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Molto rumore per nulla. Testo inglese a fronte
Esemplare commedia degli equivoci o romantica satira sull'amore e i suoi malintesi? Più che l'amara vicenda del principe d'Aragona e della sua innamorata Ero ingiustamente calunniata, in ""Molto rumore per nulla"""" (1598), ambientata in un'assolata Messina, spicca la storia di Benedetto e Beatrice: brillante e misogino, il giovin signore padovano al seguito del principe esibisce a suon di motteggi e improperi il suo disprezzo per la spigliata nipote del governatore. Nonostante i continui scontri verbali, i due giovani, grazie a uno stratagemma degli amici che scommettono sul loro amore, scopriranno la segreta affinità che li lega e finiranno con l'arrendersi al sentimento. Il genio di Shakespeare si esprime qui soprattutto nelle briose schermaglie, negli scambi arguti e feroci, nelle battute vivaci e taglienti, a eterna riprova che può più la parola della spada e che la vita altro non è che un piccolo mondo di fittizie contrapposizioni che in un attimo il Caso dissolve nel nulla."" -
Tutte le poesie
Dal levigato neoclassicismo delle Poesie giovanili (1797-1812), risuonanti di echi pariniani e montiani, allo stile petroso degli Inni sacri (1812-22), che coniugano poesia e preghiera nella scia dell'apologetica cattolica, al vibrante patriottismo delle Canzoni e odi civili (1814-21), tra cui la notissima orazione funebre del Cinque maggio, dove l'umana parabola di Napoleone dalla gloria all'esilio si sublima in meditazione cristiana sulla storia: nella produzione poetica del più grande scrittore italiano dell'Ottocento si riflette tutto il suo travagliato percorso interiore. La cosiddetta “conversione” spirituale investe l'intera opera di Manzoni e sfocia in un romanticismo non titanico o lirico-sentimentale e neppure individualistico, bensì corale perché volto a realizzare una letteratura moralmente e socialmente impegnata che si fa portavoce di una comunità di uomini e testimonia la visione di un Dio presente nella storia, un Dio che «atterra e suscita». Introduzione di Pietro Gibellini. Note e premesse di Sergio Blazina. -
Memorie di un cacciatore
Pubblicati nel 1852, quando in Russia la servitù della gleba era ancora una drammatica realtà, i racconti che compongono Memorie di un cacciatore suscitarono grande impressione nel pubblico per la loro carica di condanna sociale. Turgenev è testimone attento, misurato, paziente: con uno stile esente da sfumature propagandistiche e un realismo privo di retorica, racconta la vita umile e dura dei contadini, denuncia la miseria dei servi, la prepotenza e la crudeltà gratuita dei proprietari, la corruzione e l'arroganza degli amministratori. La sobrietà della narrazione restituisce il sentimento di una natura grandiosa, eterna, indistruttibile e l'anima di un popolo che vive la tragedia della servitù con rassegnazione ma senza disperazione, in nome di una fede autentica nell'uomo e nella giustizia. Introduzione di Gabriella Schiaffino. Prefazione di Fausto Malcovati. -
Tre croci
Ambientato a Siena, il romanzo narra il tragico epilogo di una catastrofe finanziaria. I tre fratelli Gambi, proprietari di una bottega antiquaria di libri e oggetti, hanno abdicato ai loro doveri e alle loro responsabilità di mercanti ponendosi fatalmente sul piano inclinato di un edonismo autodistruttivo. Minacciati dall'incombente bancarotta, ossessionati dalle cambiali, vivono alla giornata, in una condizione di continua rimozione. Incapaci di reagire costruttivamente all'annunciato dissesto, tagliano i ponti con l'opprimente società urbana e ripiegano verso uno stile di vita infantile e regressivo: un cammino a ritroso comune a tutti i personaggi tozziani che, come i Gambi, hanno orrore della vita e chiudono gli occhi di fronte a essa. Alla fine il fallimento economico li travolge inesorabilmente. Scritto di getto nell'autunno del 1918,Tre croci adotta un crudo registro naturalistico che scolpisce con forza i caratteri e una castigatezza espressiva che rende potentemente la pena delle anime. Introduzione e note di Giuseppe Nicoletti. -
