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Pianeti interiori. L'astrologia psicologica di Marsilio Ficino
In questo libro, Thomas Moore si rivolge a uno dei momenti psicologicamente più vivi dell'epoca pre-moderna, il Rinascimento italiano, in cui alcuni individui di genio si dedicarono a un'esplorazione del mondo interiore non meno ardita e rivoluzionaria di quelle del mondo esterno dei grandi navigatori. Le loro avventure permearono l'arte del loro tempo, ma essi rimasero per lo più sconosciuti e i loro scritti sono ancor oggi da capire davvero. Scoprirono isole interiori, passaggi e canali, a volte continenti, tracciando mappe, escogitando metodi per esaminare la vita interiore, tali che anche ai nostri tempi possono dare il senso di dove siamo, di dove siamo venuti, delle strade giuste da prendere se vogliamo raggiungere luoghi fertili e inesplorati dell'anima. Fra questi esploratori dell'anima il più grande e maestro degli altri fu Marsilio Ficino, che si rivolse all'astrologia per cercarvi e trovarvi i simboli della vita interiore, dei suoi travagli e delle sue trasformazioni, dando forma a un'arte dell'immaginazione, che egli riteneva la medicina appropriata per l'anima sofferente. -
Atque. Fare e pensare in psicoterapia. Cosa fanno gli psicoterapeuti e cosa pensano mentre lo fanno
Studi recenti hanno dimostrato che esiste in tutti noi non solo una disposizione a fare cose con gli altri, ma anche a fare cose per gli altri, e non è detto che si tratti soltanto della sublimazione di un istinto riproduttivo e di una spontanea predisposizione genitoriale. E su questa spinta alla cooperazione e all'aiuto che si basano, appunto, le cosiddette professioni di aiuto: infermieri e infermiere, medici, assistenti sociali, psicologi clinici, educatori, fisioterapisti, psicoanalisti (...). Però (...) esiste pur sempre un problema di equilibri: chiunque può dedicarsi volentieri agli altri, a soggetti non imparentati, per un paio di ore al giorno, o tre, o un poco di più, e qui ha anche bisogno di riceverne riconoscimenti e soddisfazioni; però quasi sempre ha poi bisogno di ""staccare"""" e di pensare a se stesso, o a se stessa, e a i propri familiari più stretti, per il resto del tempo. Sono ben poche le persone disposte a dedicarsi in modo affettivo agli altri per molte ore al giorno, senza riceverne un riconoscimento immediato."" -
Riflessi da un paradiso. Scritti sul cinema
Per Attilio Bertolucci la scoperta, tra il 1925 e il 1928, del cinema in alcune delle sue opere e dei suoi autori supremi (Chaplin, Dreyer, Stroheim, Hawks, Murnau), fu una specie di folgorazione amorosa, di illuminazione erotica e mistica. Allora il cinema era muto, e la pura forza delle immagini in movimento aveva in sé qualcosa delle rivelazioni assolute, tali da cambiare radicalmente il modo di vedere il mondo. A quell'incontro Bertolucci sarebbe rimasto sempre fedele. Nella sua poesia il ""racconto"""" della vita attraverso lo scorrere di volti e luoghi nel flusso del tempo, e l'improvviso apparire di figure epifaniche, ha spesso un chiaro imprinting cinematografico, mentre nella sua opera critica spiccano gli innumerevoli articoli dedicati a quei film di cui, per anni e anni, egli si sarebbe nutrito come di un indispensabile pane e vino quotidiano. Di quei testi il presente volume raccoglie la parte più sostanziosa, frutto delle collaborazioni instancabili del poeta alla """"Gazzetta di Parma"""" e a """"Giovedì"""". Sia negli schizzi composti al volo, all'impromptu, per la prima testata, sia negli scritti più ampi e meditati, concepiti per la seconda, sempre l'acume interpretativo e il talento affabulatorio si sposano per restituirci i nodi cruciali di un film, le ragioni essenziali, nel bene e nel male, del lavoro di un regista."" -
