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L' etica della vita. I dilemmi della bioetica in una società liberale
La sempre più rapida evoluzione della scienza medica ha generato, negli ultimi decenni, un fenomeno nuovo, con il quale si confrontano oggi scienziati, filosofi, giuristi e politici. L'adozione e la sperimentazione di tecniche sempre più elaborate di cura e di intervento non ha soltanto prodotto incroci disciplinari sofisticati e complessi, come ad esempio l'ingegneria genetica, ma soprattutto ha modificato e sta modificando le nostre visioni e le nostre percezioni della vita e della morte, spostando in continuazione i confini dell'intervento umano - e delle scelte individuali - riconosciuti come legittimi dalla nostra cultura. Eppure, i problemi etici sollevati dalla ricerca medica e dalle biotecnologie vengono perlopiù discussi astrattamente, senza concreti riferimenti a quei contesti politici, sociali e culturali in cui essi si verificano. È questo il punto di partenza delle riflessioni di Max Charlesworth, filosofo tra i maggiori dell'area anglosassone, che si interroga sui grandi problemi della bioetica contemporanea - l'idea di morte e del «diritto alla morte», l'eutanasia, le tecnologie riproduttive come la fecondazione in vitro o la maternità surrogata, la distribuzione delle risorse in campo sanitario - nei suoi concreti rapporti con le società liberali, individualistiche e pluralistiche in cui viviamo. Società in cui, nota Charlesworth, le contraddizioni sono numerose e pericolose: società in cui l'intervento dello Stato, attraverso i suoi strumenti legislativi, in campo bioetico svela radicate vocazioni paternalistiche e autoritarie. La varietà delle istanze e dei valori culturali, religiosi e politici espressi dalle società liberali, dove l'autonomia personale e la libertà di scelta sono il valore supremo, impone invece di riconsiderare i dilemmi della bioetica alla luce di un rinnovato rispetto per il multiculturalismo e la democrazia. -
Economia della natura. Produzione e consumo nell'era ecologica
L'intento di questo libro, dal taglio volutamente divulgativo, è di porre consapevolmente la natura al centro di un progetto di una nuova forma di governo dell'economia. Secondo l'autore le condizioni di crisi ecologica in cui versano le società contemporanee nascono essenzialmente dal fatto che l'economia industriale non ha riconosciuto nella natura la sola e vera forza produttiva esistente. La natura - ricorda provocatoriamente Immler - non è solo la viola o il bosco, ma anche la macchina o la locomotiva a vapore. Che cosa è infatti la stessa fabbrica contemporanea se non natura trasformata dalla tecnica, che produce beni i quali sono tali non solo per il lavoro incorporato, ma perché conservano le loro caratteristiche naturali di durezza, resistenza, colore? Al contrario, le società industriali hanno visto nella natura solo una risorsa della produzione, realizzata di fatto dal lavoro e dalla tecnica. E per questo, mentre si sono sforzate di riprodurre tanto il lavoro umano che la tecnica, nulla hanno fatto per riprodurre le vere condizioni materiali di ogni produzione, vale a dire la natura. Per questo, secondo l'autore, molte delle attuali questioni ecologiche - conservare questo o quel lembo di natura, tutelare i parchi ecc. - sono relativamente minori di fronte al vero problema che è quello di rendere consapevole la società che sta divorando le fonti stesse della propria ricchezza e della propria sopravvivenza. -
Europa e altri saggi di storia
