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Zefiro e clori. Ediz. a colori
Zefiro e Clori è dedicato a un bellissimo affresco proveniente da Pompei e ora nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il grande affresco, che misura 198 cm in altezza e 258 in lunghezza, fu realizzato in età neroniana, cioè negli anni 50-60 del I secolo dopo Cristo e rinvenuto nella Casa del Naviglio, scoperta a Pompei già agli inizi del 1826, ma liberata completamente dalle terre di seppellimento solo alla fine dello stesso anno. Già gli scavatori dell'epoca che si ritrovarono davanti agli occhi l'affresco di Zefiro e Clori capirono di trovarsi di fronte a una delle più belle pitture di Pompei. Agli abitanti della casa in cui era stato realizzato questo grande dipinto probabilmente erano familiari le storie raccontate da Ovidio, non solo quelle di dei e di mortali che si trasformavano per amare o per sfuggire a una passione non condivisa, ma anche le storie che spiegavano l'origine delle feste del calendario romano, da ricordare in ciascun mese, e tra quelle del mese di maggio c'era la storia di Zefiro e Clori. Il dipinto pompeiano, per il soggetto rappresentato, fino a ora non ha confronti, anche se le singole figure o i gruppi derivano da modelli ampiamente sfruttati che si possono osservare in altre case di Pompei. Valeria Sampaolo ci guida passo a passo nella lettura dell'affresco, grazie alle splendide e inedite fotografie di Luigi Spina. Scopriamo con loro le figure, i simboli e i rimandi mitologici di quest'opera meravigliosa. -
The Pont-Aven School. Cradle of the modern sensibility. Ediz. bilingue
Pont-Aven ha dato il nome a uno dei movimenti pittorici moderni più importanti, nome che rimanda immediatamente a Paul Gauguin e Émile Bernard. Proprio questi due artisti nel 1888, in questo piccolo comune bretone, creano uno stile nuovo, il ""sintetismo"""". In segno di rottura con l'insegnamento accademico e influenzati dalle stampe giapponesi, propongono nuovi canoni estetici, caratterizzati dalla semplicità delle forme e dall'uso di colori piatti delimitati da un tratto scuro. Il gusto per i toni opachi e l'abolizione della prospettiva classica fanno sì che questo nuovo stile si stacchi totalmente da ciò che lo aveva preceduto. Questo volume illustrato rivela al pubblico l'importante collezione costituita da Alexandre Mouradian in anni recenti, collezione che rivela una grande passione non solo per gli artisti del gruppo di Pont-Aven ma anche per coloro che aderirono alla nuova corrente pur mantenendo una loro individualità. E mostra anche la dimensione internazionale di questo movimento: molti furono gli artisti da tutta Europa che, approfittando della chiusura estiva delle accademie parigine, si recarono a Pont-Aven o nella vicina Le Pouldu per cercarvi ispirazione e per """"osare"""" come Gauguin."" -
Baga. Ediz. francese
Con i Nalu e i Landuma, i Baga sono piccole comunità risicole che vivono lungo la costa della Guinea, in Africa occidentale. I Baga sono diventati universalmente conosciuti dalla fine del XIX secolo grazie alle bellissime sculture scoperte dagli esploratori, dagli amministratori coloniali, dagli etnologi, dai collezionisti e dai mercanti d'arte. Oggi gli oggetti d'arte Baga vengono ammirati nelle collezioni pubbliche e private dei paesi occidentali. Si tratta perlopiù di maschere in legno di diverse tipologie, di statue, statuette, ma anche di stupendi strumenti a percussione, seggi per i capi e altri oggetti utilitari sapientemente scolpiti che gli stessi Baga ci presentano secondo le loro esperienze, perché un tempo quegli oggetti sacri erano concepiti e utilizzati secondo le loro antiche credenze religiose, basate sulla presentificazione delle entità divine, sui culti dedicati agli antenati, sui riti di passaggio, sull'esistenza di confraternite segrete e sull'organizzazione di cerimonie sociali importanti come i