Neo-Alcesti. Canto alle quattro mura. Poesie per la musica
Nell'antica tragedia di Euripide, Alcesti è una figura misteriosa, indimenticabile: da la sua vita in cambio di quella del marito, re Admeto, condannato a morire dagli dei. Alcesti è considerata una tragedia, ma non è vera tragedia: Alcesti regina muore, sì, ma torna presto viva dal regno dei morti. Si tratta infatti di una tragedia sfiorata, una resurrezione. In questa raccolta di poesie per la musica, dell'antica Alcesti non resta che l'ombra. Si incontra piuttosto una sua sembianza, una qualunque, una che si spaccia per parente, una che entra in casa sbattendo la porta e lancia sulla sedia il suo paltò. Un'antica casa greca e una novecentesca casa contadina si confondono qui, tra queste mura. Neo è lo scorrere del fiume. Neo è il vagito che ritorna. Qualcuno sta per andarsene, qualcuno sta per tornare. Sbatteranno le porte. Voleranno le tende alle finestre... ""O ti adatti o sogni. Dove la madia era vuota presto ci sarà del pane, dove c'era del pane adesso, per un attimo, c'è buio."""""" -
Costellazioni del pensiero. Scritture poetiche dell'Occidente
Una ""costellazione"""" è figura perché l'uomo gliela assegna. È, in realtà, qualche manciata di stelle gettate lì come per una scommessa. Allo stesso modo, i temi dell'ospitalità, dell'eresia e della poesia pensante, trattati in questo libro - se di libro si può parlare e non di pagine strappate al tempo -, si configurano secondo un disegno non progettato, ma che ha acquistato senso solo nel frattempo. La prima parte - quella dedicata all'ospitalità nasce in occasione di un corso universitario. Vi si parla di amicizia, di estraneità e di identità. Il mondo antico e quello moderno vengono qui messi a raffronto sulla base di una lettura di testi antichi e antichissimi e di testi poetici moderni: i poemi omerici, la Bibbia, i Vangeli canonici e gnostici costituiscono l'intelaiatura di un percorso che giunge fino a Leopardi e a Edmond Jabès. La seconda parte è divisa in due sezioni, entrambi ruotanti in qualche modo attorno alla questione della """"poesia pensante"""": centrale vi appare la figura di Martin Heidegger, non per quanto questo filosofo - tra i maggiori del Novecento - sia stato come uomo (come ormai è di moda discorrere), ma per i problemi radicali che la sua meditazione ha sollevato nella modernità. Il libro si congeda con un viaggio che percorre, nei secoli, le trasformazioni della nozione di eresia, per giungere al nostro presente ove essa sembra del tutto oscurata da un'irreversibile eclissi."" -
Mia cara amica Maria. Lettere a Maria Zambrano
Dopo la pubblicazione delle Corrispondenze con Rejna Rivas uscito col titolo ""Dalla mia notte oscura"""" prosegue, con questo secondo volume, il progetto di pubblicare tutte (o quasi) le Corrispondenze di Maria Zambrano. L'amicizia tra lo scrittore, poeta e saggista José Bergamín (Madrid 1895 - Saint Sébastian 1983) e la grande filosofa spagnola Maria Zambrano inizia negli anni '30, quando la giovane studiosa è invitata a collaborare alla prestigiosa rivista """"Cruzy Raya"""" diretta dallo stesso Bergamín. I due amici condivideranno l'esperienza della guerra civile e dell'esilio dovuto alla vittoria di Franco. Si incontrano di nuovo a Parigi nella primavera del '57, anno in cui comincia la corrispondenza che viene presentata nel volume. Bergamín tornò in Spagna nel 1970, ben prima di Zambrano, e dal 1981 fino alla morte militò in Herri Batasuna, nome politico del movimento indipendentista basco che ha nell'ETA il braccio combattente. Le lettere raccolte nel volume, inviate da Bergamín alla Zambrano, si dividono in due gruppi: il primo copre il periodo dal 1957 al 1969 e sono state pubblicate in Spagna con il titolo """"Dolory claridad de España""""; il secondo è un gruppo di lettere trovate presso la Fundación M.Z. e sono del tutto inedite. Si collocano in un periodo che va dal 1958 al 1965. Attraverso le lettere raccolte nel volume si approfondisce il quadro delle relazioni politiche e culturali che la filosofa ha coltivato negli anni dell'esilio e, particolarmente, nel periodo romano e francese."" -