Quali sono i mille fili che tengono unito questo continente, e quali le mille trincee che lo dividono? I saggi di Ruggiero Romano affrontano temi cruciali per la comprensione di questo «spazio» storico nella sua evoluzione plurisecolare, e documentano l'unitarietà e l'originalità del ragionamento storico e metodologico che egli ha perseguito in questi anni. Accanto alla discussione di temi consolidati del dibattito storiografico sull'età moderna, come ad esempio il flusso di metalli preziosi tra l'America e l'Europa, o il modo di leggere i mobili rapporti tra centro e periferia nel contesto continentale, o ancora la dicotomia tra storia «locale» e storia «generale», Romano dedica particolare attenzione alla scala europea di grandi, ma spesso trascurate, questioni economico-sociali: i rapporti tra società umane e paesaggio, la storia delle foreste, i nessi tra natura e lavoro umano, il senso e il cammino dell'emigrazione, appunto, come «lavoro». Percorsi di ricerca e di riflessione sempre segnati da creatività interpretativa e vis polemica, che attraverso la discussione e talvolta la demolizione di molti paradossi, partendo dalla concretezza dei problemi storici conducono ad una maggiore comprensione di quel mito tenace e sfuggente rappresentato dall'identità europea. -
Società e metropoli. La scuola sociologica di Chicago
Un nesso indissolubile unisce lo sviluppo urbano e l'avvento, affascinante e contraddittorio, della società di massa negli anni venti in America: processi che innescano un'immediata e radicale trasformazione della sociologia statunitense in «scienza della società», determinandone non solo un insediamento stabile nelle università, ma anche un riconoscimento sociale senza precedenti.Chicago è il luogo dove questo processo si fa storia, la città che sperimenta tutti gli aspetti della trasformazione sociale, il «laboratorio» nel quale, a partire dalla lezione di William Thomas e sotto la guida di Robert Park e di Ernest Burgess, i docenti del Dipartimento di sociologia analizzano i caratteri e i livelli di quella disorganizzazione sociale resa quotidianità dai processi migratori e diffusasi insieme all'assetto metropolitano. La «Scuola di Chicago» domina culturalmente e metodologicamente per quasi un decennio la realtà sociologica statunitense, nello stesso tempo facendo della ricerca fondata sull'osservazione partecipante, e sulla raccolta delle «storie di vita», l'esempio di un rapporto inedito tra ricercatore sociale e contesto esistenziale degli uomini. Questa antologia, curata e presentata da Raffaele Rauty, raccoglie ora i più significativi contributi teorici e i risultati delle più importanti ricerche empiriche prodotti in quel fervido decennio dalla Scuola di Chicago, nell'intento di offrire agli studiosi un efficace strumento di ricerca e riflessione, in una fase, come l'attuale, altrettanto ricca di trasformazioni enigmatiche ed inquietanti della realtà sociale e in particolare della dimensione urbana. -
Storia del bacio
«Un bacio rubato si restituisce», dicono i tedeschi; e gli spagnoli: «tua madre ti rimprovera perché mi hai dato un bacio? Allora, cara fanciulla, riprenditi il tuo bacio e dille di tenere a freno la lingua». (Kristoffer Nyrop). Gesto terreno e sacrale, tra i più universali del patrimonio comportamentale del genere umano, il bacio addensa e contiene uno spettro straordinariamente ampio di significati allegorici, rituali, letterari, religiosi, ma anche giuridici e perfino diplomatici. Una selva di attitudini, motivazioni e tradizioni che trovò, all'alba di questo secolo, un esploratore d'eccezione, Kristoffer NYROP. Ma cosa può aver spinto uno dei massimi filologi europei di fine secolo ad occuparsi di un tema così distante, a prima vista, dai propri interessi? Danese, autore dei sei volumi della Grammaire historique de la langue française, nonché di una Storia dell'epopea francese nel Medioevo tradotta in italiano nel 1886, Kristoffer Nyrop compone questo trattato di squisita eleganza ed erudizione negli ultimi anni dell'Ottocento. Il suo patrimonio di conoscenze filologiche e letterarie gli consente di ricostruire l'arco delle complesse tipologie dei baci d'amore e d'affetto, di riverenza e di cortesia, di quelli cerimoniali, di passione o di lussuria. Favole, leggende e poemi, galatei e sacre scritture, ma anche codici e testimonianze etnologiche della più varia natura si allineano nel percorso di Nyrop: attorno al bacio, ai suoi innumerevoli «sensi», danza una raffinata scelta di citazioni e rimandi, dove le saghe finniche, serbe, «istro-rumene» o italiane incrociano Dante e Verlaine, Molière e Marziale, i cerimonieri di Carlo V e i missionari cristiani. In realtà, la Storia del bacio è una grande lezione di metodo: il severo