matrimoni, i funerali e i raccolti. Si tratta anche di nuove creazioni plastiche che gli scultori tradizionali si sono inventati con talento e abilità tecnica, influenzati dalla colonizzazione, da nuove religioni e attingendo ai miti e alle leggende della propria cultura. Basti ricordare i personaggi dei coloni in piedi, a cavallo o appollaiati su uccelli, le declinazioni di diversi busti di donna che ricordano la dea dei mari Mami Wata, le figure alate, i bestiari di racconti e leggende e la personificazione degli eroi fondatori dei loro villaggi. E oggi i giovani Baga perpetuano la lavorazione di alcuni oggetti commemorativi ed emblematici come la grande maschera D'mba e continuano a produrre altre sculture legate alla loro evoluzione storica e culturale. Tutti questi artefatti animano ancora le danze e le performance nei villaggi, fra i diversi villaggi e nelle città. -
Fernando Costa. Ediz. francese e inglese
Fernando Costa nasce a Sarlat, nella Dordogna ricca di alberi di noce. Due anni prima, i suoi genitori erano arrivati inrnFrancia a piedi dal Portogallo per fuggire dalla dittatura di Salazar. Suo padre era un abile tagliatore di pietra. AnchernFernando Costa è un abile tagliatore, tanto da trasformare una tipologia di oggetti che tutti conosciamo: i cartelli stradali.rnCosta taglia i cartelli smaltati, ricompone i segnali, li traduce in segni, in poesie. Il risultato è sorprendente.rnI suoi quadri, come ama definirli, sono di metallo. Alcuni sono figurativi, cugini della Pop Art, ma animati da una volontàrnnarrativa e sensibile poiché mettono in scena personaggi e momenti tragici o comici che hanno toccato lo scultore nelrncorso della sua vita: Simone Veil, Robert Badinter, il ciclista Tom Simpson, i Beatles, Josephine Baker (la “Venere d’ebano”rnche ha vissuto in Dordogna, al Castello des Milandes, dal 1937 al 1969). Altri giocano con un’astrazione figlia dei cubistirne della musica meccanica di Edgar Varèse. Tutti testimoniano una libertà, un movimento, un’energia, un gioco fisico dirncolori primari. In formato tascabile o in trittici maestosi, le opere di Costa compiono qualcosa di molto prezioso: impregnanornil metallo di emozioni. -
Alexander Calder. Radical inventor. Ediz. a colori
Il catalogo della prima importante retrospettiva sull'opera di Alexander Calder dopo la mostra al Musée des Beaux-Arts du Canada nel 1998, presenta un centinaio di opere sotto una nuova luce, sculture di filo di ferro mobili e stabili realizzate nel corso della sua carriera. -
Paul Cézanne. L'exposition de Paris de 1907 visitée, admirée et décrite par Rainer Maria Rilke
Ottobre 1907. Al Salon d'Automne di Parigi viene organizzata una retrospettiva dedicata al pittore francese Paul Cézanne, morto l'anno precedente. Il poeta e romanziere austriaco Rainer Maria Rilke, che all'epoca ha 32 anni e vive a Parigi dove lavora come segretario dello scultore Auguste Rodin, visita diverse volte la mostra e scrive le sue impressioni in una serie di lettere alla moglie, la scultrice Clara Rilke Westhoff. Queste lettere rivelano il forte turbamento che l'arte di Cézanne gli ha suscitato. Esse sono fra le più importanti testimonianze sulla percezione dell'opera di Cézanne poco dopo la sua morte e contengono osservazioni straordinarie dal punto di vista artistico. E da un punto di vista stilistico, le riflessioni di Rilke vanno ben oltre la semplice critica d'arte. Durante la compilazione del volume è emerso che, per quanto strano possa sembrare, non risultano esserci degli archivi fotografici della retrospettiva del 1907. La storica dell'arte Bettina Kaufmann ha il merito di aver ricostruito per la prima volta l'elenco completo dei quadri esposti nella mostra. Pubblicato come un catalogo postumo, il volume presenta dunque le opere rappresentative selezionate dai curatori dell'epoca. Contrariamente ai quadri ritrovati a casa del pittore dopo la sua morte, le opere