Daídalon. L'archetipo della possibilità
Cosa accade tra il paziente e l'analista quando la terapia cura? Quali sono i fattori terapeutici che si attivano nella relazione fra i due? L'esperienza clinica si offre come mappa per un'esplorazione della psiche che delinea in modo inedito l'immagine del labirinto quale simbolo della Possibilità: la psiche è come un labirinto dentro cui si può rintracciare la leva che attiva l'archetipo del Possibile. Se il terapeuta riesce a cogliere nel paziente quegli aspetti inconsci che esprimono il suo possibile potenziale e riesce a portarli a coscienza, in qualche modo riuscirà a restituire questa percezione al paziente, il quale la sentirà come vera perché avrà toccato i nuclei vitali della sua psiche: quei nuclei che necessitavano di un rispecchiamento profondo per potersi esplicitare e divenire coscienti. Se questa percezione avviene all'interno di una relazione importante e significativa, si può attivare un processo trasformativo. Il concetto di archetipo della Possibilità si offre come importante chiave di comprensione dell'operato di terapeuti di scuole teoriche molto diverse; in particolare getta luce sulla nascita del complesso dell'Io, che nella teoria junghiana è il tramite dell'integrazione tra il modello intrapsichico e il modello relazionale e fornisce nel contempo una dimensione più clinica al concetto cardine di Individuazione. -
L' uomo che andava a teatro. Storia fantastica di uno spettatore
"Il titolo di questo libro potrebbe funzionare benissimo per un romanzo o per un film. Il sottotitolo scopre un po' più le carte: l'uomo che andava a teatro non ci andava perché ne era il custode o faceva il macchinista teatrale o l'attore, no, ci andava perché era uno spettatore, anche se non tanto comune... ma cos'è uno spettatore?... Ecco a che tipo di spettatore l'autore intende riferirsi: '... Memoria mi parlò di una scuola filosofica indiana secondo la quale saremmo spettatori e non attori della nostra vita: osservarci vivere ci appassionerebbe e, giorno dopo giorno, finiremmo per identificarci con ciò che vediamo. Secondo questa buffa prospettiva avevo un gemello che mi accompagnava ovunque, come un fantasma. Con lui facevo teatro da sempre e non si trattava di un'occupazione facoltativa ma della condizione stessa della mia umanità. La mia prima esperienza dell'altro, secondo lei, era avvenuta dentro di me. Là avevo scoperto non solo di essere doppio ma di ospitare un 'intera folla di personaggi, non tutti raccomandabili. Per condividere lo stupore di questa condizione avevo deciso di andare a teatro...' Cerchiamo di percorrere questo complesso, ma illuminante e intelligente saggio-racconto, attraverso i capisaldi, come dire, formativi che propone. Si comincia con 'I Persiani', si prosegue con 'Amleto', 'I Sette contro Tebe', 'Così è (se vi pare)', 'I Giganti della montagna', 'Edipo re', 'Edipo a Colono'..."""". (dalla prefazione di Andrea Camilleri)" -
L' originaria contesa tra l'arco e la vita. Narrazioni del principio