filologo senza nulla togliere alla levità del tema offre uno scorcio di storia culturale e materiale di effervescente originalità e precocità. Come una parola, o una radice, rappresentano spesso l'indizio che conduce a insospettati legami tra uomini e culture, così un gesto può nascondere nella sua apparente banalità tesori di «senso». Nulla è più degno di curiosità, sembra insomma suggerire Nyrop, di ciò che la consuetudine rende ovvio ai nostri occhi distratti. Non è un caso, allora, che il testo di Nyrop ricorra con tanta riverenza nelle citazioni di quella pattuglia sempre più folta di antropologi e storici culturali dediti alla decodificazione dei linguaggi - appunto - gestuali dei gruppi umani. Studiosi senza dubbio accorti e riverenti, ma quanto più noiosi dell'austero grammatico... -
Multiculturalismo e democrazia
Dopo la fine del sistema caratterizzato dalla divisione del mondo in blocchi, i processi di trasformazione attualmente in corso nelle società complesse presentano due tendenze contrapposte. Da un lato, la spinta alla globalizzazione, ovvero alla concreta strutturazione del mondo come un tutto omogeneo, dall'altro all'accentuazione dei fenomeni di particolarismo entro ciascuna unità sociale. Entrambe queste tendenze stanno ponendo in crisi le forme tradizionali del potere politico e i fondamenti della solidarietà sociale. Questo volume vuole essere un contributo all'analisi dei complessi problemi posti da tali cambiamenti nella prospettiva di un rinnovamento della forma democratica, minacciata dall'emergere dei nuovi centri mondiali del potere economico e dall'affievolirsi dei valori universalmente condivisi.Il dilemma che dobbiamo oggi affrontare è infatti quello del rapporto tra forme di appartenenza locale, troppo particolaristiche per rispondere alle esigenze di integrazione sociale, e forme di appartenenza sovranazionale, troppo universalistiche per garantire un'identità culturale. Il principio democratico e quello del multiculturalismo devono trovare un punto di incontro nella ridefinizione di regole generalmente riconosciute che tuttavia rispettino le identità particolari. A partire dalle loro specifiche esperienze, sociologi e politologi di diversi paesi dialogano tra loro, ponendo in evidenza gli aspetti psicologici, culturali e politico-istituzionali che sono alla base della sfida posta alle nostre società dalle nuove condizioni in atto. -
Stato e industria nelle economie contemporanee
Come si configura, nelle economie contemporanee, il rapporto fra Stato e industria, fra potere politico e «ricchezza della nazione»? Davvero lo Stato, in Italia come altrove, è in crisi irreversibile, sopraffatto dalle logiche del mercato, travolto dall'urto di una scomposta «rivoluzione liberista»?Sulla base di ampi riferimenti comparativi ai casi francese, tedesco e giapponese, in questo libro Nicola Bellini propone un cambiamento di prospettiva, riconsiderando le politiche industriali non già come uno strumento facoltativo, bensì come un ingranaggio centrale ed essenziale delle società avanzate, e la «presenza» dello Stato nell'economia come una fondamentale questione di sovranità: «lo Stato si occupa di industria perché la posta in gioco nello sviluppo economico - o nella sua rapidità - diventa la qualità e la quantità del potere statuale, verso l'interno come verso l'esterno». Ma si tratta oggi, avverte Bellini, di una sovranità limitata, i cui confini sono segnati dall'internazionalizzazione dell'economia e dalla pluralità dei livelli di governo. Uno Stato ridimensionato, dunque, ma non debole, che deve evolvere verso stili di politica più sofisticati, caratterizzati da informalità, flessibilità, ricerca del consenso e «conformità al mercato», abbandonando le pretese di controllo esplicito sui meccanismi dello sviluppo presente nelle forme tradizionali di dirigismo e assistenzialismo. -
Incontri. Seduzioni, itinerari, personaggi
