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La morte della terra. La grande «carestia» in Ucraina nel 1932-33. Atti del Convegno (Vicenza, 16-18 ottobre 2003)
Durante gli anni 1932-33 milioni di contadini ucraini morirono a causa della mancanza di viveri, dello sfinimento fisico, del tifo, delle deportazioni, dei suicidi provocati dallo squilibrio psichico e dal collasso sociale. È quella che viene ricordata come la grande ""carestia"""" in Ucraina e nel Caucaso del nord. Una carestia molto particolare, non dovuta a condizioni naturali avverse, ma alle scelte staliniane nella politica di collettivizzazione delle campagne e di industrializzazione dell'Unione Sovietica. Studiosi italiani e stranieri riesaminano in questo libro le vicende di quegli anni terribili, l'eco che ebbero nel mondo, i riflessi nella letteratura, le conseguenze sulla società ucraina che arrivano fino ai nostri giorni."" -
Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Roma dei papi
Ebrei battezzati clandestinamente in tenera età, ebrei denunciati con il pretesto che avessero espresso la volontà di convertirsi, ebrei ""offerti"""" alla religione cristiana: quello dei battesimi forzati fra XVI e XIX secolo fu un fenomeno sociale e culturale di grande rilievo che si colloca all'origine di numerosi pregiudizi antisemiti. L'analisi di questo tema contribuisce a comprendere le radici storiche dell'antisemitismo politico otto-novecentesco e solleva questioni cruciali per la storia della società europea, quali quelle relative ai problemi politici e ideologici innescati dalla convivenza tra religioni diverse o al ruolo svolto dalle autorità e dai tribunali ecclesiastici."" -
Storiche di ieri e di oggi. Dalle autrici dell'Ottocento alle riviste di storia delle donne
Storiche di ieri e di oggi offre uno sguardo comparato sul rapporto delle donne con la scrittura di storia in due fasi di particolare rilievo. La prima parte, introdotta da un saggio metodologico, analizza le difficoltà culturali e accademiche con cui si sono cimentate le studiose che – tra Otto e Novecento – si sono misurate con la storia e ne mette in luce percorsi e strategie all’interno dell’università e fuori di essa. L’attenzione si sposta poi sugli ultimi decenni quando, a partire dal femminismo. le storiche danno vita a progetti culturali collettivi e a una nuova comunità scientifica, e la storia delle donne e di genere diventa una disciplina. Osservatorio privilegiato di quelle vicende è l’esperienza di alcune riviste, italiane e straniere, raccontata da chi ha partecipato alla loro fondazione, direzione o redazione -
Il salterio a dieci corde
È l'opera principale di teologia trinitaria di Gioacchino da Fiore. Contiene un trattato sulla Trinità, che si inscrive nel dibattito teologico del secolo XII ed è incentrato sulla comprensione della trinità di Dio nella figura dello strumento a dieci corde per la salmodia, suonato dal re Davide. Inoltre sviluppa una lettura innovativa rispetto alla tradizione dell'esegesi biblica nel suo tempo, incentrandola sul progresso della conoscenza di Dio nel corso dei tre principali stadi o ""stati"""" attraversati dal popolo di Dio dall'inizio alla fine della storia del mondo; vi viene anche esposta una teoria della società cristiana, considerata nello spirito della contemplazione monastica."" -
I patti con Bologna 1227-1321
Bologna, in pieno Duecento, è un nucleo urbano in netta ascesa anche grazie alla sua posizione all’incrocio con gli itinerari stradali e fluviali che univano Pisa, e poi Firenze, con Venezia. Mercanti bolognesi agiscono nella città lagunare, ma il rapporto che lega le due città è anche di ordine culturale, dato che Venezia si mostra sempre più attenta all’azione innovatrice del diritto romano che a Bologna ha il suo punto di riferimento. Considerato ciò, non stupisce che il primo patto conosciuto stipulato da Venezia con la città emiliana sia chiamato a regolamentare la disciplina generale delle relazioni tra le due, allo scopo di definire per via normativa il sistema di condizioni entro cui potrà svolgersi proficuamente anche l’attività commerciale. Bologna rientra, dunque, nella ventina di città italiche con cui Venezia mantiene formali rapporti diplomatici, anche se di intensità più limitata rispetto all’impegno in direzione dei centri delle coste dalmate e istriane e allo specchio orientale del Mediterraneo. -