esposte a Parigi, prestate da collezionisti privati, non lasciano dubbi sulla loro compiutezza. Altrettanto importanti sono la struttura tematica e l'arco temporale che intercorre fra i primi e gli ultimi quadri. La selezione rispecchia in effetti la percezione che i contemporanei di Cézanne avevano delle sue opere, che è molto diversa da quella odierna. E tutto questo è ancora più interessante considerato il grande impatto che la mostra ha avuto sulle generazioni successive di artisti e che continua ad avere ancora oggi. Quell'evento che ha profondamente influenzato pittori quali Picasso, Matisse, Duchamp e altri contemporanei, gettando così le basi del cubismo e, più in generale, del modernismo, rappresenta un momento cruciale per la storia dell'arte. -
Satiro ebbro. Ediz. illustrata
Il Satiro ebbro è uno dei gioielli delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La singolarità di questa scultura in bronzo, scoperta nella Villa dei Papiri di Ercolano, è nel non essere un unicum, come altre opere che decoravano quella ricca abitazione, ma la replica di un tipo ben noto sin dal II secolo a.C., realizzato più volte per decorazioni di giardini e peristili. In questa opera, un satiro di età matura è steso su di una roccia coperta da una pelle leonina e si appoggia all'otre dal quale ha abbondantemente attinto la bevanda di Dioniso fino ad esserne soggiogato come mostra il volto contratto nel riso inebetito e provocatorio proprio degli ubriachi. -
Tazza Farnese. Ediz. illustrata
Poche altre opere del Museo Archeologico Nazionale di Napoli rispondono alla definizione della collana «Tesori nascosti» quanto la Tazza Farnese, al centro di questo nuovo volume. Il più grande vaso in pietra dura lavorata a rilievo ci è giunto dal mondo antico attraverso un cammino lungo secoli durante i quali, con ogni verosimiglianza, non è mai finito sottoterra: da Alessandria d'Egitto a Roma, a Costantinopoli per tornare a Roma nel XV secolo dove lo acquistò quel finissimo intenditore d'arte che fu Lorenzo de' Medici, passando poi dalla sua collezione a quella Farnese, penultima tappa prima di fermarsi nelle raccolte dell'Archeologico. A questa intrigante storia di passaggi da una corte all'altra la Tazza Farnese unisce quella non definitivamente risolta dell'interpretazione della scena raffigurata al suo interno, spiegata in più modi e ancora argomento di nuove precisazioni. L'abilissimo lavoro di incisione, che ha sfruttato tutte le variazioni di colore dell'agata sardonica, ha consentito di mettere in risalto le figure dei personaggi interni e il volto terrificante della Gorgone sull'esterno. -
Carlo Zinelli recto verso. Ediz. francese e inglese
Carlo Zinelli, chiamato comunemente Carlo (1916-1974), è una delle figure di riferimento dell'Art Brut al pari di Aloïse Corbaz, André Robillarde Adolf Wölfli. Il volume a lui dedicato dalla Collection de l'Art Brut di Losanna - l'istituzione pubblica che conserva il corpus più rilevante di opere dell'artista italiano - raccoglie diversi contributi relativi a Carlo Zinelli scritti da esperti in differenti discipline. Le parole recto verso che arricchiscono il titolo del volume sono mutuate dalla consuetudine dell'artista di realizzare disegni e dipinti della medesima intensità e qualità su entrambi i lati dei fogli di carta. Per Zinelli la creazione artistica era il mezzo per scappare dalla sofferenza nonché dalla malattia: era insomma il suo mezzo per sopravvivere! La multidisciplinarietà che connota l'approccio di questo libro consente di dare il giusto peso all'opera eterogenea dell'artista che va dagli scritti alle composizioni grafiche, conosciute ai più per la loro peculiare accumulazione di motivi tra i quali emergono in particolare esseri umani, animali così come veicoli, ma anchedi seguire lo sviluppo della sua espressione artistica che era per lui il mezzo migliore per rendere eterne le sue memorie di infanzia nonché ciò che amava della vita (la musica, la natura e gli animali). Il volume bilingue presenta un ricco corpus di illustrazioni così come di riproduzioni di opere di Zinelli, scatti fotografici - molti dei quali realizzati da John Phillips - e materiale d'archivio inedito. -