«Ho cercato di catturare i suggerimenti e gli stimoli che la lettura dei libri sempre mi provoca. Ho preso appunti secondo il metodo di Denis Diderot, che annotava, senza alcun ordine, d'impeto, un richiamo, un cenno dei suoi pensieri, poi si riposava e lasciava alle idee il tempo di rispuntare: solo allora riprendeva quegli appunti di pensieri tumultuosi e slegati e li riordinava; scriveva poi tutto difilato, e il suo animo ""si scaldava scrivendo"""". Così ho raccolto tante tessere sparse che si sono andate accatastando nel tempo e che la memoria cercava via via di cacciare, cancellandone il ricordo. E per vincere questa tendenza a dimenticare ho cercato di sistemare quelle tessere in un unico mosaico, dando loro un ordine immaginario, personale. Mi sono ritrovato nell'inusuale ma divertente compito del bricoleur che costruisce composizioni curiose, forse interessanti...». I sentimenti e le emozioni (Stupore, Pazienza, Competizione); i luoghi visitati mille volte e scoperti all'improvviso, quasi per magica intuizione (Roma, Lione, Madrid); le persone in carne ed ossa e i personaggi, non meno vivi e «parlanti», incontrati nel corso delle sue letture (Chandler jr., Berlinguer, Keynes): un «mosaico», come lo stesso Dioguardi ha scritto, fatto di tessere sparse, montate seguendo il filo di un ragionamento sempre consapevole e appassionato."" -
Tra natura e storia. Ambiente, economie, risorse in Italia
La natura che è oggetto di questo volume non è l'idillio primigenio guastato dall'opera dell'uomo, ed espunto per sempre dalla faccia della terra. È piuttosto il frutto di un lungo processo di manipolazione compiuto dal lavoro umano nel corso del tempo. Ma la natura non è stata nel frattempo una realtà passiva ed inerte; essa ha interagito, ha accompagnato o contrastato le trasformazioni che su di essa si operavano, è stata - attraverso il lavorio del suo sotterraneo laboratorio chimico, e con l'aiuto decisivo e ""gratuito"""" del sole e della pioggia - una protagonista attiva della vita economica. Solo se si riconosce alla natura questo ruolo attivo si può riconsegnare l'economia alla sua reale dimensione, che secoli di teoria economica hanno cancellato e rimosso.In questo sforzo di cambiare la natura accade che - come ricordava già Marx - l'uomo se ne ritrovi a sua volta profondamente modificato. Nel canalizzare il corso dei fiumi, nel manipolare l'acqua a scopi irrigui, nel rivestire di alberi le colline, nel risanare un territorio infestato, gli uomini sono spinti ad adattarsi ai luoghi, sono costretti a plasmare in relazione ad essi la loro stessa organizzazione sociale: devono produrre uno sforzo politico di concertazione e di governo degli interessi, devono intervenire sulle ricchezze private per indirizzarle all'opera di trasformazione. I capitoli di questo libro - sull'uso della risorsa acqua, sul ruolo delle catastrofi naturali nelle trasformazioni di un territorio, sulla bonifica come occasione di interazione dialettica tra poteri pubblici e interessi privati, sull'economia degli alberi e la trasformazione dell'habitat di una regione - si concentrano sul contesto dell'Italia negli ultimi tre secoli. Ma a ben vedere essi contengono una più generale lezione di metodo. La storia della natura vi si rivela come un contraltare indispensabile, come un vincolo, duttile ma non eludibile, per ogni vicenda umana."" -
Geopolitica dell'Islam. I paesi musulmani, il fondamentalismo, l'Occidente
La tragedia di Manhattan, con la scia di dolore e sbigottimento che si trascina, costringe tutti gli occidentali - anche quelli fin qui più riottosi o indolenti - a ripensare l'Oriente. I sinistri bagliori del rogo delle Twin Towers si riflettono inevitabilmente dall'altra parte del globo, e rendono affannosa la risposta alla domanda che tutti ci assilla. È davvero inevitabile il conflitto tra mondo occidentale e mondo islamico? È questo il nuovo, irreversibile scenario destinato a segnare le nostre vite? Sarà il fondamentalismo la cifra che compatterà tutto l'Islam, alla ricerca di un riscatto? O è l'Islam, nel suo insieme, il nuovo nemico? E cosa farà l'Occidente? Quel che è certo è che lo spettro dell'Oriente non si limita più ad alimentare gli incubi delle diplomazie, dei governi, e delle borse dei paesi occidentali; esso penetra nella vita quotidiana di ciascuno di noi come un'incognita difficilmente riconducibile ad