Le pietre di Napoli. L'architettura religiosa nell'Italia angioina 1266-1343
Sant’Eligio degli Orefici e San Lorenzo Maggiore, il Duomo e Santa Chiara, San Domenico e San Pietro a Maiella a Napoli; i monasteri cistercensi di Santa Maria della Vittoria e di Realvalle; le chiese della Puglia, della Campania, dell’Abruzzo. Sono questi alcuni dei monumenti edificati dalle tre generazioni di sovrani angioini che dal 1266 al 1343 ressero il Regno di Napoli, lasciando un profonda influenza sulla storia artistica e culturale del nostro Mezzogiorno. Eppure le vicende architettoniche di quel periodo sono ancora poco conosciute nel loro insieme. Il libro di Caroline Bruzelius vuole contribuire a colmare questa mancanza esaminando i monumenti religiosi del Regno – cattedrali, chiese, monasteri – e in particolare di Napoli, che in quegli anni diventò di diritto e di fatto la nuova capitale. Accanto all’analisi stilistica il libro porta avanti un’interpretazione degli edifici come parte dello sviluppo sociale, mettendo in luce i diversi aspetti – gusti della corte, peculiarità della committenza locale, vicende economiche, organizzazione dei cantieri e delle maestranze, rapporti con gli ordini mendicanti – che furono alla base di quell’architettura. -
Statuti di Cologna Veneta del 1432
Contesa fra le città di Verona (dalla quale fu governata in età comunale e signorile) e di Vicenza (alla quale fu – ed è ancora – soggetta ecclesiasticamente), la cittadina di Cologna Veneta si trovò a partire dal 1405, dal momento cioè della costituzione del dominio veneziano di Terraferma, in una singolare posizione istituzionale: fu infatti allora costituita in podesteria autonoma, e aggregata al Dogado veneziano (sestiere di Dorsoduro). Questa condizione, che nei secoli successivi la cultura locale non mancò di mitizzare, ebbe influssi significativi sull’organizzazione politica e amministrativa di Cologna e della sua podesteria, e non fu estranea nel 1432 alla elaborazione del primo statuto della cittadina (sostanzialmente basato, peraltro, sulla tradizione normativa veronese). Il testo, pervenuto in una trascrizione dei primi decenni del Cinquecento, rimase sino alla caduta della repubblica veneta la spina dorsale della legislazione locale. Fu tuttavia ampiamente integrato da provvisioni delle magistrature veneziane e da riformagioni del consiglio cittadino; negli ultimi decenni del Cinquecento, la colta élite colognese provvide ad un’ampia revisione e alla prima edizione a stampa. Nel presente volume si pubblica per la prima volta il testo quattrocentesco con le provvisioni aggiunte fra il 1442 e il 1587; ad esso si aggiunge la ristampa anastatica dell’edizione veneziana del 1593. I testi sono preceduti da un’ampia introduzione, che esamina il contesto politico, istituzionale e sociale di questa ‘quasi città’ della pianura veneta tra tardo medioevo ed età moderna. -
Bande giovanili e «vizio nefando». Violenza e sessualità nella Roma barocca
L'ambiente del libro è la Roma del Seicento: piazze, vicoli, osterie e, soprattutto, i luoghi isolati, come orti e vigne. I protagonisti sono bande malavitose, formate soprattutto da adolescenti, caratterizzate da un alto potenziale di violenza. Il reato di cui si macchiano queste bande giovanili è, soprattutto, il ""vizio nefando"""": la sodomia. Un reato contro il quale si scagliano con estrema severità gli organi di governo cittadini. Gli atti del Tribunale criminale del Governatore di Roma sono, infatti, il punto di partenza della ricerca. Attraverso i racconti delle vittime, le indagini processuali mettono in luce una realtà multiforme e variegata, un aspetto sicuramente poco noto della Roma barocca."" -
«Quegli strani accadimenti». La rivolta palermitana del 1773
Nel settembre del 1773, a Palermo, scoppia una rivolta. Iniziata come una manifestazione di pietà popolare promossa dalle corporazioni cittadine per impetrare la guarigione del neo pretore della città, ben presto si trasforma in violenta protesta contro il governo del viceré Fogliani. La ricostruzione e l'esame di questi ""strani accadimenti"""", servono ad analizzare gli elementi tirati in gioco dalla rivolta: le corporazioni, il sistema annonario, le istituzioni palermitane, il governo della città, la nobiltà che ne era classe dirigente; così come le grandi questioni insolute che su quei giorni proiettavano la loro lunga ombra: la cacciata dei gesuiti, la forza del giansenismo siciliano, la penetrazione della massoneria."" -