"L'originaria contesa tra l'arco e la vita"""". Sin dal titolo, l'ultima opera narrativa di Flavio Ermini fa cenno a una riflessione di Eraclito: """"Nome dell'arco è vita, opera ne è la morte"""", ponendo così due questioni preliminari: il nome dell'arco (biós) dice solo un aspetto della cosa nominata: la vita (bios), anche se tale aspetto non è meno reale dell'altro, che coincide con l'""""opera"""" dell'arco, ovvero la """"morte""""; non è possibile negare che una stessa cosa, l'arco (biós), sia in pari tempo vita (bios) e morte. Con """"L'originaria contesa tra l'arco e la vita"""", Ermini chiama il lettore a muovere alcuni passi nella terra mattinale: dov'è l'originaria contraddittorietà delle cose. In quale modo? Affidandosi a un dire puramente rivelativo; un dire che vuole coincidere con il principio, per coglierne l'inesausta potenza e la promessa sempre rinnovata di avvenire che custodisce in sé. Nel farsi della narrazione si manifestano creature di cui l'essere umano non sa nulla. Figure che pensano in una lingua che non hanno ancora pensato: la sorella del sonno, il padre divenuto cieco, il nemico mortale, i caduti, i guardiani della sfera, i discenti. Le loro vicende non avvengono mai, ma sono sempre. Hanno luogo nel possibile che costantemente si ripete: la custodia terrena del cielo, il giardino conteso, la torre dell'antivita, l'ingannevole terraferma, lo zoo di pietra, lo spazio inerte del mare, la terra rovesciata." -
Perdita e ricerca del centro
Da Plotino a Jung il ""centro"""" è metafora dell'origine e della meta dell'anima, per cui la perdita della connessione con questo centro diviene metafora dell'alienazione dell'anima dal suo destino. Anche se la coincidenza con il centro non è mai data, ma è dato piuttosto un tendere all'infinito, oppure la sosta in uno dei centri possibili, soltanto riflesso del """"centro dei centri"""". Come dice Plotino, """"l'Anima si muoverà intorno a ciò da cui ha tratto origine, e a esso rimarrà aggrappata, tendendo al punto verso cui dovrebbero gravitare tutte le anime""""; o anche, """"la circolarità dell'Anima non è riconducibile a una figura geometrica, ma al fatto che dentro e intorno a lei si trova 1''antica natura' da cui proviene"""". Giovanni Pascoli, """"Psiche"""". In oltre sono presenti nel volume: Carla Stroppa, """"Verso una nuova innocenza""""; Renato Oliva, """"Del cerchio e del centro""""; Christian Gaillard, """"Dentro e attorno""""; Luciano Perez, """"Le metamorfosi del centro""""; Bruna Dell'Agnese, """"In volo sull'estuario""""; Flavio Cuniberto, """"La Città-Fiore""""; Monica Ferrando, """"Danze in cerchio per Estia""""; Enrico Della Torre e Francesco Donfrancesco, """"Uno stabile fluire""""; Marta Tibaldi, """"Nuvole nel ciclo, comunque s'indovina la luna""""; Chris Downing, """"Arianna, la Signora del Labirinto""""; Diane Finiello Zervas, """"Via dal vortice""""; Elena Petrassi, """"L'ombra del tempo e il segreto delle rose""""; Mariolina Graziosi, """"Dissotterare Dio""""; Henry Corbin, """"La Sophia eterna""""."" -
Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo
Accompagnati dal dialogo fantastico dei due personaggi letterari, Robinson Crusoe e Venerdì, il libro si dispiega nella riflessione sul tramonto del tempo in cui la certezza dell'intero, riempiva la coscienza degli uomini. In una sorta di apologia del naufragio, realtà esperita dell'uomo del terzo millennio, si dispiega nel libro un viaggio rapsodico che attraversa lo scacco della condizione umana, per giungere all'analisi della crisi della psicoterapia contemporanea. Lo psicoterapeuta diviene così, nel filo della narrazione, un bricoleur che non possiede un progetto aprioristico del suo fare analisi, ma che si accinge a riparare la zattera, propria e del paziente, attraverso una cura onirica dettata dal momento e dall'opportunità. Nel testo questa ""oniromantica"""" è esposta ed esemplificata con numerosi sogni, tratti dall'esperienza clinica e che accompagnano costantemente il lettore, aprendo così l'uso del trattato non solo ai medici e agli psicologi, ma soprattutto a chi ricerca la possibilità di un diverso atteggiamento psicologico nella vita."" -