una qualche previsione razionale. E un fenomeno inverso, speculare, un altrettanto inquietante fantasma - quello dello strapotere militare, economico-commerciale e politico degli Stati Uniti - allunga le sue ombre non solo, come nel recente passato, sui sonni dei gruppi più radicali ed estremisti, ma su masse sempre più vaste di popoli in cerca di riscatto economico e di riscossa politica.Ma l'errore maggiore, il più foriero di sciagure - ci spiegano gli autori di questo libro rigoroso e documentatissimo, costruito prima del grande cataclisma dell'11 settembre 2001, e perciò stesso tanto più efficace, se riletto alla luce di ciò che è successo e succede - è proprio quello di pensare l'Islam come un blocco, di appiattirlo sul fondamentalismo, di regalarne la rappresentanza al terrorismo più fanatico. Il libro di Fuller e Lesser penetra la superficialità degli «ismi», e ricostruisce in tutte le sue diversità la concreta mappa religiosa, politica ed economica del mondo musulmano, fornendo una precisa documentazione di quell'Islam «radicale» in cui si può identificare il fondamentalismo, ma anche dei suoi antidoti, delle forze che in quell'universo mondo possono lavorare a un progetto di collaborazione e convivenza. Forse un solo elemento oggi i due autori aggiungerebbero, dopo l'11 settembre: l'idea di una vulnerabilità, di una precarietà dell'Occidente, e del suo stesso cuore americano, che rende ora - se possibile - ancor più utile e stringente la lettura di queste pagine. -
Aspettando la Repubblica. I governi della transizione (1943-46)
La lunga marcia della transizione che si era aperta con la caduta del fascismo e che si chiuse, almeno nella sua prima e più drammatica fase, con le elezioni del 2 giugno 1946 rappresentò una complessa stagione di sconvolgimenti e speranze, di paure e incertezze, attraversata da una forte richiesta di cambiamenti, quale forse mai il paese aveva espresso nella sua storia recente.Pochi periodi come questo sono stati oggetto di tanti studi minuziosi, che non hanno però sciolto interamente i molti nodi problematici che lo caratterizzano. D'altro canto, negli ultimi tempi, l'interesse per quel passaggio della nostra storia ha conosciuto una crescita addirittura febbrile. È il nostro presente a rinviare sempre più esplicitamente a quelle radici: la guerra perduta, la caduta del fascismo, la guerra civile, l'incerto e contrastato cammino verso la democrazia, le «attese deluse», l'affermazione del nuovo sistema dei partiti, l'impostazione dei nuovi assetti istituzionali ritornano oggi ad essere oggetto vivo di riflessione e discussione, e non solo per qualche superficiale simmetria. Risulta evidente che l'epoca che si sta chiudendo aveva avuto lì, nel bene e nel male, i propri fondamenti.Questa ricerca, che si appoggia su una lettura storico-critica dei Verbali del Consiglio dei ministri da Badoglio a De Gasperi, utilizza per la prima volta in modo sistematico una documentazione essenziale per comprendere un periodo durante il quale, in assenza delle assemblee parlamentari, l'intera attività legislativa si concentrò nell'organo di governo. Il risultato è una ricostruzione dall'interno di un processo che unì attraverso leggi, provvedimenti, decisioni e rinvii, la fine di un sistema politico e la formazione di un nuovo scenario. -
Internet. Avviso ai naviganti
Silenziosa, è scoppiata la «rivoluzione telematica». Modelli radicalmente nuovi di comunicazione vanno imponendosi: avranno la portata dell'invenzione della stampa e della televisione, ma senza i limiti fisici della prima e le forme «accentrate» e autoritarie della seconda. Non basta: Internet si fonda sull'interattività e crea il «cittadino elettronico». Eppure, troppo spesso le cose cambiano e nessuno se ne accorge davvero. O meglio, ci si accontenta della nube di chiacchiere che avvolge la «novità»: la moda prende il posto della conoscenza, l'esotismo quello dell'approfondimento teorico. Ingenui entusiasmi e prevenute paure accolgono le autostrade informatiche, mentre anche «Topolino» parla di Internet. È opportuno, anzi necessario, chiedersi freddamente di che cosa realmente si tratti. A questa