The Farnese cup
Poche altre opere del Museo Archeologico Nazionale di Napoli rispondono alla definizione della collana «Tesori nascosti» quanto la Tazza Farnese, al centro di questo nuovo volume. Il più grande vaso in pietra dura lavorata a rilievo ci è giunto dal mondo antico attraverso un cammino lungo secoli durante i quali, con ogni verosimiglianza, non è mai finito sottoterra: da Alessandria d'Egitto a Roma, a Costantinopoli per tornare a Roma nel XV secolo dove lo acquistò quel finissimo intenditore d'arte che fu Lorenzo de' Medici, passando poi dalla sua collezione a quella Farnese, penultima tappa prima di fermarsi nelle raccolte dell'Archeologico. A questa intrigante storia di passaggi da una corte all'altra la Tazza Farnese unisce quella non definitivamente risolta dell'interpretazione della scena raffigurata al suo interno, spiegata in più modi e ancora argomento di nuove precisazioni. L'abilissimo lavoro di incisione, che ha sfruttato tutte le variazioni di colore dell'agata sardonica, ha consentito di mettere in risalto le figure dei personaggi interni e il volto terrificante della Gorgone sull'esterno. -
Friedrich Nietzsche et les artistes du nouveau Weimar
Un piccolo gruppo di intellettuali sente l'esigenza nei primi anni del 1900 di connotare la città di Weimar come centro utopico dell'arte e del pensiero moderno. Il ""mito di Weimar"""" fu quindi costruito grazie alla visione di artisti come Max Klinger, Edvard Munch, Ludwig von Hofmann, e scrittori quali André Gide, Hugo von Hofmannstahl e Rainer Maria Rilke. Alla testa di questa creazione campeggiava Friedrich Nietzsche, identificato come il profeta e filosofo della modernità grazie alla profondità del suo pensiero, al linguaggio espressivo e agli aforismi pungenti. Influenzati dal suo pensiero, artisti e critici si misero alla ricerca di un'arte nuova, di un uomo nuovo e, da ultimo, di una nuova società. Nel 1902, due anni dopo la morte di Nietzsche, fu commissionata a Max Klinger la realizzazione di un suo ritratto per la Villa Silberblick di Weimar, centro del culto del filosofo. L'artista partì da una rilavorazione della maschera funebre del filosofo per eseguire la famosa erma marmorea che tuttora campeggia nella sala di ricevimento dell'archivio di Nietzsche. Furono fuse solo tre versioni bronzee monumentali di quel ritratto, e una di esse è parte della collezione della National Gallery of Canada. Avendo chiaro il ruolo centrale di quest'opera scultorea, e accanto ad essa di dipinti, bozzetti, calchi in gesso e bronzetti, il presente volume vuole mettere in evidenza come Klinger e i suoi mecenati inventarono l'immagine ufficiale di Nietzsche trasformando un ritratto di grande espressività in un'immagine di culto fortemente idealizzata. Il volume posa inoltre l'attenzione su altri protagonisti che diedero vita al mito di Weimar quali Auguste Rodin, Aristide Maillol, Edvard Munch e Kurt Stoeving, con l'obiettivo di gettare luce, per la prima volta in Nord America, sulla straordinaria costellazione artistica e culturale del Modernismo europeo."" -
Kifwebe. Un siècle de masques Songye et Luba. Ediz. illustrata