Libertà va cercando. Il catarismo nella «Commedia» di Dante
Dante era eretico. Non per aver messo i papi all' Inferno, ma perché la dottrina che espone non è cattolica: è quella dei catari. Lo sostiene Maria Soresina analizzando uno ad uno gli aspetti della loro dottrina, ciò in cui credevano e ciò che della Chiesa cattolica respingevano. La dimostrazione è sconvolgente: è tutto presente nella ""Divina Commedia"""". E non solo. I catari avevano un unico sacramento, il """"consolamentum"""", che prevedeva un percorso spirituale complesso, segnato da varie tappe, che sono chiaramente individuate dall'autrice nel cammino di Dante attraverso il Purgatorio. Dante aderiva pienamente al catarismo: era un """"perfetto"""", come dicevano gli inquisitori, un """"buon cristiano"""", come dicevano i catari di se stessi. Questa è l'ardita tesi, sostenuta con rigore e suffragata da piccoli e grandi riscontri intercettati nel testo del poema. Un secondo obiettivo, perseguito dall'autrice con altrettanta passione, è quello di far conoscere i catari, raccontarne la tragica storia e denunciare le falsità che ancora circolano su di loro. Il poema dantesco appare così dettato dall'urgenza di trasmettere la conoscenza di un mondo di idee e di valori che stava per essere cancellato: il mondo dei """"buoni cristiani"""" e il loro messaggio di amore e di libertà."" -
Sulle tracce della sapienza
Frutto e sintesi di trenta anni di ricerche filologiche intorno alla Sapienza, il libro di Tonelli ne presenta campionature significative, dalla tradizione iniziatica eleusina allo sciamanesimo originario, dai grandi tragici ai Presocratici, a Platone, alla teurgia degli Oracoli Caldaici, alle visioni dell'alchimista Zosimo di Panopoli, fino a un'incursione nel Moderno, con la rilettura di The Waste Land e di Four Quartets di Eliot in chiave mistico-rituale, e della psicologia analitica junghiana in chiave alchemica e gnostica. Per quel che riguarda la Sapienza d'Oriente, l'attenzione si concentra sulla sua dimensione di pratica spirituale, perché il Buddhismo e l'Induismo hanno saputo concretare nell'unità corpo-mente la condizione sapienziale, affinando tecniche meditative adatte a lenire la sofferenza e favorire lo sviluppo delle qualità etiche positive. In chiusura, l'autore riannoda il filo che lega l'inizio della filosofia con il principio della sua fine, ovvero Platone con Kant, per quel che riguarda la possibilità dell'esercizio di una influenza dei pensatori sul potere, rintracciando la causa della loro inefficacia, pur nella nobiltà del gesto, proprio nell'essere filosofi, e non Sapienti, e dunque propagatori di un modo di pensare, e non di un modo di essere totale. -
Il poeta e «il fluire ondeggiante delle moltitudini». Parigi per Nerval e Baudelaire
In questo libro sono raccolte le conferenze tenute da Yves Bonnefoy nel novembre del 2001 alla Bibliothèque Nationale de France. Il tema riguarda la folla parigina che si riversa nelle vie e nei boulevard di Parigi tra il XIX e il XX secolo: una ""moltitudine"""" dal carattere del tutto nuovo rispetto alle epoche precedenti. Prima di allora in quella folla erano visibili i segni distintivi che consentivano di riconoscere in ciascun individuo la sua collocazione nell'ordine naturale, nell'essere. In quella """"moltitudine"""", ora, c'è il nulla. Yves Bonnefoy mostra l'effetto che questa sorta di """"epifania del nulla"""" ha sull'esperienza poetica di due grandi scrittori: Gérard de Nerval e Charles Baudelaire, quest'ultimo principale iniziatore della modernità già preannunciata da Edgar Allan Poe. Un'esperienza che consiste nel concepire l'essere solamente come desiderio che l'essere sia. Un'esperienza che, cominciando con Hugo e Vigny, si estenderà a Rimbaud, Mallarmé, Apollinaire fino ai surrealisti. Le conferenze, qui trascritte e rielaborate dall'autore, mantengono un modo colloquiale nell'offrirsi al piacere della lettura: continuano ad aprirsi con un """"Signore e signori"""" e si sviluppano per cenni e idee; o ipotesi, addirittura, tanto da non proporsi come qualcosa di concluso. Il loro intento infatti è farsi dialogo, lasciando dire qualcosa di inedito al lettore che le incontra."" -