esigenza risponde lo studio di Berretti e Zambardino, ricostruendo la storia, il funzionamento, le straordinarie potenzialità ma anche le illusioni delle cosiddette autostrade informatiche. Questa nuova edizione riveduta e ampliata, che segue il successo della prima, più volte ristampata, aggiorna e approfondisce gli esempi italiani e stranieri di informazione interattiva, raccoglie, spiega e commenta terminologie e concetti fioriti attorno al dilagare delle reti informatiche, ma soprattutto mette a fuoco con grande chiarezza d'analisi e di esposizione le prospettive - anche politiche - che, lo vogliamo o no, la rivoluzione telematica sta aprendo di fronte a noi. -
Apprendista del sogno
«Se potessi toccare un fiocco di vera neve, stringere nel pugno quel caleidoscopio gelato in cui un minimo moto di cristalli bianchi può provocare un'esplosione di arcobaleni - saprei leggere lo sguardo della donna che si è alzata dal divano di fronte al televisore per accostarsi alla parete di vetro, là dove lo spigolo del grattacielo s'incunea nel vento». Mondi diversi e discontinui, popolati di figure reali e di ombre. Luoghi di formazione e di deformazione del ricordo, di sovrapposizione delle vicende individuali con i destini collettivi: il deserto del Nord Africa disseminato di relitti dell'ultima guerra mondiale; la Como apocalittica del '45; l’utopica Sicilia del '68. Ma a legare questi racconti in un’unica sequenza interviene il saldo filo narrativo che li attraversa con l'energia visionaria del sogno, dell'inatteso, del caso.«Abbandonai il progetto autobiografico» rivela l'autrice. «Avevo accumulato schede su schede, falsi inizi; avevo catalogato i materiali diaristici per immagini ossessive, per amori e guerre, eventi storici e sogni vani. Nelle mie intenzioni avrebbero dovuto aggregarsi come le schegge di legno dipinto, i fili di canapa, i ritagli di carta che entrano a comporre una nave nella bottiglia... un'illusione di viaggio».Negli anni i materiali scampati al rogo autobiografico sono precipitati in cristalli di racconti, dove il tempo fantastico della mente s'incrocia con la storia e i luoghi diventano i contrafforti della memoria. -
Lo stato sociale in Italia. Rapporto annuale Iridiss-CNR 1996
In un contesto europeo che sta drammaticamente vivendo - in Svezia come in Francia, in Belgio come in Germania - la crisi e la revisione dello stato sociale, non sorprende che in Italia si manifesti una situazione analoga di cui vanno attentamente indagate le cause reali, gli esiti possibili.Da questa esigenza muove il Rapporto 1996 dell'Istituto di ricerche sulle dinamiche della sicurezza sociale (Iridiss) centrando la sua attenzione sugli aspetti più significativi della transizione italiana. Numerosi sono gli interrogativi sollevati, in Italia, dall'intero arco degli istituti preposti alla sicurezza sociale. Essi riguardano innanzitutto le ragioni - sulle quali la classe politica non si è mai adeguatamente soffermata - della scarsa efficienza e qualità del servizio sanitario, se posto a confronto con quello di altri paesi europei, così come della difficoltà di modificare i comportamenti e i consumi sanitari di cui la IV indagine Istat offre un quadro impietoso. Non meno preoccupanti appaiono i problemi connessi al sistema previdenziale le cui prestazioni, nei paesi dell'Unione europea, sono in genere funzionalmente collegate con gli altri settori della protezione sociale. In Italia, invece, il sistema di sicurezza sociale manifesta una particolare vulnerabilità dal momento che ogni intervento di ridimensionamento degli istituti fondamentali non trova, negli altri settori, compensazioni adeguate.Ciò che però maggiormente colpisce, nell'attuale fase di trasformazione dello stato sociale, è l'emergere di una scala di priorità al cui vertice si colloca la domanda di occupazione, e l'imporsi di una nuova gerarchia nella riformulazione della struttura del welfare state. In questo quadro, la ricerca ha sottolineato il ruolo crescente che sta assumendo il «terzo settore», nel momento in cui le scadenze collegate ai trattati di Maastricht mettono in evidenza problemi rilevanti quali: la cittadinanza europea; gli ostacoli che impediscono, nel breve-medio periodo, la realizzazione di obiettivi sociali che la stessa Unione europea si è assegnata; il rapporto da realizzare tra la politica sociale europea e la dinamica dei modelli nazionali di welfare. -