Il castello
Al termine di un viaggio «senza fine», l'agrimensore K. giunge nel villaggio ai piedi del castello del conte Westwest, dove è accolto con ostilità e sospetto. La convocazione di K. è probabilmente solo la conseguenza di un errore burocratico: nel villaggio, infatti, i confini, segnati da tempo immemorabile, sono immutabili e nessuno ha bisogno di un agrimensore. Esito estremo dell'arte dello scrittore praghese, il romanzo è la storia degli strenui quanto inutili tentativi del protagonista di avere accesso al castello per sciogliere il mistero della chiamata e legittimare di fronte alla comunità la propria condizione di straniero. Su una trama relativamente semplice, Kafka intesse una complessa rete di rimandi e costellazioni simboliche che hanno offerto spunto alla critica per innumerevoli interpretazioni. Ma l'eccezionale stratificazione di significati – biografici, religiosi, filosofici – non incrina il magico equilibrio di fiaba che fa del Castello (1922) un'amara allegoria della vita e della perenne vanità degli sforzi umani. Introduzione di Ferruccio Masini. Prefazione di Guido Massino. -
Pericle, principe di Tiro. Testo inglese a fronte
Pericle, principe di Tiro, messo in scena all'inizio del 1608, rappresenta un ""momento culminante"""" nello sviluppo drammaturgico di Shakespeare: inaugura infatti la sua ultima stagione compositiva, quella dei romance, i drammi romanzeschi che affondano le proprie radici nella tradizione narrativa dei poemi dell'antichità. Questo romance narra la vicenda topica dell'eroe positivo: sottoposto a dure prove da parte degli uomini e della Fortuna prove intese come il confronto con bisogni, desideri, ostacoli primari Pericle è colui che, nel suo girovagare per il vasto mare, sa accettarle tutte. In quest'opera di grande suggestione la semplicità della favola arcaica si fonde con un sapiente gioco metateatrale, capace di dar conto di tutte le oscure contraddizioni degli uomini."" -
Il rosso e il nero
Non c'è nulla in questo romanzo, scritto in pochi mesi nel 1828 e pubblicato due anni dopo, che non trascini il lettore dalla prima all'ultima pagina. Concepito come una macchina narrativa perfetta, Il rosso e il nero ha il suo perno nel personaggio di Julien Sorel, giovane provinciale spiantato e ambizioso, che si è formato leggendo Plutarco, Rousseau e il Memoriale di Sant'Elena ma conosce a memoria tutte le battute del Tartuffe. Tramontata con l'astro di Napoleone ogni possibilità di carriera militare, egli ripiega su quella ecclesiastica. Attorno a questo giacobino travestito da seminarista, calcolatore ma insieme goffo e inesperto, Stendhal costruisce un potente affresco della Francia della Restaurazione; una società bigotta e codina, chiusa e repressiva dove per dare la scalata alla ricchezza, al potere e all'amore non resta che un'unica strategia: simulare e dissimulare i propri veri sentimenti, nascondersi dietro una maschera impenetrabile, allenarsi all'ipocrisa e alla menzogna fino a farne una seconda natura. Ma stare alle regole del gioco non metterà il protagonista al riparo dagli imprevisti di quel gioco più grande che è la vita. Introduzione, traduzione e note di Mario Lavagetto. -
Il racconto d'inverno. Testo inglese a fronte