I patti con il patriarcato di Aquileia (880-1255)
Il patriarcato di Aquileia, centro ‘minore’ e vicino di casa, ebbe con Venezia rapporti assai specifici, almeno fino al secolo XII. In particolare i patti veneziani con il patriarcato risultano di rilevante interesse poichè la serie aquileiese, oltre ad essere particolarmente consistente, comincia in un periodo molto remoto, vale a dire nel IX secolo, poco dopo l’inizio delle pattuizioni con l’Impero. Il patriarcato di Aquileia in questa fase era uno dei pochi territori nell’Alta Italia che, contrariamente al mondo comunale italiano, nel periodo in questione conservava un’impronta agrario-feudale ed era organizzato in modo analogo ai territori vescovili del Regno romano-germanico, del quale il Friuli faceva parte, almeno de facto. Fino alla metà del Duecento il patriarcato è anche da considerare, sotto molti aspetti, parte del mondo culturale tedesco. In questa sede viene presentata la documentazione fino alla metà del Duecento, stabilendo come limite cronologico la fine della cospicua serie di patriarchi aquileiesi di origine tedesca, avvenimento che coincide con il tramonto della potenza degli Hohenstaufen e che sancisce il termine del rilevante e costante influsso da parte dei re romano-tedeschi nella regione friulana. -
BMB. Bibliografia dei manoscritti in scrittura beneventana. Vol. 13
Nel presentare il volume 12 di BMB ci auguravamo di poter al più presto riversare nell’archivio in linea i dati dei primi undici volumi, in modo da consentire la consultazione complessiva della bibliografia da noi raccolta dal 1990 in poi. Il lavoro è a buon punto, anche se non ancora completato: il materiale va infatti rivisto e corretto, apportando le modifiche che l’esperienza e una più attenta verifica dei dati ci hanno consigliato. Ci piacerebbe poter offrire con il prossimo volume la notizia della piena consultabilità in rete dell’intera BMB. L’inesauribile miniera beneventana continua a produrre nuovi frammenti: quest’anno ce li hanno segnalati Daniele Arnesano (scriptio inferior del palinsesto salentino Vat. gr. 2253), Giuliana Capriolo (coperte di protocolli notarili dell’Archivio di Stato di Salerno) ed Elisabetta Sciarra (un foglio utilizzato nella legatura di una cinquecentina della Biblioteca Angelica di Roma). Nel primo e nel terzo caso gli scopritori ne hanno dato notizia nelle Novità di BMB in linea; dell’articolo di Giuliana Capriolo, Frammenti in scrittura beneventana, “Rassegna storica salernitana”, 21, 2 (2004), pp. 33-54, renderemo conto quanto prima nella versione telematica della nostra bibliografia e quindi in BMB 14. È apparso da poco il monumentale volume di Virginia Brown, Terra sancti Benedicti. Studies in the Palaeography, History and Liturgy of Medieval Southern Italy, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005 (Storia e Letteratura, 219), in cui sono riprodotti con aggiornamenti i più importanti saggi della grande studiosa che ha dedicato la sua attività scientifica alla produzione libraria nella scrittura nazionale dell’Italia meridionale: sarà nostra cura schedarlo nei prossimi mesi.Dati raccolti da Daniela Amicucci, Marina Bernasconi, Lidia Buono, Paola Busonero, Elisabetta Caldelli, Antonella Cesarini, Angioletta Coletta, Luciana Devoti, Nicoletta Giovè, Valentina Longo, Sabina Magrini, Rosanna Margiotta, Gaetano Martini, Anna Nardo, Marco Palma, Eugenia Russo, Barbara Maria Tarquini, Nadia Togni. -
Il femminismo degli anni Settanta
Negli anni '70 il femminismo fu in Italia una pratica politica diffusa, che trasformò la coscienza e la vita di migliaia di donne; i suoi caratteri variarono molto da una città all'altra rispecchiandone le differenze di storia sociale, politica e culturale. Generazioni e memorie diverse analizzano i percorsi che hanno caratterizzato il vissuto di quella stagione: dal corpo e dalla sessualità al rapporto tra personale e politico, alla reinvenzione della vita quotidiana, ai nessi con i temi sociali e i soggetti politici. Ne emerge la proposta di una 'rilettura' del femminismo che pone domande sulla sua difficile trasmissione, sul suo carattere di storia incompiuta, sulle prospettive dei nuovi femminismi in una scena contemporanea mutata. -