Le maschere Kifwebe sono oggetti cerimoniali utilizzati dalle società Songye e Luba (Repubblica Democratica del Congo), dove vengono indossate con una lunga barba di fibre vegetali e con costumi composti da una lunga veste. Come in altre culture dell'Africa centrale, la stessa maschera può essere utilizzata in cerimonie magiche, religiose o festive. Per comprendere le maschere Kifwebe è essenziale considerarle all'interno della cosmogonia del serpente arcobaleno, della lavorazione dei metalli nella fucina e di altre simbologie vegetali e animali. Tra i Songye, le maschere femminili di natura benevole rivelano ciò che è nascosto e bilanciano l'energia bianca e rossa associata a due iniziazioni successive, il cosiddetto bukishi. Le maschere maschili, maggiormente aggressive, erano coinvolte fin dall'inizio nel controllo sociale e avevano una sorta di ruolo di polizia, svolto secondo le istruzioni degli anziani del villaggio. Le due forze maschili e femminili agiscono in modo equilibrato per rafforzare l'armonia all'interno del villaggio. Tra i Luba, anche le figure mascherate sono benevole e compaiono in corrispondenza della luna nuova, e il loro ruolo è quello di aumentare la fertilità. Sebbene le maschere maschili e femminili svolgano funzioni non del tutto sovrapponibili, hanno alcuni caratteri in comune: una cresta frontale, gli occhi rotondi e fortemente sporgenti, le narici svasate, la bocca e le labbra a forma di cubo, una decorazione a strisce colorate. Gli storici dell'arte e gli antropologi hanno nutrito un interesse sempre più evidente per le maschere Kifwebe negli ultimi anni. Questo libro, attraverso lo studio della collezione di Woods Davy, offre una nuova prospettiva sulle maschere Kifwebe dei Songye e dei Luba. -
Kifwebe. A century of Songye and Luba masks. Ediz. illustrata
Le maschere Kifwebe sono oggetti cerimoniali utilizzati dalle società Songye e Luba (Repubblica Democratica del Congo), dove vengono indossate con una lunga barba di fibre vegetali e con costumi composti da una lunga veste. Come in altre culture dell'Africa centrale, la stessa maschera può essere utilizzata in cerimonie magiche, religiose o festive. Per comprendere le maschere Kifwebe è essenziale considerarle all'interno della cosmogonia del serpente arcobaleno, della lavorazione dei metalli nella fucina e di altre simbologie vegetali e animali. Tra i Songye, le maschere femminili di natura benevole rivelano ciò che è nascosto e bilanciano l'energia bianca e rossa associata a due iniziazioni successive, il cosiddetto bukishi. Le maschere maschili, maggiormente aggressive, erano coinvolte fin dall'inizio nel controllo sociale e avevano una sorta di ruolo di polizia, svolto secondo le istruzioni degli anziani del villaggio. Le due forze maschili e femminili agiscono in modo equilibrato per rafforzare l'armonia all'interno del villaggio. Tra i Luba, anche le figure mascherate sono benevole e compaiono in corrispondenza della luna nuova, e il loro ruolo è quello di aumentare la fertilità. Sebbene le maschere maschili e femminili svolgano funzioni non del tutto sovrapponibili, hanno alcuni caratteri in comune: una cresta frontale, gli occhi rotondi e fortemente sporgenti, le narici svasate, la bocca e le labbra a forma di cubo, una decorazione a strisce colorate. Gli storici dell'arte e gli antropologi hanno nutrito un interesse sempre più evidente per le maschere Kifwebe negli ultimi anni. Questo libro, attraverso lo studio della collezione di Woods Davy, offre una nuova prospettiva sulle maschere Kifwebe dei Songye e dei Luba. -
We
Il volume all'interno della collana Visions of Africa, affronta la storia e le tradizioni del popolo We, originario della Costa d'Avorio. Si tratta di una vera e propria \""civiltà delle maschere\"". Ogni villaggio ha le proprie, e ne ha in abbondanza. Insolite, esuberanti, fantasmagoriche, sorprendono per la loro diversità. -
Allo Kafi Gida. Planches coraniques secrètes du Nigeria septentrional. Ediz. illustrata
