a livello multidisciplinare (teologia, filosofia, psicologia, morale) non solo le contraddizioni interne del nichilismo, ma anche quelle dei suoi precursori (agnosticismo, materialismo, ateismo, scientismo, laicismo). Particolare attenzione viene data alla fondazione religiosa della libertà, della morale e dell'amore (contro il relativismo) e alla critica delle concezioni di Dio come Nulla e Ineffabile (misticismo, teologia negativa). Guidano lo studio il realismo e il pensiero cristiano, due prospettive che offrono risposte per superare le precarietà della vita (divenire, vuoto, male, angoscia) e intravedere la presenza dell'Assoluto. In Appendice, le classiche """"dimostrazioni dell'esistenza di Dio"""" esemplificano la perenne validità di una """"metafisica dell'essere"""" profondamente anti-nichilista."" -
Le filosofie del Risorgimento
Il Convegno ""Le Filosofie del Risorgimento"""", di cui si propongono gli Atti in questo volume, ha rappresentato, per la scelta dei temi affrontati e l'autorevolezza degli interventi, uno degli eventi di maggior rilievo tra quelli programmati in Basilicata nell'ambito delle celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia. I lavori delle due giornate (con le relazioni sul pensiero di Francesco De Sanctis, sui nazionalismi e sui cosmopolitismi scientifici che hanno contrassegnato il dibattito italiano prima del '48, sul risorgimento cattolico e sensista-materialista, sulle origini del processo risorgimentale negli avvenimenti del 1799 e sulle problematiche filosofico-politiche affrontate da autori come Pellico, Romagnosi, Ferrari, Spaventa, Labriola e Amari) hanno messo in luce la ricchezza delle motivazioni ideali e del fermento culturale della stagione risorgimentale, spesso a torto rappresentata come un prodotto esclusivo di negoziati diplomatici o di conquiste militari. Le pagine del volume propongono una rilettura, libera da pregiudizi e scevra da troppo rigidi schemi classificatori, in grado di restituire ai protagonisti del dibattito delle idee nel Risorgimento tutto il loro spessore, contribuendo a farli apparire in una luce diversa."" -
La foresta e la steppa. Il mito dell'Eurasia nella cultura russa
Nel dibattito sull'identità storico-culturale della Russia che costituisce la chiave di volta della riflessione russa in epoca moderna, l'aspetto ""Russia e Oriente"""" è assai meno sviluppato di quello """"Russia e Occidente"""". Dopo Pietro il Grande la cultura russa ha infatti ripudiato quanto di """"orientale"""" aveva ereditato dalla Russia antica, kieviana e moscovita. A parte alcune aperture in epoca romantica, fu solo nella seconda metà del XIX secolo, anche in corrispondenza delle ripetute delusioni politiche subite in Europa (la guerra di Crimea, il congresso di Berlino), che nella cultura russa si manifestò una progressiva """"scoperta dell'Oriente"""". Senza pregiudicarne il prevalente orientamento occidentale, questa """"scoperta"""" ha peraltro prodotto esiti di rilievo. In primo luogo perché, a differenza dei paesi europei, la Russia ha potuto trovare un Oriente non solo esterno, in terre e culture """"altre"""" ed """"esotiche"""", ma anche interno, sia nelle regioni di recente conquista (la Crimea, il Caucaso, l'Asia centrale), sia come parte costitutiva ed a lungo misconosciuta della sua stessa identità nazionale. Questo studio si propone di mettere in luce le diverse fasi di tale scoperta dell'elemento """"asiatico"""" ed """"orientale"""" da parte della cultura russa moderna, un processo al quale parteciparono pensatori di tendenza diversa (Leont'ev, Solov'ev, Fedorov), scrittori famosi (Dostoevskij, Tolstoj, Belyj), esoteristi (Elena Blavackaja) ed artisti (Rerich in primo luogo)."" -
Il paradigma accogliente. La filosofia interculturale in Raimon Panikkar
La provocazione che Raimon Panikkar ha mosso alla filosofia occidentale consiste nell'essere stato egli stesso un interlocutore ironico del pensiero oggettivante, capace di rispondere con il silenzio alla ricerca autoreferenziale di oggettività e di indicare una via esperienziale per la comprensione della realtà. La sua lettura critica del genio classificatore della modernità ha tratto ispirazione sia dalle forme di pensiero premoderne sia dalle visioni del mondo orientali, specialmente indica e buddhista, aprendo un percorso piuttosto inedito fra le prospettive della filosofia contemporanea. Il punto di partenza della riflessione filosofica di Panikkar è l'esame critico del processo di identificazione fra essere e pensiero. Il problema epistemologico sul quale essa si è concentrata è il superamento della frammentazione della conoscenza. L'esito cui è giunta è la descrizione di un approccio aperto nel quale la comprensione della realtà non derivi dalla separazione fra le parti e dalla loro definizione, ma dall'accoglienza della molteplicità in un orizzonte costitutivamente relazionale e unitario.