Ritorno in Germania
«In meno di sei anni la Germania ha distrutto la struttura morale del mondo occidentale con un delitto che nessuno avrebbe mai pensato possibile. L'unica alternativa pensabile al programma di denazificazione sarebbe stata una rivoluzione: l'esplosione di rabbia spontanea del popolo tedesco contro tutti coloro che erano noti come esponenti di primo piano del regime nazista». Per la prima volta dopo la fuga in Francia e la successiva emigrazione negli Stati Uniti, Hannah Arendt, tra l'agosto del 1949 e il marzo del 1950, fece ritorno in Germania su incarico della Commission on European Jewish Cultural Reconstruction. Le impressioni, le esperienze e le conoscenze di questo viaggio attraverso una Germania non solo esteriormente distrutta vennero raccolte dalla Arendt nel saggio che qui pubblichiamo, apparso nell'autunno del 1950 sulle pagine della rivista «Commentary» e inedito in italiano. Questo testo, forse il più intelligente, commosso e puntuale tra quelli scritti sul tema «Germania anno zero», è il tentativo di una donna estremamente sensibile di superare con la forza dell'intelligenza il dolore, l'amarezza personale e il risentimento nei confronti del proprio paese dopo la tragica esperienza del nazionalsocialismo, della seconda guerra mondiale e della Shoà. Non solo ricordo, non solo testimonianza: l'opera della Arendt suona ancor oggi sorprendentemente attuale, nel momento in cui la Germania, a mezzo secolo di distanza da quegli avvenimenti, torna a occupare un ruolo centrale nel vecchio continente e nella vicenda geopolitica dell'intero pianeta. -
Il cinico bebè e altre poesie
Molti i fati all'uomo dati/che sono imperdonabili,/che sono irrevocabili./Ma dei fati il più brutto è (trallallà)/ non avere un fato affatto (trallallà). -
Dimenticare Berlinguer. La Sinistra italiana e la tradizione comunista
È finalmente arrivato il momento di fare i conti con la figura e l'opera di Enrico Berlinguer, l'ultimo e mai discusso leader della lunga stagione politica conclusasi con la fine della prima repubblica. La grande novità nella storia del nostro paese, costituita dalla prima esperienza di governo della sinistra erede della tradizione del comunismo italiano, pone come ineludibile una radicale presa di distanza critica dalla concezione della politica e dalla visione della società che furono alla base della teoria del «compromesso storico». Col passare degli anni quella opzione strategica appare sempre più chiaramente come uno dei fattori - se non addirittura come una delle cause principali - delle difficoltà della sinistra italiana e della grande crisi politica e istituzionale che ancora travaglia il nostro paese. L'autrice, che della stagione del compromesso storico è stata attenta testimone, rivisita quegli anni, quelle teorie, quella personalità carismatica, per mostrarne le grandezze, e dunque, paradossalmente, le responsabilità. -
Geografia e storia della Sardegna
«Abbonda il selvaggiume e il pesce, e tutti hanno caro di mettere gran tavola, e ponno dirsi popolo mangiatore, non però bevitore. La danza si ama assai nelle campagne, e si fa al suono del tamburino o della launedda, specie di flauto, o piuttosto di tibia all'uso antico. Amano la caccia, le armi, i cavalli, le corse perigliose, le lutte a calci, ed altri esercizi marziali. Concordi nel seno delle famiglie, si fanno religione della vendetta». (Carlo Cattaneo). Pubblicato per la prima volta nel 1841 sulle pagine del «Politecnico», il saggio di Carlo Cattaneo che costituisce la parte fondamentale di questo volume appartiene ad uno dei filoni più fertili e robusti del suo vastissimo campo d'indagine, a quell'ambizioso progetto di ricostruzione «dell'indole e delle sorti di tutti ad uno ad uno i popoli italiani» il cui frutto più famoso sono le Notizie naturali e civili su la Lombardia, apparse nel 1814.E dalla «natura» - la geografia