Giochi di scala. La microstoria alla prova dell'esperienza
In questi ultimi anni ci si è spesso domandato se il momento della microstoria fosse passato, se la microstoria stessa in quanto progetto fosse adatta a rispondere alla crisi in cui si trovavano e forse ancora si trovano i paradigmi classici dell’analisi storica. Il dibattito nato intorno alla microstoria, e di cui questo libro dà conto, non aspirava a fondare una sorta di nuova ortodossia, come troppo spesso si è pensato: apriva, piuttosto, uno spazio problematico. Ed è in questo spazio che hanno scelto di ritrovarsi ricercatori italiani e francesi, non tanto preoccupati di trovare i termini di un accordo quanto di incrociare domande e di confrontare incertezze. Questa traduzione, arricchita di tre saggi inediti, ripropone in Italia le discussioni sorte intorno a questo tipo di indagine, che tante polemiche ha suscitato nella storiografia e nelle scienze sociali italiane e internazionali. -
Le chiavi e la tiara. Immagini e simboli del papato medievale
Il papato medievale, più che ogni altro potere del suo tempo, si è servito di rappresentazioni e di simboli per affermare e sostenere la sua azione: raffigurazioni e idealizzazioni sono stati elementi inscindibili dalla vita di un'istituzione straordinariamente efficace in termini di autorappresentazione. Le chiavi e la tiara, la rosa d'oro e la Fenice, le sedie di porfido e la cattedra di san Pietro, gli affreschi dei Santi Quattro Coronati e le statue di Bonifacio VIII o l'accensione rituale della stoppa. Questi e molti altri sono i simboli di cui si parla, lungo un percorso che contribuisce a ricostruire il mondo mentale e ideologico del papato medievale, integrando lo studio dei testi con il messaggio proveniente dalle rappresentazioni visive. -
Statuti di Cavarzere del 1401-1402
Con gli statuti del 1401-1402 Cavarzere ebbe per la prima volta un’organica legislazione propria, rimasta poi in vigore nei secoli a venire. Il testo, finora quasi ignorato, si propone come documento fondamentale per la storia della piccola comunità che da sempre segnava il limite estremo del Dogado veneziano. Le norme allora approvate ci parlano di un ambiente fisico particolare, con estese aree vallive, con orti e poderi sui pochi terreni alti, con boschi e piantagioni di salici, e di questo ambiente recuperiamo pure i caratteri economici e i modi di vita. Sono dati importanti per la conoscenza di una di quelle comunità lagunari che, fortemente integrate nella realtà statuale veneziana, paiono talvolta non avere storia. Proprio quando, all’aprirsi del Quattrocento, col crescere della complessità e degli impegni dello Stato, la vecchia realtà unitaria del Dogado sembrava venir meno e la comunità locale poteva stentare a riconoscersi in una realtà dapprima avvertita come coesa, era lo statuto a ribadire ciò che in periferia non si era perso e si chiedeva fosse riconosciuto anche dalla capitale: la partecipazione ad un organismo unitario. In concreto, lo statuto assumeva un ruolo quasi strategico nel confermare un equilibrio di rapporti per cui, pur nel rispetto pieno dei poteri centrali, i “fedeli” continuavano a sentirsi tali, piuttosto che “sudditi”. -
Guelfi e ghibellini nell'Italia del Rinascimento
Nella coscienza collettiva guelfi e ghibellini evocano insanabili discordie e feroci lotte e rappresentano il lato oscuro di quell'età comunale che per altri versi è un momento altissimo nella storia civile e politica d'Italia. La tradizione storiografica ha spesso argomentato che questa coppia terminologica non faccia che sopravvivere a se stessa già dal Trecento. Eppure i contemporanei la utilizzarono fino al Cinquecento. È possibile, allora, che due terzi della parabola del binomio politico forse di maggior successo della storia italiana siano, in pratica, destituiti di senso? È l'interrogativo cui cerca di rispondere questo libro che indaga la presenza e il rilievo di guelfi e ghibellini nella politica degli stati dell'Italia del Rinascimento. -
I linguaggi del potere nell'età barocca. Vol. 1: Politica e religione.