Sul confine del tempo. Poesia dal 1985 al 2009
Si trova qui raccolta in torma antologica l'opera poetica di Bruna Dell'Agnese, dal felice esordio di ""Stanza occidentale"""" all'ultima raccolta edita, """"Gli improbabili confini"""", che ricevette nel 2005 l'ambito riconoscimento del premio internazionale di poesia dedicato proprio al grande poeta parmigiano. Sei libri, dai titoli eloquenti, che indicano già di per sé i luoghi e i temi e i tempi privilegiati di questa poesia quieta e appartata, nutrita di natura e di anima, attenta agli indizi minimi dell'esistenza, al frusciare di una foglia, al declinare di una stagione, ma anche civilmente intesa a denunciare l'aridità dell'uomo contemporaneo, la sua sordità ai segni gloriosi e splendenti del mondo: Stanza occidentale (1985), Vuoto in giardino (1992), Bassa marea (1996), Correndo l'anno (1999), Nel fruscio del quotidiano (2001), Gli improbabili contini (200-4). Ai quali si è voluta aggiungere una ricca appendice di poesie inedite, quasi un cartone - già ben delineato della settima raccolta poetica. I lettori troveranno, nella sezione conclusiva del libro, alcune delle note critiche più rilevanti che hanno accompagnato, nel corso degli anni, il lavoro poetico di Bruna Dell'Agnese."" -
Freud e Severino
Per Freud l'inconscio è ""soprattutto fuori del tempo"""". Emanuele Severino definisce la propria filosofia come """"la ricerca di quell'essere che è fuori del tempo"""". Freud ritiene che una riflessione sulla a-temporalità dell'inconscio, una sua """"esatta valutazione filosofica"""", possa """"aprire il varco verso le massime profondità"""", ed è questa la sua ultima parola sul tempo e sull'inconscio, il suo testamento spirituale. La filosofia di Severino sembra prestarsi proprio a questo scopo. Ma le due concezioni non sono affatto sovrapponibili. Né sarebbe sufficiente integrarle fra loro intendendo l'una come il complemento dell'altra. La possibilità più feconda è quella di confrontarle non solo per rilevarne identità e differenze ma per produrre fra loro una """"reazione chimica"""", dalla quale scaturisca qualcosa di nuovo: di non riconducibile a nessuna di esse ma a una sintesi più ampia, in grado di comprenderle entrambe. Tali concezioni cioè possono illuminarsi a vicenda in quanto ciascuna illumina qualcosa di esclusivo dell'oggetto a cui si riferisce, che in entrambi i casi è la radice più profonda della vita. Ne risulta un saggio che si addentra effettivamente nel varco verso le massime profondità indicato da Freud che, oltre agli addetti ai lavori della psicoanalisi e della filosofia, """"dice"""" qualcosa a chiunque sia sensibile alle tematiche culturali."" -
Panta diapánton. Scritti teorici su follia e cura
Panta diapánton - il tutto attraverso tutto dei frammenti eraclitei - è la forma radicale della illacerabile relazionalità dell'essere, è lo spazio in cui psichiatria e filosofia sanno ospitarsi - nel duplice significato dell'hospes, colui che accoglie ed è accolto, che si riconosce nel volto dell'altro. Gli scritti teorici raccolti in questo volume mettono in luce la singolare familiarità che accompagna una certa psichiatria e una certa filosofia lungo le strade che solcano questo nuovo secolo e conducono in quella terra di frontiera dove ragione e follia possono finalmente convivere in libertà. La forza pervasiva ed eversiva