"Il racconto d'inverno"""", scritto probabilmente nel 1611, insieme a """"La Tempesta"""", trae ispirazione da un romanzo d'intrigo e d'avventura che da vent'anni continuava a riscuotere grande successo: Pandosto. Eliminando le parti cupe e sinistre e portando in primo piano i temi a lui cari della perdita e del ritrovamento, della restaurazione dell'innocenza calunniata, del perdono, il genio di Shakespeare ne fa uno spettacolo popolare di altrettanto successo, una sorta di fiaba-commedia """"adatta alle lunghe serate d'inverno, che s'estende su un periodo di molti anni e viaggia per molti paesi, una storia malinconica, triste, commovente, ma - scrive Demetrio Vittorini nella prefazione - che fa anche ridere e che tiene in sospeso l'ascoltatore fino all'ultimo e poi gli dà una sorpresa e un lieto fine""""." -
I masnadieri-Don Carlos-Maria Stuarda
I capolavori teatrali qui raccolti delineano la traiettoria artistica dello Schiller drammaturgo dal giovanile Sturm und Drang al classicismo della maturità. I masnadieri (1781), opera violentemente eversiva per l'impeto di ribellione che la pervade, mettono in scena il confitto tra due fratelli nemici, il perfido Franz e l'impetuoso Karl, che incarnano lo stesso personaggio: un eroe bifronte teso ad affermare contro convenzioni sociali e norme ipocrite un vitalismo panico e una volontà di potenza assunti a dimensione etica e a cifra della natura libertaria dell'uomo. Nel ""Don Carlos"""" (1787) il tema della libertà politica al centro della rivolta dei Paesi Bassi contro la dominazione spagnola si intreccia alla rivendicazione della libertà di coscienza di ogni individuo contro il fanatismo e l'intolleranza. Maria Stuarda (1800) rende omaggio alla indomita regina scozzese che accettando la prigionia e il supplizio trionfa moralmente su Elisabetta, sua irriducibile antagonista politica."" -
De vulgari eloquentia. Testo latino a fronte
Il volgare italiano, di cui Dante tesse l'elogio nel Convivio , diventa oggetto di studio scientifico in questo trattato latino, progettato in quattro libri nel 1303-04, ma interrotto nel 1305 al quattordicesimo capitolo del secondo libro. Studio critico della storia letteraria del Duecento, l'opera è un contributo al dibattito che vedeva contrapposti il latino, lingua di cultura per eccellenza ma costruzione artificiale dei grammatici, e il volgare italiano, la lingua del «sì», lingua naturale e materna che il bambino apprende dalla propria nutrice. Dopo aver affrontato temi quali l'origine del linguaggio, il formarsi delle lingue, il loro suddividersi in idiomi e dialetti, Dante spiega le ragioni della sua avversione alle parlate regionali e propone che, in mancanza di un idioma unitario, sia affidato agli scrittori un raffinamento della lingua viva, che attinga alle più alte espressioni della lirica italiana. Pur nella sua incompiutezza, il De vulgari eloquentia è il primo tentativo di dare dignità e struttura formale all'italiano nel suo farsi lingua ma anche strumento di unità politica e culturale della penisola. -
Il malato immaginario. Testo francese a fronte
Qual è l'oggetto della satira di questa commedia? I medici o il malato? L'uno e gli altri. La mania del malato coincide con quella dei medici, è esattamente la stessa; Argante e i suoi terapeuti sono soltanto il tramite di una dolorosa realtà che li trascende: l'illusione umana. Ultima opera di Molière, ""II malato immaginario"""" mette in scena non più i """"caratteri"""", ma tutto l'uomo nel suo momento più tragico, quando è vittima dei propri miti. È il testamento che Molière lascia morendo; lo lascia da par suo, con gli intrighi di sempre, naufragato e nascosto nella beffa e nel riso, nel gioco di prestigio tra finzione e realtà, o meglio tra finzione e finzione della finzione, che è l'amara filosofia di tutto il suo teatro."" -
Tristia. Testo latino a fronte