sarda, la struttura geologica e l'idrografia dell'isola - prende inizio l'esplorazione cattaneana, per giungere alla successione storica degli insediamenti umani, alle onde di dominazione e colonizzazione, alla lingua e alla cultura, all'economia.Colpisce, ancora una volta, la straordinaria capacità d'analisi di Carlo Cattaneo, scevra da ogni determinismo, ma attentissima a cogliere le molteplici radici di una «indole» che è tutt'uno con la «sorte». Queste pagine, infatti, ben rappresentano il principale proposito del grande studioso, avviare una grande stagione di studi, «scoprire» l'Italia, le sue vocazioni e potenzialità, in funzione di un progetto allora utopistico: lo sviluppo economico e civile della penisola. -
Breve storia dell'Italia settentrionale
Si sa che spesso le tradizioni si inventano, e che sono i bisogni del presente a motivare e a legittimare la costruzione di oggetti storici, che sotto questa spinta prendono vita e forma. L'Italia del Nord si palesa oggi come una grande questione (la «questione settentrionale», appunto) che in quanto tale pone rinnovati interrogativi storici. Il tema preminente è quello di una identità «contro Roma», di una vocazione anticentralistica, di una insofferenza nei confronti delle strutture dello Stato nazionale. In questo senso, la questione ha una storia: dal secolo scorso ai giorni nostri, spesso dal'l’Italia settentrionale si sono alzate voci polemiche contro il governo centrale e la burocrazia statale. Tendevano a evocare l'immagine di un Nord tutto proiettato nella sfera economica, fiero della propria vocazione produttiva e della propria attitudine all'autogoverno; orgoglioso di una ricchezza materiale e civile che secondo i suoi apologeti ne rendeva legittima l'insofferenza per la pressione fiscale o per le invadenze burocratiche e che quindi ne giustificava la pretesa di fare a meno dello Stato.Ma, al di là delle evidenze geografiche, una Italia settentrionale, intesa come civilizzazione unitaria, è esistita, esiste davvero? Si potrebbe dire, più realisticamente, che le Italie settentrionali sono più d'una.Lontano dalla passionalità esasperata, questo libro - che si pone come speculare alla Breve storia dell’Italia meridionale di Piero Bevilacqua, pubblicata in questa stessa collana - vuol essere un pacato contributo di ragionevolezza; alternando il piano dell'esposizione degli eventi a quello dell'illustrazione dei miti e delle riflessioni culturali che ne hanno accompagnato lo svolgimento, Meriggi ricostruisce così una vicenda più che secolare, che non può appartenere soltanto all’odierna attualità politica. -
Ritratto di Leopardi
«Bisogna sempre appartenere al tempo in cui si vive; Leopardi vi appartenne per il contrasto stesso, per l'energico punto d'appoggio da cui moveva, protendendosi oltre e respingendolo con il piede». Saggio, racconto di formazione, biografia intellettuale, quaderno di traduzioni. Il ritratto che Sainte-Beuve dedicò a Leopardi nel 1844 sulla «Revue des deux mondes» e che riprese poi nei suoi Portraits contemporains, consacrandone la fama internazionale, piega il discorso critico verso l'affabulazione, il giudizio verso la ricerca di una prossimità con il poeta. Un'intenzione pedagogica sembra trascorrere nelle pagine di Sainte-Beuve: mostrare ai lettori francesi - in un'epoca che ha già dissipato le accensioni romantiche - l'esempio di un poeta che nel cuore della modernità ha sperimentato le virtù, le passioni e la sapienza stessa degli antichi. Leopardi, «l'ultimo degli antichi»: custode della classicità nel cuore delle ragioni romantiche. Questa compresenza, più che una scelta di poetica, rispecchia una condizione interiore, uno stile di pensiero che Sainte-Beuve è il primo a scorgere in Leopardi, cercando di indagarne la natura. Nel ripercorrerne la biografia, la formazione, gli studi e le opere il critico francese ci restituisce un ritratto a più livelli del poeta: quasi un'indagine che procede per indizi, con costanti digressioni, allusioni, fulminanti giudizi. Pagine che restituiscono al lettore quel Leopardi di Sainte-Beuve, personalissimo e profondo, che resta tutt'oggi ineguagliato.