del pensiero dialettico di Italo Valent mostra che tanto la psiche quanto la cura della psiche sono percorsi di lotta e di unificazione degli opposti: nell'affrontare da un punto di vista filosofico i temi della follia e della relazione di cura, sono delineate in modo originale e trasformativo le figure dell'amore-timore del nulla, della paura-desiderio della morte, del bisogno-rifiuto del dolore, del senso-nonsenso del delirio. Ne scaturisce una visione antropologica e politica che rappresenta un invito per gli operatori psichiatrici responsabili ad adottare un nuovo approccio alla cura, per cui ""condividere la follia è l'operazione più difficile, è l'operazione che è iniziata con Basaglia e che dovrà procedere perché fondata su questa certezza, che se ci salviamo, cioè se ci curiamo e se guariamo, è soltanto insieme""""."" -
L' inconscio creatore. Attorno al «Libro dei sogni» di Federico Fellini
Nel 2007 vede la luce il ""Libro dei sogni"""" di Federico Fellini, che raccoglie trent'anni di sogni scritti e disegnati da lui, dall'inizio della sua analisi junghiana con Ernst Bernhard a poco prima della morte. Due analisti junghiani, Christian Gaillard e Lelila Ravasi Bellocchio, lavorano con passione e umiltà attorno ai sogni e alle immagini del maestro. I loro contributi sono diversi nell'approccio ma uniti nell'emozione dell'incontro con questo straordinario materiale psichico, con la vita dell'uomo e dell'artista. Interrogano il libro, in un ascolto rispettoso, e si interrogano sul senso della vita di Fellini come """"autorealizzazione dell'inconscio"""" nella definizione che lo stesso Jung ha dato per raccontare la propria storia. Passano le immagini, alcune tra le molte, scelte dagli autori, e sono narrazioni che ci portano per mano, forse ci provocano a incontrare le parole e i disegni della vita di un artista, e della sua dedizione all'inconscio creatore."" -
Due racconti dal sottosuolo. La follia come stile di vita
Si tratta di due storie di vita, due storie di follia, raccontate da un biografo che si fa medio della riflessione dell'istituzione di cura su se stessa. Un autoaggiramento, un prendersi alle spalle, per quel che si può. Siamo ancora sprovveduti, e forse lo rimarremo, di fronte al malessere e al male, ma proprio questo esige una quotidiana determinazione a cercare vie inesplorate. I racconti di Adriano e di Guido ci ricordano la profonda solitudine -ma anche la titanica pervicacia -che segna da dentro e da fuori gli esclusi, o meglio, alcuni esclusi per i quali una metafora possibile potrebbe essere quella della malattia autoimmune del loro psichismo. Ecco allora il recupero delle storie difficili. La narrazione biografica cerca di valorizzare ogni forma di esperienza e di rintracciarne il senso implicito, accogliendo perciò ogni forma di vita e allargando le maglie del senso. Essa offre al singolo la possibilità di comprendersi seguendo quell'unica autorità rappresentata dall'alterità che incontra in se stesso. -
Ariele
Il poeta che qui leggete, e che cammina per le vie del mondo sotto il nome di Silvio Aman, sa bene - come sa bene anche il lettore avveduto - che non si scrive per parlare di sé, semmai per dar vita a parole calde come i fili di paglia di un nido, severe come i legni di una casa custodita dal tempo. Come un acquarellista sublime, intento a salvare nei suoi piccoli e cerimoniosi quadri le minime cose della vita, il loro simbolismo più segreto, e sia pure intinto di un'angoscia da cui neanche la più luminosa e più pura bellezza ci può preservare, anche Aman tenterà dunque - in virtù di ""un lavoro lungo e quieto"""" - di dipingere i suoi """"mobili in ciliegio,/ I vasi colmi d'acqua con le dalie,/ I piatti azzurri appesi/ E dentro l'aria argentea, l'ombra"""" (Aliénor).""