Nell'8 d.C. un decreto di Augusto confinava Ovidio a Tomi, sul mar Nero, dove rimase in esilio fino alla morte. La brillante carriera del poeta latino si interruppe definitivamente: le sue opere, accusate di immoralità, vennero ritirate dalle biblioteche e bruciate in pubblico. Restano oscure le vere cause del confino: forse implicato in uno scandalo di corte, Ovidio scontava più probabilmente l'estraneità di fondo della sua poetica disincantata alle tendenze culturali, morali, religiose del regime augusteo. Nelle elegie raccolte nei Tristia l'autore confida pene, sofferenze, timori e speranze alla ricerca di un conforto che sembra poter venire solo dalla poesia, medicina dell'anima, dalla certezza dell'immortalità artistica e dall'orgogliosa consapevolezza della fama dovunque riconosciutagli. Ma nella lontananza e nel distacco dalle radici profonde e dagli affetti più intimi, sui diversi stati d'animo prevale il tormentato desiderio del ritorno in patria alimentato dal ricordo di una vita un tempo gioiosa e serena. -
Ritorneranno
Intriso di ideali mazziniani e cristiani in un afflato ancora risorgimentale, Ritorneranno, pubblicato nel 1941, è una delle più riuscite e commoventi opere che la letteratura italiana abbia dedicato alla prima guerra mondiale. Attraverso il racconto delle drammatiche vicende al fronte di tre fratelli triestini, nella cui filigrana affiora l'immagine dell'autore e del fratello Carlo, Stuparich ritorna sulla sofferta tematica della Trieste irredenta, sentita come nodo storico da valutare in stretta connessione con la crisi esistenziale delle nuove generazioni. A essa contrappone la forza e la speranza dell'amore familiare che, anche quando si misura con il più intenso dolore – descritto con amaro realismo nelle pagine dedicate alla tragedia della morte e della guerra – dona all'uomo una luce di serenità e di fiducia nel futuro. -
Enrico IV. Prima parte
«Nessuno dei drammi di Shakespeare è più letto della prima e seconda parte di Henry IV», scriveva Samuel Johnston nel 1765. «Forse nessun autore ha mai dato in due drammi tanto piacere». La parte prima di Enrico IV lascia nel lettore una impressione di vitalità esuberante, di ardimento creativo (nell'autore) e individuale (nei personaggi). Il Re scende in campo per difendere all'ultimo sangue il trono strappato a Riccardo II contro un gruppo di ribelli astuti, coraggiosi e fascinosi, primo fra tutti l'immaginifico e imprevidente Hotspur. Il principe Hal se la spassa in compagnia del burlone Falstaff, ma poi si riappacifica con il padre e nella battaglia decisiva ne salva la vita e ha parole nobili e affettuose sia per l'antagonista ucciso, Hotspur, sia per il vecchio compagno di taverna, anch'egli apparentemente ucciso, ma subito resuscitato. -
Sonetti
Il popolo è il protagonista dei ""Sonetti"""" belliani perché nella società romana del tempo, dominata dalla corruzione e dall'ipocrisia, il popolano era l'unico depositario della verità """"nuda"""" e """"sfacciata"""", priva di finzioni e conformismi tipici dei """"probi cittadini"""". La discesa del poeta negli intimi recessi dell'immediata e cruda semplicità della """"turba"""" passa attraverso l'adozione del dialetto romanesco, lingua sguaiata e plebea, simbolo di quella Città sublime e stracciona di cui Belli dipinge un realistico affresco."" -
Anabasi. Testo greco a fronte
L'Anabasi (387-371 ca a.C.) racconta la famosa «ritirata dei Diecimila», l'avventuroso ritorno in patria di diecimila mercenari greci reduci dalla disastrosa spedizione di Ciro il Giovane contro il fratello Artaserse II per la conquista del trono persiano: un'odissea lunga e travagliata dalle rive del Tigri alle sponde del mar Nero, una massacrante marcia di 1.800 chilometri attraverso territori impervi e pericolosi. Alla guida degli sbandati in rotta vi è lo stesso Senofonte, protagonista e poi cantore della memorabile impresa. Pieno di giovanile esuberanza e smania di avventura, ha partecipato all'operazione militare forse per il bisogno di affrancarsi dalla potestà del maestro Socrate, e dopo la sconfitta di Cunassa ha assunto il comando della retroguardia con coraggio e autorevolezza portando in salvo la gran parte dei soldati greci. Memoriale di guerra e al tempo stesso diario intimo di un uomo alla ricerca di sé stesso, la cronaca di Senofonte unisce alla vivacità della narrazione il fascino dei riferimenti etnografici e la precisione descrittiva nel tratteggiare la geografia dei luoghi. -