Nella società moderna il potere pervade con intensità norme e pratiche, in una continua interazione con le forme della politica, della cultura, della religione. L’età barocca appare particolarmente adatta ad indagarne i molteplici linguaggi, accentuando le valenze simboliche e rituali della sua messa in scena: nelle città, nelle corti, nelle feste, nella liturgia, nell’autorappresentazione del sovrano e delle élites. Dalla Monarchia spagnola alla Repubblica aristocratica di Genova, dalla Roma papale ai Regni di Napoli e di Sicilia, la trattatistica politica e teologica, le liturgie sacre e profane, le architetture effimere si fanno specchio e testimonianza delle lotte dei diversi attori sociali per la conquista e l’esercizio del potere. Nella vecchia Europa come nel Nuovo Mondo, laddove si addensano gli strati popolari, le minoranze, i vinti e sottomessi, nascono i linguaggi sovversivi della resistenza e della ribellione per prospettare il sogno impossibile di un mondo rovesciato nelle sue gerarchie. -
Il «Liber iurium» del comune di Monselice (secoli XII-XIV)
Il 12 dicembre 1308 il podestà uscente di Monselice, Antonio da Lio, consegnava ufficialmente al cancelliere del comune una notevole quantità di libri, dei quali ci ha trasmesso un dettagliato elenco uno dei notai presenti. Si trattava di unità librarie diverse per consistenza e materie, che in tutto raggiungevano la ragguardevole cifra di 103. Si possono fare due considerazioni a questo proposito. Innanzitutto che solo una realtà istituzionale di peso poteva disporre, in avanzata età comunale, di una tale mole di scritture di cancelleria; e infatti Monselice, anche se non rientra tra quelle che una consolidata tradizione storiografica ha battezzato “città-stato”, fu indubbiamente una “quasi-città” di notevole spicco. L’altra considerazione è che di questo materiale poco o nulla è sopravvissuto. A inizio Cinquecento, nel corso della guerra di Cambrai, l’archivio monselicese andò in fiamme e la scoperta dell’inventario lascia il rammarico di non poter attingere a una fonte che avrebbe fornito preziose conoscenze su tematiche quali l’ordinamento burocratico, le tecniche amministrative, le risorse finanziarie, la prassi giudiziaria. Una fonte, insomma, che avrebbe dato l’opportunità di approssimarci meglio a quella «storia sociale delle istituzioni» comunitarie che oggi è nei voti di tanti medievisti. Tuttavia qualcosa rimane di quel ricco tesoro manoscritto, ed è la fonte che qui si pubblica: il codice di 174 folii conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia con la segnatura “Secreta - Pacta Monselice”, 319. Un opus composito che accorpa per grandi sezioni originali e copie di atti redatti a partire dal 1157 fino al 1308, quando, come detto, si operò la formale consegna dell’archivio della comunità al cancelliere preposto. -
Cavarzere. Statuti del 1401-1402
Nel 1401-1402 Cavarzere ebbe per la prima volta una legislazione sua propria, rimasta poi in vigore nei secoli a venire. Le norme allora approvate ci presentano un ambiente fisico con ampie valli, con orti e poderi sui pochi terreni alti, con boschi e piantagioni di salici; di questo ambiente recuperiamo pure i caratteri economici e i modi di vita. Gli statuti ebbero anche un notevole significato simbolico e politico per la comunità locale, in quanto confermavano un antico equilibrio di rapporti con i poteri centrali e con la capitale Venezia, per cui gli uomini di Cavarzere potevano continuare a sentirsi “fedeli” in una società unitaria piuttosto che “sudditi”. Sono molte le ragioni che fanno del testo un documento fondamentale per la conoscenza delle vicende locali, e a renderlo più prezioso si aggiunge la scarsità di documenti di analoga importanza per lo studio della storia di Cavarzere. Proprio in considerazione dello speciale rilievo del testo, nel momento in cui un’accurata edizione critica lo mette finalmente a disposizione di specialisti, studiosi e persone particolarmente interessate, è parso utile proporne – con questo volume, in traduzione italiana – anche un’antologia che raccolga le norme più significative, proponendole in modo ordinato sulla base dei contenuti e introducendole con chiare presentazioni. In questo modo l’erudizione e la ricerca specialistica diventano la premessa per un’operazione di più largo carattere culturale. -
La libertà della memoria. Scritti di storiografia
Sotto un titolo apertamente polemico sono raccolti alcuni saggi, tra metodologia della ricerca, storiografia, didattica della storia, scritti nei caldi anni '70, nel vivo del dibattito politico-culturale e nella contrastata pratica dell'insegnamento universitario. L'autore qui rivendica l'eticità della ricerca scientifica, libera e disinteressata, mossa dalla curiosità del conoscere e, semmai, dalla presunzione di attingere la verità, di fronte alla retorica dell""'impegno"""" che, svuotato dell'originario impulso etico, rischia di ridursi a contrassegno di appartenenza politica e di conformismo.""