È la segretezza ciò che accomuna le tavole coraniche cosiddette ""allo kafi gida"""" conservate dal gruppo etnico degli Hausa che popola il nord della Nigeria. Se da un lato tra loro vige una neanche troppo celata paura di rivelare agli estranei le formule beneaugurali che decorano tali manufatti, dall'altro è chiara la volontà di non mettere in mostra le immagini di animali ed esseri umani che potrebbero causare ripercussioni in un contesto islamico iconoclasta. Basti pensare che ancora oggi il possesso di un """"allo kafi gida"""" è punibile severamente da parte dei più fervidi islamici, e tra le possibili sanzioni compare anche l'esecuzione capitale. Così come che ognuna delle tavole di questo libro se non fosse stata salvata nel corso degli anni sarebbe andata incontro alla distruzione ad opera di aderenti al fondamentalismo islamico. I realizzatori delle decorazioni che arricchiscono le tavole coraniche non sono semplicemente illustratori bensì veri e propri cantastorie che hanno dipinto su supporti lignei racconti che raffigurano le connessioni cosmiche della società in cui vivono. Attraverso la pratica artistica idee cosmiche straniere e lontane sono state incorporate nel sistema di pensiero della popolazione Hausa, e questi """"allo kafi gida"""" sono così diventate delle capsule cosmologiche incorporate su tavole di legno. Alla luce del difficile contesto, i proprietari di queste opere d'arte possono essere definiti """"curatori"""" di queste tavole segrete che, sebbene di religione islamica, accolgono la cosmologia Hausa. I manufatti che impreziosiscono questo volume, un vero e proprio unicum nel campo delle arti extraeuropee, sono parte di una collezione privata costruita in oltre vent'anni di ricerche."" -
Before time began. Ediz. illustrata
L'arte aborigena può essere considerata la più antica forma di espressione artistica e da sempre la sua funzione è stata quella di tramandare tradizioni e credenze attraverso le più eterogenee manifestazioni. Pittura, incisione, scultura e fotografia per creare un legame tra l'uomo e la terra. -
Ndari Lo. Le démiurge-The demiurge. Ediz. illustrata
Ndary Lo (1961-2017) è uno scultore senegalese di fama internazionale, considerato inoltre uno degli artisti africani più attivi nell'ideazione di installazioni. È noto ai più per gli uomini che marciano: silhouette in ferro altissime, che si slanciano verso il cielo. E l'uomo, in effetti, è stato il centro della sua ricerca, così come l'aids, la schiavitù e la sorte tragica dei migranti. Questo volume, diretto da Jacques Rouayroux e Sylvain Sankalé, si presenta come una monografia dell'artista che pone in dialogo le sue opere in metallo con le sue creazioni più effimere spesso contenute in taccuini impolverati, corrispondenze private, documenti inediti. Il libro risponde alle ultime volontà di Ndary Lo che, poco prima di morire, incaricò Jacques Rouayroux di portare alla luce tutta la ricchezza della sua opera per troppo tempo inevitabilmente nascosta nel suo atelier. Solo attraverso questo processo sarebbe stato possibile per Ndary Lo cogliere la profondità della sua creazione e il pensiero da cui si originava il momento creativo. Accanto alle opere dell'artista prendono spazio contributi di specialisti dell'arte e dell'opera dello scultore senegalese, in questo modo il lettore ha la possibilità di entrare in risonanza con il pensiero intimo di Ndary Lo, approfondire le sue intenzioni e seguire i meandri del suo processo creativo. -
Mur murs. Jacques Kaufmann, architechtures céramiques. Ediz. francese e inglese
È il mattone, una delle forme primitive legate sia all'habitat che al corpo, il soggetto e oggetto di questo libro. Ma non solo: lo sguardo si allargherà al ruolo dell'artista nel panorama internazionale delle creazioni in ceramica nonché al suo impegno pluriennale nell'utilizzo della ceramica in architettura. Il mattone diviene il modulo fondamentale con cui si relaziona la mano dell'uomo, e partendo da questo presupposto l'artista iscrive i suoi progetti nel paesaggio. Attraverso questo elemento, tanto semplice quanto portante, Kaufmann è capace di costruire un immaginario, non unicamente legato alla materia ma anche ai simbolismi che esso porta con sé (il concetto di trasparenza, i muri fisici e metaforici, e gli immaginari