Enrico V. Testo inglese a fronte
Se in altri drammi storici di Shakespeare gli eventi bellici fanno da sfondo all'azione scenica, in Enrico V sono la sostanza stessa del dramma, che costringe a domandarsi: esiste una guerra che possa dirsi giusta? Shakespeare mette in scena, accanto alla guerra ""epica"""" delle sonanti disfide e delle bandiere al vento, quella degli uomini costretti a farla: fango e pioggia, fame e fatica, attese snervanti, spreco insensato, miseria e squallore. La battaglia finale di Agincourt, momento decisivo e climax del dramma, è resa realisticamente in modo frammentato e confuso: nessuno capisce come veramente stiano andando le cose. Nemmeno il re, che non sa di aver vinto."" -
Stanze-Orfeo-Rime
Letterato sensibile e squisito, insigne umanista e filologo, Poliziano è tra i maggiori poeti italiani del Quattrocento. Le sue liriche – invocazioni amorose, elogi di potenti e amici, canti funebri, invettive, celebrazioni, odi, suppliche – compongono un universo fantastico, intensamente vitale eppure lontano dalla dimensione quotidiana. Nelle Stanze per la giostra, che celebrano la vittoria di Giuliano de' Medici in un torneo, come nella Fabula di Orfeo e nelle Rime rivivono l'Olimpo pagano e i racconti mitologici del mondo antico. La fantasia trasfiguratrice del poeta disegna un mondo idealizzato che trasforma la realtà in bellezza e mito, un mondo pervaso da un lirismo intenso e talora inquieto ma anche da un acuto senso della fugacità del tempo. Sublimato nella favola, al riparo dal dramma, si consuma nella poesia di Poliziano lo scontro tra gli ideali umanistici – amore e gloria, virtù e bellezza, fama e poesia – e le forze che governano il reale: la Fortuna, il Fato, la Morte. -
Le allegre comari di Windsor. Testo inglese a fronte
"Non è una commedia """"d'amore"""" incentrata su un simpatico mascalzone, ma una commedia complessa in cui lo humour è strumento di conoscenza, una commedia d'azione dalla struttura ad affioramenti alternati e speculari, tutta un susseguirsi di vicende impreviste, intrighi, imbrogli, beffe e controbeffe, una commedia della superficie increspata della vita che lascia in bocca un sapore piccante con più di un pizzico di angostura. Col suo schietto e colto immoralismo, e la sua capacità da grande attore di vedere le cose da punti di vista diversi, Falstaff si erge contro il moralismo ipocrita e cretino, l'ottimismo ridanciano e spietato di tutti gli altri."""" (Dalla prefazione di Nemi D'Agostino)." -
Storia straordinaria di Peter Schlemihl e altri scritti sul «doppio» e sul «male»
In un mondo in cui tutto si vende e si compra, il povero Peter Schlemihl, in cerca di lavoro, vende la propria ombra al diavolo in cambio della ricchezza. Ma il patto scellerato ha il suo prezzo: ben presto il protagonista scopre che il suo arricchimento avviene a scapito della virtù e ha come contropartita l'invisibilità, la solitudine e l'angoscia. La perdita dell'ombra è l'enigma che affascina chi legge: simbolo inesauribile e ambiguo, l'ombra è l'arcano da cui trae la sua forza vitale questo racconto fantastico. Considerato il capolavoro di Chamisso, lo Schlemihl mette in scena l'eterno dilemma tra purezza e corruzione, piacere e dovere, colpa e desiderio di innocenza, in un perfetto equilibrio tra il libero gioco dell'immaginazione e lo stile sobrio e puntuale di un realismo misurato che risolve in sé anche il lato meraviglioso della vicenda. Introduzione di Enrico De Angelis.