connessi). Il libro accompagna la mostra di Jacques Kaufmann che si terrà presso il Musée Ariana di Ginevra, un progetto espositivo che si svilupperà tanto all'interno quanto all'esterno. La mostra sarà allestita anzitutto nel parco, e una delle pareti ""entrerà"""" nel museo dirigendo i passi del visitatore negli spazi interni. Le opere esposte saranno in totale dieci, e ciascuna di esse sarà presentata nel volume attraverso un'introduzione firmata dallo stesso Kaufmann. L'introduzione, curata da Anne-Claire Schumacher, avrà l'obiettivo di collocare il percorso dell'artista all'interno della storia della ceramica nonché nel contesto artistico contemporaneo. A questa farà seguito il contributo di Luca Pattaroni che tratterà l'argomento all'interno di un saggio socio-politico."" -
Maria Lai. Tenendo per mano il sole-Holding the sun by the hand. Ediz. illustrata
"Quanti palpiti emotivi e quante suggestioni di straordinaria attualità ci trasmettono la ricerca, la produzione artistica di una donna venuta al mondo cento anni fa nel cuore della Sardegna più remota, in un paesino dell'Ogliastra, protagonista di una lunga e originale parabola creativa. Maria Lai. Tenendo per mano il sole sprigiona tutta la forza magnetica di una figura che ha esplorato diverse tendenze e interpretato molteplici linguaggi mantenendo, però, una sua traccia inconfondibile, inimitabile. Dovuta, credo, alla sapienza con cui ha saputo rappresentare e reinventare tradizioni locali, simboli e strumenti di una cultura arcaica e rivolgersi ai contemporanei toccando corde tra le più fragili, in una società oscillante tra l'oblio del passato e l'irresponsabilità verso il futuro. Sono davvero felice sia il MAXXI a presentare la prima grande retrospettiva di Maria Lai. La mostra curata da Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli - affascinante per ricchezza di semplici materiali, oggetti, colori e tecniche che accendono i nostri sguardi e la nostra immaginazione - con oltre duecento opere esposte, dai lavori degli anni Sessanta fino ai più recenti, si dipana in una densa trama sensoriale e intellettuale. C'è come un filo luminoso che sembra riprendere la stessa tessitura sapiente infusa dall'estro e dalle mani dell'artista nelle varie stagioni del suo cammino. I Telai. I Libri cuciti. I ricami. Le sculture. I tappeti. Le Geografie. Le Fiabe. Maria Lai ci ha lasciato un tesoro di arte intima e universale, con un messaggio ancestrale e globale: ci porta alle radici del rapporto tra umanità e natura, tra identità personale e ritualità collettiva, tra racconto di sé e condivisione di legami con l'altro. È quasi un unico 'album' di parole, immagini, manufatti, atmosfere che non celano una mera testimonianza ma trasmettono un insegnamento: mettere assieme il visibile e l'invisibile, secondo la sua felice definizione del significato più profondo dell'arte. La mostra è ideata e realizzata dal MAXXI con l'Archivio Maria Lai e la Fondazione Stazione dell'Arte, ha il supporto della Fondazione di Sardegna e si avvale della generosa disponibilità di più di trenta tra prestatori e galleristi."""" (dalla Prefazione di Giovanna Melandri)" -
I confratelli. Ediz. a colori
Nel cuore di Napoli, all'ombra del Museo Archeologico Nazionale, dal 1740 si trova l'antica Congregazione di San Giuseppe dell'Opera di Vestire i Nudi, da alcuni anni trasformata in Fondazione. Oggi una traccia profonda dell'attività di questa pia istituzione permane nei volti dei benefattori che, lungo i secoli, hanno consegnato la propria immagine alla tela. Questi dipinti di nobili, uomini di legge, intellettuali, religiosi, ma anche amministratori e regnanti, sono l'espressione più autentica e vera di un modo di essere, di pensare e di agire. Riflesso di una società e di una tradizione culturale che si sono profondamente evolute in quasi 250 anni di vita. Eppure i loro volti sono ancora pronti a raccontarci storie.